TORRE DI SANTA JONA – STORIA TORRE DI SANTA JONA


TORRE DI SANTA JONA


 

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XIII secolo

 

 

– Fondazione della torre di Santa Jona all’inizio del XIII secolo

La Torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

All’inizio del XIII secolo i Berardi con Pietro e poi il figlio Tommaso sono tornati ad essere forti e temuti. Pietro conte di Celano e Albe riesce a destreggiarsi con forza e saggezza nelle dinamiche politiche del tempo, riuscendo a riportare la Marsica ad un livello politico assai consistente. Nel 1212 Pietro muore e i figli Riccardo e Tommaso si litigano l’eredità.

In teoria Riccardo eredita la contea di Celano e Tommaso quella di Albe, ma quest’ultimo è ambizioso e contrariamente al fratello vuole continuare la politica di potenza del padre per arrivare a riavere una completa indipendenza del territorio marsicano. Per questo da una parte contende il potere su Celano al fratello e allo stesso tempo in vista di una possibile guerra con Federico II che cresce e diventa sempre più potente, rafforza i confini del contado erigendo nuove fortezze e torri di controllo.

Tra queste vi è la Torre di Santa Jona eretta a poca distanza dal castello di San Potito. La torre ha il compito di fare da tramite i castelli di Celano e San Potito nel controllo del parte nord del lago Fucino. La nuova torre è creata nella roccia emergendo su questa alta e possente con un camminamento nella parte superiore da dove le guardie controllano l’intero territorio.

 

 

– Santa Jona all’inizio del XIII secolo

Pare che in questa prima fase del secolo il paese di Santa Jona non esista ancora, venendo eretto molto dopo la sconfitta di Tommaso nel 1223, diciamo approssimativamente negli anni 1230-40.

 

 

– La Torre di Santa Jona a metà secolo

La Torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Dopo la sua fondazione la torre è servita a difendere il territorio marsicano all’attacco di Federico II nel 1221-23. Nel 1221 infatti scoppia la guerra fra l’importante feudatario Tommaso Berardi conte di Celano e Federico II re di Sicilia. La guerra dura due anni, ma la vittoria finale non arride a Tommaso, ma a Federico II che più forte di lui di mezzi e di astuzia riesce infine ad avere la meglio sul forte feudatario marso, vera spina nel fianco del suo regno.

Dopo la vittoria di Federico II la torre diventa una struttura di vedetta del confine nord del regno di Sicilia. Successivamente come detto sopra intorno alla torre nasce il nuovo borgo di Santa Jona. Il territorio di Santa Jona rimane sotto la giurisdizione della nuova Celano eretta a partire dal 1227 con il nome temporaneo di Cesarea. Nel 1254 i Berardi tornano alla guida della contea di Celano con Ruggero figlio del vecchio conte Tommaso, deceduto proprio nel 1254.

Ruggero nel 1254 giura fedeltà a Manfredi re di Sicilia, che in cambio gli riconsegna le vecchie contee tra cui anche Celano. Ruggero serve bene Manfredi per tutti gli anni del suo regno e anche dopo la sconfitta di lui contro Carlo continua a rimanere fedele agli Svevi.

 

 

–  Fondazione di Santa Jona a metà secolo

Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Come accennato precedentemente il paese di Santa Jona nasce, più o meno nel 1230-40, intorno alla torre e poco tempo dopo la costruzione delle prime case viene eretta anche una prima chiesa del paese.

Probabilmente queste prime case appartenevano ai soldati di guardia alla torre e alle loro famiglie, che alcuni anni più tardi hanno costruito anche la prima chiesa dedicata a Santa Eugenia, il cui nome compare anche come nome della sorgente presente in questo territorio, che in passato ha alimentato il sistema idrico diretto verso Alba Fucens durante il periodo romano.

Come detto sopra nel 1223 il borgo di Celano e Ovindoli sono distrutti da Federico II e la popolazione deportata. Successivamente nel 1227-29 gli abitanti di Celano tornano nella Marsica, dove viene eretto un nuovo borgo con il nome di Cesarea. Successivamente nel 1254 dopo la morte di Federico II tornano i Berardi con Ruggero a cui sono ridati gli antichi contadi dal nuovo re Mafredi di Svevia. Cesarea nel 1254 torna a chiamarsi Celano.

Il territorio di Santa Jona passa così di nuovo sotto il controllo celanese a direzione Berardi.

 

 

– La Torre di Santa Jona nel 1268

La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Nel 1266 Carlo I d’Angiò chiamato dal papa per contendere agli Svevi la corona di Sicilia, affronta Manfredi di Svevia re di Sicilia nella battaglia di Benevento, nella quale il re svevo viene battuto e ucciso. Carlo I diventa nuovo re di Sicilia e tutti i nobili del paese sono obbligati a prestare giuramento al nuovo re.

I Berardi tuttavia pur accettando il nuovo sovrano rimangono fedeli agli Svevi, sostenendo nel 1268 la causa di Corradino contro Carlo I d’Angiò. Essi mettono a disposizione i loro territori e fortezze per questo evento.

Tuttavia i Berardi pur appoggiando Corradino, non possono evitare che Carlo prima dello scontro diretto con questo occupi Ovindoli e le fortezze vicine tra cui anche la Torre di Santa Jona e il castello di San Potito. Qui Carlo si rifugia con il suo esercito e controlla dall’alto le mosse di Corradino.

La battaglia tra i due eserciti avviene infine il 23 agosto 1268 finendo con la vittoria di Carlo e la sconfitta di Corradino, che poco dopo viene catturato e messo a morte. Successivamente Carlo punisce tutti i suoi nemici che hanno sostenuto Corradino, in particolare i territori diretti dove sono avvenute le battaglie.

 

 

– La Marsica alla fine del XIII secolo

Re Carlo I di Napoli. (Immagine da Wikipedia)

 

Carlo punisce così i suoi nemici tra cui Ruggero Berardi privandolo dei feudi di Albe, Celano e Molise. Dopo ciò passa a punire il territorio di Albe, quindi la sua gente che ha sostenuto Corradino. La punizione è esemplare avvenendo con la distruzione del borgo di Albe e del suo castello e con la popolazione di questo che viene dispersa nei centri limitrofi.

La stessa cosa avviene per il feudo di Pietraquaria, all’epoca il secondo centro della contea albense dopo Albe. Quindi anche Pietraquaria viene distrutta e la popolazione dispersa nelle campagne circostanti.

 

Alba Fucens nel Medioevo

 

Sul piano feudale Albe viene ceduta come feudo dapprima a uomini di fiducia di Carlo I e poi a Filippa Berardi, figlia di Ruggero, che doveva rappresentare la dote della donna da consegnare all’uomo con cui si sarebbe sposata. La contea del Molise veniva sciolta, mentre Celano dietro l’insistenza di Ruggero Berardi veniva restituita a questo, in cambio di un grosso pagamento alla corona. Grazie a ciò Ruggero Berardi riprende nel 1272 il controllo della contea celanese, seppure perdendo definitivamente Albe e la contea del Molise.

 

Resti del castello di San Potito oggi. (Immagine personale)

 

All’interno di questo quadro i Berardi riprendono il controllo anche delle fortezze di San Potito e Ovindoli estendendo il proprio controllo fino a Rocca di Mezzo. In questo quadro anche la torre di Santa Jona torna sotto il controllo di Celano e quindi dei Berardi.

 

 

– Santa Jona alla fine del secolo XIII

Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Santa Jona è sotto i Berardi fino al 1268, viene quindi occupata da Carlo che pone tra qui e Ovindoli il suo esercito in attesa dello scontro con Corradino. Una volta avvenuto Santa Jona e la contea di Celano sono date a feudatari vicini a Carlo. Ma nel 1272 Ruggero Berardi riprende il controllo della contea di Celano estendendolo fino a Rocca di Mezzo. Ciò significa che questo torna ad essere signore anche di Santa Jona.

Nel corso dei trent’anni successivi Santa Jona si consolida sia come presidio militare che come borgo venendo pare costruite delle mura esterne. Di questo particolare non abbiamo notizie dirette, ma lo immaginiamo basandoci sul fatto che i Berardi nel corso della fine del secolo tendano a consolidare i loro feudi rafforzandone le difese militari.

Gli abitanti di Santa Jona sul piano economico sono principalmente dediti all’agricoltura e pastorizia, specie nell’allevamento delle pecore. che sono con la loro lana, una fonte sicura di sostentamento. I conti di Celano grazie al feudo di Rocca di Mezzo sviluppano una transumanza verticale capace di assicurare loro un reddito costante.

 

 


 

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XIV secolo

 

– L’Italia nel 1300

L’Italia nel 1300. (Immagine da Wikipedia)

 

All’inizio del 1300 troviamo l’Italia suddivisa in tante signorie sempre in guerra tra loro. Questa situazione è vera nel centro nord e nel centro Italia fino all’Umbria, dove in questa fase il papato si è praticamente disintegrato. Ciò è così in quanto il territorio papale risulta diviso fra le potenti famiglie baronali, che compongono quello che dovrebbe essere lo Stato della Chiesa. Al sud invece troviamo il regno di Napoli, controllato bene dalla famiglia reale angioina.

 

 

– La torre e il borgo di Santa Jona all’inizio del XIV secolo

La Torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

All’inizio del XIV secolo la torre di Santa Jona continua ad essere usata dai conti di Celano come torre di vedetta per il controllo sul lago Fucino. Grazie a ciò i soldati presenti come vedette della torre consentono con le loro famiglie il consolidarsi del borgo di Santa Jona che si costituisce tutto intorno alla torre, quasi a voler sottolineare che tutto è partito dalla torre. Sul piano politico amministrativo il borgo di Santa Jona continua ad essere parte integrante della contea di Celano, diretta dai Berardi.

 

 

– Il terremoto del 1349

Il terremoto del 1349 è tra i più devastanti mai avvenuto in Appennino negli ultimi 1000 anni

Nella notte tra il 9 e 10 settembre 1349 una violentissima scossa pari a 7 Mw, si verifica sul Gran Sasso causando enormi danni e morti in tutta la regione e fuori. La conferma dell’epicentro della scossa sul Gran Sasso è avvenuta nel 2021, dopo una lunga fase di ricerca in cui gli esperti hanno ricostruito in modo preciso la sorgente sismica del terremoto individuandola nella faglia del Gran Sasso. La scossa sismica del 9 settembre 1349 si sente indistintamente in tutto il centro Italia causando gravissimi danni in molte zone del centro Italia, a cominciare dall’Abruzzo e da Roma.

A Roma la scossa è stata talmente violenta da provocare il crollo di una parte del Colosseo. Molte chiese sono o crollate o hanno riportato danni ingenti. Ma è l’Abruzzo la zona più colpita dal sisma a cominciare dall’Aquila che viene distrutta provocando 800 morti. Altra zona severamente colpita è la Marsica, dove sono molti i paesi che riportano danni gravi con diversi morti.

La scossa del 9 settembre è rimasta famosa per essere stata un vero rompicapo geologico, poichè come da cronaca locale sembrerebbe non essere stata l’unica, in quanto ve ne è un’altra verificatasi quasi insieme alla precedente, probabilmente anche prima. L’altra scossa si era verificata presso Venafro il 9 settembre di giorno, producendo danni enormi in tutta la Campania, nella zona di Sora e di nuovo la Marsica. La scossa di Venafro è stata pari a 6.8 Mw, quindi poco inferiore alla successiva che si ha in notturna. Ci vorranno anni per riprendere una vita normale e scordarsi di questo tremendo terremoto.

 

 

Effetti del sisma del 1349 nella Marsica

Nella Marsica le due forti scosse sismiche di Venafro (6,8 Mw) e del Gran Sasso (7 Mw) toccano tutti i paesi della zona, appartenenti alle tre contee di Tagliacozzo, Albe e Celano.

I paesi della Marsica vengono duramente colpiti sia sul piano della mortalità che sul piano architettonico. Al livello storiografico le testimonianze dell’orrore sono diverse, ma spesse volte confuse e contrastanti, che non riescono cioè a dare l’esatta cifra dei danni e dei morti.

Sicuramente sappiamo che il paese di Avezzano viene duramente colpito con danni rilevanti a tutti i fabbricati, compresa la prima colleggiata di San Bartolomeo. che viene distrutta. Altri danni significativi si registrano nel monastero di Santa Maria della Vittoria presso Scurcola Marsicana, che viene semidistrutto, dopo essere stato eretto appena 60 anni prima dagli Angioini per celebrare la vittoria sugli Svevi. Il monastero è divenuto, per volere dei sovrani Carlo I e Carlo II, un vero e proprio feudo monacale all’interno alla Marsica occidentale.

Riguardo alla scossa di Venafro di 6,8 Mw sappiamo che questa è stata fortissima nella Valle Roveto e nelle zone di Pescasseroli e Opi, che sono state semidistrutte causando nel crollo la mort di molte persone. Tanto per citare un esempio grave ad Alvito (un piccolo comune posto al confine fra Lazio e Abruzzo) muore Adenolfo II d’Aquino con tutta la famiglia nel crollo del castello seguito al terremoto di Venafro.

 

 

– La Torre di Santa Jona a metà secolo

La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Nel 1349 un gravissimo terremoto di magnitudo 7 Mw colpisce l’Abruzzo ed ha come epicentro il Gran Sasso. Il sisma che si verifica nel settembre 1349 non è isolato, ma è accompagnato da altri sismi che si verificano nelle vicinanze e a distanza di poco tempo l’uno dall’altro, quasi a voler indicare un collegamento fra essi che però al momento la scienza non ha mai confermato.

Il sisma del 9 settembre 1349 con grado 7Mw con epicentro sul Gran Sasso colpisce pesantemente l’Abruzzo distruggendo interi borghi e città come L’Aquila che viene rasa al suolo arrivando a contare 800 morti o anche Sulmona che viene gravemente danneggiata. Il tremendo sisma si avverte in tutto il centro Italia. Roma per esempio viene devastata da questa scossa. Molte chiese della città crollano e lo stesso molti edifici addirittura crolla una parte esterna del Colosseo. Nella città eterna si contano molti morti

Chiaramente come avvenuto nel resto dell’Abruzzo anche la Marsica è pienamente coinvolta nella scossa che ne devasta il territorio.  Non abbiamo notizie dirette sui danni, ma sicuramente molti borghi vengono gravemente danneggiati. E’ probabile che anche Santa Jona con la sua torre risulti molto danneggiata. Sicuramente vista l’importanza di questo bene esso viene riparato in fretta.

Oltre al sisma il periodo è funestato da una grave forma di pestilenza esplosa l’anno prima nel 1348. La Peste colpisce nell’arco di pochi mesi tutta Europa. L’Italia è presa in pieno dalla Peste, che miete centinaia di migliaia di vittime.

La Peste coinvolge anche la Marsica, dove si registrano molti decessi in vari borghi del territorio. La popolazione tra la tragedia della peste e del terremoto pensa sia arrivata la fine del mondo e cerca conforto nella religione. Molte chiese diventano meta di pellegrinaggi giornalieri di povera sente che chiede la grazia o rassegnata si prepara alla morte. 

 

 

– Santa Jona a metà secolo

Scorcio di Santa Jona oggi . (Immagine personale)

 

Come accennato il sisma del 1349 è devastante per tutto il territorio marsicano, interi borghi sono distrutti. Non sappiamo se il sisma sia stato devastante nella Marsica come quello avvenuto nel 1915, ma sicuramente si è fatto sentire in modo importante. A Ovindoli, Rocca di Mezzo, Rovere ecc. i danni sicuramente sono stati consistenti e ciò lo diciamo con sicurezza in quanto tutti i sismi, che avvengono nell’aquilano hanno riflessi diretti e importanti sull’Altopiano delle Rocche.

Santa Jona sicuramente risente in modo importante della scossa, ma forse essendo il borgo molto piccolo è probabile che i danni risultino contenuti. E’ probabile anche se non certo, che la piccola chiesa di Sant’Eugenia possa essere stata danneggiata dal sisma. Sicuramente però vista l’importanza del luogo il borgo dovrebbe essere riparato in un arco di tempo giusto.

 

 

– La Torre di Santa Jona alla fine del XIV secolo

La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Alla fine del secolo il quadro politico amministrativo della contea di Celano non cambia, troviamo ancora i Berardi che dominano la scena e riescono con bravura e tatto ad allargare la contea celanese che diventa sempre più importante nel quadro dei feudi del regno siciliano.

Se allarghiamo il raggio di azione al regno siciliano questo continua ad essere gestito dalla famiglia d’Angiò, che però ormai da diversi decenni sta affrontando una crisi profonda, che porta come risultato ad una fase discendente della famiglia regnante e del regno stesso.

In questo quadro politico la contea celanese continua a rivestire un ruolo importante ponendosi come territorio di confine con lo stato pontificio e il fatto che questa sia grande e stabile assicura stabilità a tutto il regno. La torre di Santa Jona quindi continua a rappresentare una delle strutture di guardia sul confine nord. 

 

 

– Santa Jona alla fine del secolo XIV

Ritaglio della cartina della contea di Celano con presenti castelli di Ovindoli, San Potito e la Torre di Santa Jona

del 1720 presente presso la Biblioteca Vaticana

 

A fianco alla torre troviamo il borgo di Santa Jona che dopo aver superato la fase acuta del sisma del 1349 e della peste del 1348, pur con alti e bassi visto il periodo, e pur essendo solo un villaggio trova comunque un suo assetto, riuscendo sempre più a strutturarsi come borgo di montagna dedito alla pastorizia e all’allevamento di animali.

 

 


 

 

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XV secolo

 

– La torre e il feudo di Santa Jona all’inizio del XV secolo

Il paese di Santa Jona con la sua torre al centro oggi. (Immagine personale)

 

Con il nuovo secolo sul piano amministrativo Santa Jona continua a far parte della contea di Celano gestita ancora dai Berardi con il conte Nicola in carica dal 1399. Sotto Nicola la contea celanese viene a comprendere altri piccoli feudi e quindi si allarga ancora. Tuttavia nel 1423 si spegne la linea maschile dei Berardi con la morte di Pietro IV figlio e successore di Nicola I morto alcuni anni prima.

La contea a questo punto viene ereditata dalla sorella Jacovella, la quale viene usata come pedina di scambio da papa Martino V per arricchire i Colonna con il contado di Celano. Ciò avviene con il matrimonio di Jacovella con Edoardo Colonna, nipote di papa Martino V, vero e fine tessitore politico nonchè restauratore della potenza papale a Roma.

I Colonna grazie al loro papa conoscono un grande salto di qualità che li proietta verso la Marsica con il controllo diretto di Albe e poco dopo anche di Celano (1424). La torre e il borgo di Santa Jona in questo quadro cadono in mano ai Colonna così come anche le altre fortezze della contea celanese.

 

 

– La torre e il feudo di Santa Jona durante la discesa di Braccio da Montone

Il castello di Celano. (Immagine personale)

 

Nel 1423 Jacovella Berardi nuova giovane contessa di Celano dopo la morte del fratello Pietro va a vivere a Roma sotto la protezione del Papa Martino V che la  proietta verso il suo matrimonio con il nipote Edoardo Colonna.

In questo stesso periodo si ha l’invasione dell’Abruzzo da parte dell’esercito di Giovanna II regina di Napoli, comandato da Braccio da Montone. L’obbiettivo è quello di asservire meglio l’Abruzzo e le sue ricchezze al potere reale.

 

La Torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

L’Aquila, capoluogo dell’Abruzzo, è una città che possiede privilegi fin dalla sua nascita, avvenuta due secoli prima nel 1254, per merito dei 99 castelli con relativi signorotti che la governano. Ora a causa di questa invasione rischia di perdere i suoi privilegi, per cui si ribella a Giovanna II. Gli aquilani chiedono aiuto  a Renato d’Angiò della regina. Egli manda Jacopo Caldora a sostegno degli aquilani e dei castelli da essa dipendenti.

Braccio da Montone irrompe in Abruzzo nel 1423 ponendo d’assedio L’Aquila e allo stesso tempo per indebolire la città invade e distrugge tutti i castelli che circondano l’Aquila compresi quelli non appartenenti all’aquilano come quelli della contea di Celano e di Albe.

 

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Tra questi coinvolti da Braccio da Montone troviamo anche Ovindoli e Rocca di Mezzo che vengono invase e in parte danneggiate da Braccio da Montone. A questo proposito non sappiamo se egli si sia spinto fino a San Potito, nessuna fonte consultata dice nulla al riguardo, però è verosimile che
ciò sia accaduto e quindi probabilmente anche Santa Jona è stata coinvolta trovandosi proprio all’imbocco per l’Altopiano delle Rocche. Quindi se i due feudi sono sta i due feudi di San Potito e Santa Jona siano stati danneggiati da Braccio da Montone.

 

Braccio da Montone. (Immagine da Wikipedia)

 

Poco tempo dopo l’invasione di Braccio da Montone, giunge in Abruzzo Jacopo Caldora, potente capitano di ventura, comandante di un esercito che corre in aiuto dell’Aquila.

Jacopo riesce a liberare tutti i borghi occupati da Braccio da Montone e poi irrompe verso l’Aquila liberandola dall’assedio dopo un lungo scontro con le truppe di questo. Nello scontro tra i due eserciti quello di Braccio da Montone ha la peggio e viene sconfitto e lo stesso comandante rimane ucciso in battaglia.

 

 

– La contea di Celano 1424-31

    Celano oggi. (Immagine personale)

 

Dopo la battaglia dell’Aquila papa Martino V assume Jacopo Caldora per alcuni incarichi in Umbria. Nel frattempo nella contea di Celano si svolge tutto come disposto dal papa Jacovella Berardi nuova contessa celanese va a Roma sotto la protezione del papa e poco dopo sposa Edoardo Colonna conte d’Albe.

Il matrimonio assicura a Edoardo Colonna e quindi ai Colonna il potere anche su Celano. Questo stato di cose dura per tutto il pontificato di Martino V fino a quando nel 1431 egli muore. A questo punto Jacovella che non sopporta più il marito Edoardo Colonna fugge da Roma, ritornando a Celano da dove inizia a governare.

Jacovella negli anni 1432-35 rafforza le proprie difese e la propria economia, ma capendo bene che da sola non può riuscire a farcela si mette sotto l’ala protettrice di Giacomo Caldora maturo e forte capitano di Ventura.

 

 

– Il potere di Jacopo Caldora sulla Marsica e l’indipendenza di Celano (1435-39)

Jacopo Caldora. (Immagine da Wikipedia)

 

Nel 1435 muore la regina Giovanna II di Napoli a cui succede il cugino Renato I. Jacopo Caldora, grande e rispettato capitano di ventura, dopo aver militato per varie parti politiche decide di stabilizzarsi andando dal re Renato I per riscuotere quanto promessogli dalla regina Giovanna II.

 

Il castello di Albe oggi. (Immagine personale)

 

Jacopo ottiene dal re questo, divenendo conte di ALBE e di Tagliacozzo il più importante barone abruzzese. Jacopo diventa così anche conte d’Albe e Tagliacozzo e con queste premesse iniziamo il nostro 2023.

Jacovella di Celano dopo la fuga da ROMA va a stare a Celano presso il castello di Celano, da dove dirige tutta la contea. Jacoveella sa bene di non riuscire a fronteggiare i suoi nemici da sola per cui si lega sempre piu’ a Jacopo Caldora divenuto da poco conte di Albe e Tagliacozzo.

 

Palazzo Ducale di Tagliacozzo oggi. (Immagine personale)

 

Il potere di Caldora in questo momento è fortissimo e ha in mano quasi tutta la Marsica, con i grandi feudi di Tagliacozzo e Albe. Jacopo con il riconoscimento di Renato I appare proprietario anche di molti altri feudi in Abruzzo tra cui Sulmona. La proprietà di Albe e Tagliacozzo scatena l’ira e l’invidia degli Orsini e dei Colonna, che provano a riprendersi gli antichi territori, ma senza risultati.

Jacovella  nel frattempo per riuscire a rimanere indipendente chiede protezione alle truppe di Caldora. Caldora aiuta la contessa e la mette sotto la sua ala protettrice. Con il passare del tempo Jacovella diventa sempre più presente nella vita del vecchio Caldora. Questo spiana la strada al suo matrimonio…

 

 

– Il secondo matrimonio… e l’indipendenza di Celano

Il Castello di Celano oggi. (Immagine personale)

 

Jacovella nel frequentare il capitano d’armi Jacopo Caldora, finisce per sposarlo nel 1439. Sposando Caldora, Jacovella diviene anche contessa di Tagliacozzo e Albe, in questo modo secondo i piani della contessa ella riesce in un colpo solo a riunire tutta la Marsica sotto di lei e il marito. Purtroppo però Caldora è ormai anziano e dopo solo tre mesi di matrimonio muore lasciando Jacovella di nuovo sola, seppure più forte e indipendente nella direzione della contea celanese.

 

 

– Il tramonto degli Angiò e la torre di Santa Jona nel 1435-40

Il quadro della dinamica celanese si sovrappone alla crisi del regno siciliano guidato dagli Angiò e dalle mire delle grandi potenze su questo, vista la sua posizione centrale. Il regno siciliano prima con Giovanna II e poi con Renato I vede il tramonto di questa famiglia e le continue guerre degli altri regni che aspirano ad assorbire il territorio italiano nei loro territori. La guerra è soprattutto fra Francia e Aragona.

 

 

La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

In  questo complesso quadro la torre di Santa Jona continua ad essere elemento di vedetta sul confine nord del regno napoletano. La torre è ancora pienamente usata come anche le altre fortezze territoriali dell’Altopiano delle Rocche come il castello di San Potito o quello di Rovere.

La torre è in un punto di osservazione importante controllando bene la parte nord del bacino fucense ed è in collegamento visivo con gli castelli, a cominciare da quello di Celano.

 

 

– Santa Jona nel 1440

Scorcio di Samta Jona oggi. (Immagine personale)

 

Santa Jona a metà ‘400 è un paese medievale che s’incentra intorno alla torre del borgo, contornato da mura difensive. Le attività economiche riguardano l’agricoltura e l’allevamento di animali e come molti paesi della Marsica l’allevamento principale riguarda la cura delle pecore vero cuore economico in questa fase. La lana che deriva da queste consente un’entrata forte e sicura ai feudi di appartenenza, in questo caso la contea di Celano.

 

 

– L’Italia nel 1454 dopo la pace di Lodi

L’Italia nel 1454. (Immagine personale)

 

 

– La contea di Celano fra il 1440 e il 1460

Il castello di Celano oggi. (Immagine personale)

 

In questa fase la contea di Celano vive una forte rinascita economica, grazie all’abile gestione dei conti di Celano Leonello e Jacovella. La contea di Celano è uno dei feudi più importanti del regno di Napoli poichè risulta molto esteso con clima mite grazie alla presenza del grande lago e soprattutto è un territorio confinante con lo Stato della Chiesa e ciò lo rende di particolare importanza.

La contea di Celano nel 1456 vive il terribile terremoto del Sannio, che causa danni rilevanti anche nella Marsica, specie in alcune zone come la Piana del Cavaliere, dove ci sono centri abitati come Carsoli, Pereto ecc, che sono travolti e distrutti dal sisma, ma anche altri centri vengono gravemente danneggiati.

Celano risente sicuramente del terremoto e presenta dei danni edilizi visibili nelle chiese e nelle varie abitazioni del borgo. Non sappiamo al momento quanto rilevanti siano questi danni e se ci siano stati morti, ma sicuramente vi sono stati feriti poichè il sisma si è sentito bene.

 

Scorcio di Celano oggi. (Immagine personale)

 

Dopo  questa prova i conti di Celano provvedono come possono nell’aiutare la popolazione e nell’iniziare un restauro dei vari borghi colpiti dal sisma a cominciare da Celano. La contea celanese in questi anni subisce un forte cambiamento politico a causa del decadere della famiglia comitale originaria i Berardi.

Leonello Acclozamora muore nel 1458 e la moglie proprietaria originaria del feudo celanese, lo torna a dirigere da sola in attesa che il figlio Ruggero sia maturo a sufficienza per succederle.

Ruggero, detto Ruggerotto, vuole però il feudo subito e inizia un forte contrasto con la madre, che porta a una dura lotta tra madre e figlio. Il contrasto famigliare determina la fine della loro gestione. Ruggero destituita con la forza la madre, prende per breve tempo il potere, che però gli viene tolto dal conte Orsini su richiesta del papa, che sostituisce  Ruggero con il nipote Alfonso Piccolomini. A fine così la lunga e gloriosa famiglia dei Berardi dopo più di 500 anni di potere comitale.

 

 

– La Torre di Santa Jona a metà secolo

 La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

La torre di Santa Jona sicuramente ha risentito dello scuotimento del terremoto del 1456, probabilmente anche riportando danni che però come tutte le principali strutture militari della contea celanese saranno state riparate, essendo questa ancora una struttura importante sul piano politico gestionale dell’enorme territorio fucense.

 

 

– Santa Jona a metà secolo

Scorcio di Santa Jona oggi . (Immagine personale)

 

Santa Jona come borgo avrà sicuramente risentito del sisma del 1456 con danni all’abitato e probabilmente anche alle mura difensive, ma come detto sopra è molto probabile che il nuovo conte di Celano Alfonso Piccolomini abbia riparato la torre e il suo abitato circostante nell’arco dei decenni successivi.

 

 

– La contea di Celano sotto Alfonso Piccolomini

Il castello di Celano oggi. (Immagine personale)

 

Alfonso I Piccolomini, conte di Celano si rivela uno dei migliori feudatari del suo tempo. La sua gestione delle risorse famigliari si rivela arguta e fruttifera. In altre parole Alfonso oltre ad essere un buon capitano d’armi del suo tempo al servizio del re di Napoli si rivela un grande imprenditore. Tralasciando qui i molteplici feudi da lui gestiti ci concentriamo solo sulla contea di Celano, già di per se uno dei più ricchi ed estesi feudi del regno napoletano.

Sotto la sua gestione compresa tra il 1463 e il 1491 più o meno la contea di Celano vede una crescita economica considerevole e tutte le attività del feudo si dimostrano redditizie, ma è soprattutto il commercio della Lana che permette alla contea di prosperare. Alfonso riesce con una serie d’interventi ad incrementare l’allevamento delle pecore e la lavorazione della lana che ne deriva.

Ciò consente al feudo celanese di prosperare magnificamente. E’ chiaro che i tempi non sono facili, ma Alfonso si rivela un buon amministratore. Egli completa la costruzione della rocca di Celano e ristruttura le principali rocche della contea rendendole delle vere fortezze militari. Molte delle rocche e torri esistenti sono restaurate e migliorate rendendole punti di riferimento militari, ma anche civili.

 

 

– La Torre e il paese di Santa Jona alla fine del XV secolo

Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Come detto sopra Alfonso ristruttura le principali rocche e torri della contea celanese nel corso della sua gestione. Ora al momento non abbiamo conferma di questo restauro, ma valutando gli interventi avvenuti sotto la sua gestione, siamo abbastanza sicuri che ciò sia avvenuto.

Quindi come accennato precedentemente crediamo che sia la torre di Santa Jona che il suo centro abitato sia stato restaurato. Chiaramente il restauro avvenuto segue la logica dei tempi e quindi il restauro è di carattere rinascimentale.

 

 

– Le lotte fra Colonna e Orsini.

Merita in questo contesto un breve cenno a ciò che avviene nell’altro grande feudo marsicano, ovvero la contea di Tagliacozzo. Questa nel 1441 ha assorbito per volontà reale anche la contea albense rendendo questo feudo uno dei più estesi del regno napoletano. Ebbene tra il 1441 e il 1497 seppure con alti e bassi determinati dai tempi politici instabili sono gli Orsini a gestire questo grande feudo tramandandoselo in famiglia.

Tuttavia lo stesso feudo ricade nelle mire dei Colonna, acerrimi rivali politici degli Orsini nello Stato pontificio. I Colonna dal 1420 circa s’inseriscono nello scontro di potere intorno al territorio marsicano cercando di contendere questo agli Orsini. Essi tra il 1420 e il 1435 riescono seppure in modo intermittente ad arrivare ad avere la gestione della contea albense e in alcuni periodi anche della contea celanese e di quella tagliacozzana.

Ma i tempi ancora non sono maturi per una loro stabile gestione e infatti il territorio viene sottratto loro dagli Orsini e altri capitani di Ventura come Giacomo Caldora. Nel periodo successivo compreso tra il 1435 e il 1497 i Colonna tentano ostinatamente e a più riprese di sottrarre questi territori agli Orsini, organizzando sommosse popolari, agguati, corruzione e via discorrendo. Ma gli Orsini ancora molto forti riescono a respingere questi tentativi usando gli stessi mezzi della famiglia rivale.

Il risultato è che buona parte del territorio marsicano risulta continuamente martoriato da questi scontri di potere, che rendono costantemente insicura la zona e i suoi abitanti. Ma alla fine  del secolo XV a causa di un generale rimescolamento della situazione politica italiana, che vede l’Italia divenire preda di potenze straniere, i Colonna sostenendo prima una parte politica poi un’altra, riescono con un abile gioco politico a soppiantare nel 1497 gli Orsini nella gestione della contea di Tagliacozzo. Essi avviano così uno tra i più stabili domini feudatari che durerà seppure con alti e bassi fino all’eversione feudale del 1806.

 

 


 

 

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XVI secolo

 

– Il regno di Napoli diventa vicereame di Spagna

Ferdinando Trastamara  re di Spagna, diventa re di Napoli.

 

Nella lunga contesa sull’Italia tra le potenze straniere è la Spagna alla fine a prevalere riuscendo a prendersi dapprima il regno di Napoli e poi verso il 1540 anche il ducato di Milano. Nel 1504 il regno di Napoli diventa territorio spagnolo che viene subito declassato a viceregno, affindando il comando sul territorio a vicerè nominati dal re di Spagna.

Il primo sovrano a mettere le mani sul regno di Napoli è Ferdinando V di Spagna, che riesce con abili mosse a sconfiggere i Francesi e prendersi il regno napoletano. Grazie a ciò per l’Italia inizia un lungo periodo durato due secoli di sudditanza diretta o indiretta alla Spagna.

Le conseguenze più nefaste sono l’aumento indiscriminato delle tasse spagnole, che incidono in modo voluminoso sul peggioramento delle condizioni sociali del mezzogiorno italiano.

 

 

– La contea di Celano sotto i Piccolomini 

Stemma della famiglia Piccolomini. (Immagine da Wikipedia)

 

Nel XVI secolo la contea di Celano è dominata dai Piccolomini che governano il feudo in modo razionale, mantenendo la grande contea in una posizione di assoluto prestigio e ricchezza. Ciò però a termine verso il 1570 allorquando ascende al potere Costanza Piccolomini.

 

Costanza Piccolomini contessa di Celano e duchessa d’Amalfi

(Immagine da https://m.facebook.com/Cultrip.it/videos/costanza-piccolominimp4/878573652870578/?_rdr)

 

La nuova contessa è animata da grande amore verso il feudo abruzzese, ma la gestione si rivela complicata dalle grandi spese che occorrono per mantenerlo, ma soprattutto per far fronte ai debiti contratti dal marito. Costanza ha sposato il cugino Alessandro per consentire alla propria famiglia di continuare a tenere il controllo su Celano e gli altri feudi familiari.

 

Il castello di Celano oggi. (Immagine personale)

 

Il matrimonio però fra Alessandro e Costanza è un vero fallimento, sia per la mancanza di figli, che soprattutto per il comportamento dissoluto del marito, che spende i suoi soldi nel gioco e nelle prostitute, contraendo debiti su debiti che la povera moglie è costretta a pagare.

A causa di ciò si giunge ad una dolorosa separazione fra i due e soprattutto Costanza è costretta a far fronte a tutti i debiti vendendo i suoi beni tra cui anche l’amatissima contea di Celano.

 

 

– Santa Jona all’inizio del XVI secolo

Il paese di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Santa Jona all’inizio del XVI secolo è un paese in crescita demografica, per cui sul piano edilizio si viene espandendo con la costituzione di nuove strutture abitative. E’ questo il periodo in cui Santa Jona diventa comune autonomo, “universitas” e segno di questa situazione positiva è anche la costruzione della nuova chiesa di Santa Maria delle Grazie. Non sappiamo se la costruzione della nuova chiesa sia un segno della crescita di Santa Jona, diciamo però che in mancanza di altri dati siamo portati per il momento a crederlo.

La popolazione del piccolo villaggio risulta completamente ignorante, mantenendosi con le attività economiche dell’agricoltura, della pastorizia e di altre attività artigianali.

 

 

– La torre di Santa  Jona all’inizio del XVI secolo

La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

All’inizio del secolo XVI la torre di Santa Jona comincia a perdere d’importanza, come sta avvenendo per altre strutture militari, e ciò a causa della mutata situazione politica generale che vede la Marsica inserita in un contesto più stabile sotto il governo spagnolo.

 

 

– I fatti antecedenti il sacco di Roma

Sotto Clemente VII i rapporti fra Francia, Spagna, Stato pontificio e altri staterelli italiani si erano fatti difficili e sempre più si paventava un rischio di guerra o comunque di situazioni eclatanti. In questo quadro il duca Ascanio essendo legato all’imperatore non poteva che seguire questo anche per riuscire a mantenere il proprio dominio abruzzese.

La guerra puntualmente scoppia nel 1526 fra la Lega Cognac (il duca di Milano – il Papa – Francesco I di Francia –  Firenze – Venezia) e le truppe imperiali. Scopo della lega era liberare l’Italia dagli imperiali. I confederati si obbligarono a mettere insieme 2.500 cavalieri, 3.000 cavalli e 30.000 fanti; Francesco I avrebbe dovuto mandare un esercito in Lombardia e un altro in Spagna, mentre i veneziani e il pontefice avrebbero dovuto invadere il regno di Napoli con una flotta di ventotto navi. Cacciati gli spagnoli da Napoli, il papa avrebbe dovuto mettere sul trono napoletano un principe italiano, che avrebbe dovuto pagare al re di Francia un canone annuo di 75.000 fiorini.

Francesco I però non tiene fede ai patti e per tutto il 1526, non partecipa alle operazioni, preferendo trattare direttamente con Carlo V il riscatto dei suoi due figli, dati in ostaggio a seguito del  Trattato di Madrid (1526).

Il papa, vedendo che gli alleati non rispettano i patti, conclude una tregua separata di otto mesi con l’imperatore. Scaduti gli otto mesi, l’imperatore riprende la guerra. Il suo esercito, comandato da Georg von Frundsberg e Carlo III di Borbone  non
riesce a forzare le difese milanesi.

Le truppe, esasperate per la mancanza dei pagamenti, minacciano più volte i loro comandanti, i quali si risolvono a rinunciare a Milano e a dirigersi verso il centro Italia in cerca di bottino. Il 7 marzo von Frundsberg, colpito da infarto, deve abbandonare il comando, che passa interamente a Carlo III di Borbone. Il 31 marzo 1527 l’armata passa il Po, scende verso Bologna e attraverso l’Appennino giunge in Toscana. Le truppe della Lega Santa, comandate da  Francesco Maria Della Rovere e dal marchese di Saluzzo si accampano  vicino a Firenze per proteggere la città dall’esercito invasore, ma questo effettua una manovra aggirante: attraversa il territorio di Arezzo, quello di Siena poi si dirige verso Roma. Lungo il tragitto gli imperiali devastano Acquapendente e San Lorenzo alle Grotte, occupando Viterbo e Ronciglione.

 

 

– Il sacco di Roma e il ruolo dei Colonna

Il sacco di Roma nel 1527. (Immagine da http://retedisapere.blogspot.com/2018/04/1527-il-sacco-di-roma.html)

 

Il 5 maggio gli invasori giungiro sotto le mura di Roma, difesa da una milizia piuttosto ridotta comandata da Renzo da Ceri (Lorenzo Orsini). A fianco agli Imperiali ci sono I Colonna con Ascanio e il cugino Sciarra e l’esercito colonnese che sferrando l’attacco sulla città pur essendo male armati e non preparati ma profondamente arrabbiati per molte ragioni alla fine hanno la meglio sull’esercito papale ed entrano dentro Roma.

Gli imperiali riescono a penetrare dentro la città dalla sponda nord del Tevere. Sono assalite le mura del Borgo ed entrano a Roma la mattina del 6 maggio 1527 concentrandosi tra il Gianicolo e il Vaticano. Carlo III loro comandante è tra i primi ad attaccare, ma rimane ucciso da una palla d’archibugio. La sua morte accresce l’impeto degli assalitori che a prezzo di gravi perdite entrano in città. La morte del Borbone porta al comando delle truppe di Filiberto di Chalons, principe d’Orange.

 

Il sacco di Roma nel 1527. (Immagine da http://www.illustratori.it/home/oneArt?artID=11946)

 

Le soldataglie fuori controllo devastano e saccheggiano completamente la città di Roma uccidendo e stuprando la popolazione e distruggendo in generale la città. Durante l’assalto Clemente VII, che non si è arreso al loro arrivo, si ritira in preghiera nella cappella privata. Quando capisce che la città è perduta, si rifugia a Castel S’Angelo insieme ai cardinali, agli altri prelati di Curia e ad alcuni domestici e Sediari, grazie al sacrificio della Guardia Svizzera, che lo protegge a prezzo della vita. Nella medesima occasione si sacrificano superiori e alunni del Collegio Capranica che, da allora, acquisì il titolo di “Almo”.

 

Il sacco di Roma nel 1527. Roma in fiamme

(Immagine da https://www.oggiroma.it/eventi/visite-guidate/il-sacco-di-roma-la-calata-dei-lanzichenecchi-del-1527/58139/)

 

In nove giorni  Roma viene gravemente sfregiata mettendola a ferro e fuoco. Molte parti della città vengono incendiate i cittadini grandi e piccoli, maschi e femmine, vengono stuprati e uccisi. Alla fine di 9 giorni  il saccheggio Roma riduce la città a un cumolo di macerie sia dentro che fuori nelle campagne circostanti.

I Colonna si macchiano in questo frangente di gravi crimini. Il papa è costretto a revocare con la forza la scomunica contro i Colonna che aveva fatto qualche tempo prima.

Questa vicenda è tristemente nota come il “sacco di Roma. Il saccheggio è reso più crudele dall’appartenenza degli assalitori alla religione luterana, tanto che lo stesso imperatore ne rimane addolorato (forse per questo motivo la sua incoronazione, qualche anno dopo, viene celebrata a Bologna (seconda città dello Stato Pontificio) temendo la reazione dei romani).

 

 

– La Peste dei Lanzachinecchi e dei Francesi (1527-1532)

Succcessivamente al sacco di Roma i Lanzichinecchi ritornano in Germania, alcuni di loro però hanno contratto precedentemente la Peste prima dell’arrivo a Roma e la diffondono nella città saccheggiata. Però nel loro passaggio verso la Germania passano per Tivoli e qui si crea un focolaio che raggiunge attraverso la Via Valeria la Marsica.

Dapprima si diffonde a Oricola, quindi raggiunge Carsoli e da qui penetra nelle campagne di Tagliacozzo. Non solo i Lanzachinecchi ma anche l’esercito francese presente nel napoletano per conquistare il sud Italia, portava con se il terribile morbo e questi anzichè conquistare Napoli vengono decimati dalla Peste.

Il tremendo morbo si ramifica così tra Roma e Napoli e nel centro Italia, quindi anche nella Marsica. Questo dura più o meno 5 anni dal 1527 al 1532 producendo nel centro Italia Roma e Napoli comprese 30.000 morti.

 

 

– La Peste dei Lanzichinecchi nella contea di Celano

Al momento non abbiamo dati sulla diffusione della Peste all’interno della contea celanese negli anni 1527-32, tuttavia vista che questa si è diffusa nel confinante ducato di Tagliacozzo è più che probabile che anche la contea di Celano abbia avuto numerosi casi di peste e che questa possa essersi diffusa nei vari paesi del contado, tra cui forse anche Santa Jona. Se così fosse sicuramente vi sarebbero stati decessi

 

 

– Santa Jona a metà secolo

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Nella seconda metà del secolo la situazione del borgo di Santa Jona rimane abbastanza tranquilla sia sul piano economico che su quello sociale. Il clima consente ancora buoni raccolti e anche la pastorizia nonostante tutto va bene.

 

 

– La Torre di Santa Jona a metà secolo

La Torre di Santa Jona. (Immagine personale)

 

La Torre di Santa Jona continua a perdere d’importanza e non viene più usata come prima nel controllo territoriale. Rimane comunque con la sua mole un punto di riferimento per l’intera zona nord del Lago Fucino.

 

 

– Santa Jona alla fine del secolo XVI 

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Alla fine del secolo Santa Jona è ancora in una condizione alquanto discreta, diciamo discreta è la situazione generale presente nella contea di Celano e ciò nonostante il peso debitorio dei Piccolomini. Gli ultimi conti Piccolomini tra loro non vanno d’accordo per una serie di motivi e nel frattempo si accumulano debiti, che portano in breve la contessa Costanza a vendere tutti i numerosi feudi di famiglia compresa l’amatissima contea di Celano a cui è legatissima.

 

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Tornando a Santa Jona il paese continua a vivere la vita di sempre, ma alla fine del secolo cambia il clima, che diventa più freddo e questo genera una svolta negativa sia nei raccolti che nel bestiame. All’inizio la situazione non cambia subito, in quanto i primi effetti si risentono soprattutto all’inizio del XVII secolo. Purtroppo le gravose tasse spagnole non lasciano tranquilli nessuno e ciò si riflette soprattutto sulla condizione sociale della classe più povera, come gli abitanti dei paesi come Santa Jona.

 

 

– La Torre di Santa Jona alla fine del XVI secolo

La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

La torre di Santa Jona a fine secolo non è più usata come torre di vedetta, risultando di fatto completamente abbandonata.

 

 

– Il banditismo nella Marsica

Alla fine del secolo, forse complice una maggiore crisi economica accresciuta dall’enorme imposizione fiscale spagnola che soffoca la crescita delle zone del viceregno napoletano, si ha un certo incremento del banditismo che inizia a creare seri problemi alla gendarmeria napoletana. Tra le alte montagne della Marsica si cominciano a creare piccole bande di malagente che da fastidio ai paesi della zona.

 

 

– La fine dei Piccolomini. Arrivano i Peretti

Simbolo dei Piccolomini. (Immagine da Wikipedia)

 

Nel 1566, muore il conte Iñigo e a lui succede l’unica figlia Costanza che all’epoca ha 10 anni. L’intero patrimonio va a lei e parliamo di un patrimonio di grandissimo rilievo. Purtroppo però i debiti contratti dai Piccolomini precedentemente cominciano ad essere cospicui e Costanza per tamponare la situazione è costretta a vendere, ma affinchè il patrimonio rimanesse in famiglia ella vende allo zio Giovanni, fratello del padre. I primi feudi ad essere venduti sono anche quelli marsicani come i feudi di Ortucchio, di Pescina e di Balsorano.

Negli anni successivi quando lei è cresciuta viene deciso dai familiari che vada in sposa al cugino Alessandro Piccolomini, appartenente al ramo dei marchesi di Deliceto. Alessandro è di poco più grande di lei ed anch’egli l’ultimo discendente del suo ramo vale a dire dei marchesi di Deliceto. All’epoca in famiglia per endogomia i due giovani sono costretti a sposarsi.

L’unione fra i due giovani si rivela una catastrofe. Alessandro è dissoluto spreca il proprio patrimonio giocando d’azzardo e andando con donne. Perdipiù si circonda di persone violente ed è spesso protagonista di episodi non belli. Ma cosa più importante il matrimonio rimane sterile e questo segna la fine dell’unione fra i due. All’epoca non avere figli per una coppia aristocratica era una catastrofe.

 

Costanza Piccolomini contessa di Celano e duchessa d’Amalfi

(Immagine da https://m.facebook.com/Cultrip.it/videos/costanza-piccolominimp4/878573652870578/?_rdr)

 

Fatto è comunque che la povera Costanza non sopportando più questa situazione dopo diversi anni di unione infelice chiede e ottiene la separazione dal marito Alessandro nel 1585. Fra il 1585 e il 1592 Costanza si ritrova a dover far fronte ai creditori che la inseguono come cani per estorcele denaro per i debiti contratti. Costanza alla fine si ritrova a vendere tutti i suoi beni, in ultimo anche l’amatissima contea di Celano nel 1591.

 

Camilla Peretti contessa di Celano. (Immagine da https://umbri.altervista.org/la-sorella-del-papa/)

 

Nuova contessa di Celano diventa Camilla Peretti, sorella di Papa Sisto V. Costanza dopo aver ottenuto il divorzio dal marito nel 1595 e aver concesso a questi un vitalizio e la signoria sul ducato di Amalfi si ritira nel 1596 presso l’ordine delle Clarisse nel monastero di Santa Maria della Sapienza dove muore nel 1610.

Alessandro invece dissoluto com’è dopo aver delapidato il suo patrimonio si da a pratiche magiche, tanto da subire un processo per bestemmie ereticali da parte del Santo Officio. Egli finisce in carcere presso Castell dell’Ovo a causa di una condanna inflittagli da vicere conte d’Olivares. Nel 1600 riesce a ottenere la clemenza del papa, che lo libera con l’obbligo di condurre una vita militare, che Alessandro svolgerà presso la Repubblica di Venezia. Muore nel 1617.


 

 

– Il regno di Spagna nel 1598

 

 

 


 

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XVII secolo

 

– La contea di Celano sotto i Peretti

Il conte Michele Peretti conte di Celano 1596-1631.  (Immagine da Wikipedia)

 

La contea di Celano a inizio ‘600 è gestita dalla nuova famiglia comitale dei Peretti. Nel 1596 Camilla Peretti cede tutti i suoi beni al nipote Michele Peretti compresa la ricca contea di Celano. Michele gestisce la contea di Celano fino al 1631 anno della sua morte. Per cui il suo governo si rivela assai lungo, ma poco fortunato in quanto la contea di Celano attraversa uno dei momenti più bui della sua esistenza. La crisi economica generale presente a inizio ‘600 colpisce pesantemente anche Celano e il suo territorio e presto questa crisi diventa una crisi sociale importante.

 

Il castello di Celano oggi. (Immagine personale)

 

Le cause di questa crisi sono la grave esosità delle tasse spagnole e soprattutto la crisi climatica che da fine XVI secolo mostra un clima freddo e piovoso che comporta scarsissimi raccolti. Da ciò deriva anche una crisi nella pastorizia che comporta molti altri problemi secondari che portano appunto ad una grave crisi sociale di sfiducia collettiva. La grave crisi sociale alimenta il brigantaggio che comincia a diventare un grave elemento di disturbo sociale.

 

 

– Santa Jona all’inizio del XVII secolo

Il paese di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Il villaggio di Santa Jona all’inizio del Seicento è un borgo povero e di confine tra il contesto fucense e l’Altopiano delle Rocche, ma ormai almeno in questa fase il borgo non ha più l’importanza di prima. Santa Jona soffre come tutti i paesi della Marsica di una condizione sociale misera, causata da un clima freddo che in montagna si accentua ancora di più.

 

 

– La torre di Santa Jona all’inizio del XVII secolo

La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Come il borgo, ancora di più la sua torre non è da tempo sfruttata come punto di vedetta per il territorio, risultando del tutto abbandonata. Ciò probabilmente comporta anche problemi strutturali.

 

 

– La contea di Celano a metà secolo.

Il castello di Celano oggi. (Immagine personale)

 

La contea di Celano a metà secolo è ancora sotto i Peretti con Francesco che ha sostituito il padre, morto anni prima, al comando della contea di Celano. Con Francesco le cose non cambiano la contea di Celano continua a soffrire di una crisi economica pesante sia a causa del clima sempre freddo che delle altissime tasse spagnole.

La crisi economica è ormai anche sociale da molto tempo e la popolazione è veramente stufa di questo governo spagnolo con le sue tasse. Il malcontento del popolo contro il malgoverno spagnolo è più forte e diffuso di quanto si pensi e aspetta solo una scintilla per esplodere.

 

 

– Il banditismo politico del 1646

Girolamo Colonna, cardinale e duca di fatto, è coinvolto nelle lotte più o meno sotterranee fra Papato e Corone francese e spagnola. Queste lotte vedono protagonisti sia poveri miserabili asserviti per fame al potere criminale che soprattutto uomini esponenti delle famiglie baronali del posto che per cupidigia si danno al brigantaggio, sicuri di non essere mai presi e poter fare quanto vogliono.

Emblematico in questo senso è il caso di Giulio  Pezzola, di estrazione nobile locale in quanto proveniente da una famiglia della Valle del Salto. Pezzola per anni compie efferratezze di ogni genere nelle terre di confine e poi viene reclutato dagli Spagnoli per umiliare Papa Urbano VIII Barberini o per sostenere la guerriglia nelle terre papali o usato per riportare l’ordine spagnolo nelle rivolte del 1646-48.

Un esempio lampante di quanto detto si verifica proprio nel 1646 allorquando Pezzola su ordine dello spagnolo Raimondo Zagariga, presidente dell’Udienza Provinciale di Aquila assale una banda di ventisei fuorilegge, comandati da Marco Antonio Sebastiano, il cardinale Gerololamo Colonna da Tagliacozzo si oppone alla richiesta spagnola di sostenere con i suoi uomini l’azione repressiva, dimostrando indirettamente che i banditi erano suoi protetti.

Gli uomini di Pezzola dopo aver appicato un incendio nelle case di Magliano, dove la banda si era nascosta, questi si rifugiano presso la chiesa di Santa Lucia. Qui il Pezzola entra con i suoi e senza  troppo scomporsi uccidono 12 membri della banda fra cui lo stesso Sebastiano, e poco dopo Pezzola uccide altri 6 membri della banda di Sebastiano che aveva arrestato poco prima decapitandoli. Alla fine saccheggia il paese di Magliano ottenendo un bottino di 3000 scudi.

 

 

– La rivolta di Masaniello del 1647-48

La rivolta di Masaniello. (Immagine da Wikipedia)

 

Nel 1647 una tremenda rivolta popolare comandata dal popolano Masaniello partendo da Napoli mette in scacco le truppe spagnole occupandole per più di un anno con continue rivolte in tutto il territorio del sud Italia, Marsica e Abruzzo compresi. I motivi di questa rivolta popolare sono la fame e le troppe tasse sia feudali che centrali di Napoli.

Le tasse feudali troppo alte per il popolino lo offendevano con tassazioni ridicole tese solo ad umiliarlo. Le rivolte in tutto il sud Italia si risolvono con scontri armati e omicidi anche di persone altolocate, giudicati dal popolo delle veri serpi.

La rivolta però dopo un anno viene duramente sedata dall’esercito spagnolo che intervenuto con durezza in tutto il territorio vicereale riporta la calma della popolazione con la violenza delle armi.

 

 

– La rivolta di Masaniello nella Marsica (1647-48)

Il castello di Celano oggi. (Immagine personale)

 

Nella Marsica come in tutto il territorio napoletano la grande ribellione si accende. Centro di questa rivolta è Celano che con il barone Quinzi dell’Aquila abbatte il potere del conte Peretti di Celano e s’instaura nel castello da dove viene guidata la rivolta. La rivolta nella Marsica dilaga dalla contea di Celano, al vicino ducato dei Colonna, riguardando tutti i centri della zona da Scurcola, ad Avezzano fino a Tagliacozzo e altri centri ancora.

Il popolo prende di mira le famiglie baronali locali e gli si rivolta contro come capita a Tagliacozzo e questo in quanto spinto dalla miseria e disperazione per il moltiplicarsi delle gabelle e per lo strozzinaggio fiscale che Corona spagnola e Colonna impongono in ambito locale e che vengono perpetrati dai loro luogotenenti come gli Argoli e i Resta.

Qui a  Tagliacozzo i primi tafferugli della rivolta si verificano davanti al forno baronale di Porta da Piedi dove per la carestia il pane è dimezzato di peso. Le poche milizie dei Colonna presenti in paese vengono prese alla sprovvista  e  distrutte dai rivoltosi, quelli che rimangono preferiscono non prendere parte alla rivolta. Successivamente i rivoltosi stanchi dei sorprusi degli Argoli, luogotenenti dei Colonna, li prendono di mira. Gli Argoli presi di mira vengono assaltati e alcuni loro esponenti vengono uccisi. Poco dopo lo stesso palazzo Argoli posto nella piazza centrale del paese viene assalito e saccheggiato duramente.

Poco dopo però intervengono in tutta la Marsica le milizie di Giulio Pezzola, incaricato dal governatore d’Abruzzo Pignatelli di riportare l’ordine. Pezzola al comando di 1500 uomini esegue l’ordine, ma la notizia della fine della rivolta a Napoli, porta molti paesi ad arrendersi spontaneamente. A Tagliacozzo invece accade un miracolo la popolazione saputo di un gruppo di milizie che stava arrivando nel paese prega S.Antonio affinchè li salvasse e pare che il santo sia intervenuto manifestandosi davanti le milizie e queste vedendolo abbiano fatto retromarcia. Da allora il santo è acclamato protettore di Tagliacozzo e gli sono state affidate le porte della città.

In pochissimo tempo si ha  lo spegnimento della rivolta marsicana. Segno di ciò è la cacciata di Quinzi dal castello di Tagliacozzo e la ripresa di questo da parte del conte Peretti.

 

 

– Terremoto di Cerchio del 1648

 

Mentre nella Marsica erano in corso le azioni di Pezzola volte al ristabilimento dell’ordine spagnolo, si verifica il 19 gennaio 1648 un forte terremoto nella zona di Cerchio.

Il terremoto colpisce in primo luogo il piccolo paese che viene duramente provato dalla scossa. Ci sono macerie ovunque e nella scossa muoiono 150 persone. La scossa si fa sentire un po’ in tutta la zona fucense, ma al momento non abbiamo informazioni maggiori sugli effetti del sisma negli altri paesi marsi.

 

 

– Effetti del terremoto di Cerchio su Santa Jona

Essendo questo un terremoto pare di una certa consistenza e soprattutto sviluppatosi nelle vicinanze del borgo di Santa Jona, avrà quasi sicuramente avuto effetti sul paese sia sul piano edilizio che sociale, con qualche ferito. Di più in mancanza di dati più certi non possiamo dire.

 

 

– L’Europa dopo la guerra dei 30 anni (1648)

L’Europa nel 1648 (Immagine da Wikipedia)

 

 

 

– Santa Jona a metà secolo

Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Il ‘600 per l’Italia meridionale, ma in generale per tutta l’Italia e resto d’Europa è un secolo triste, fatto di miseria e crisi sociali continue non da ultima la più importante la rivolta sociale di Masaniello, dove si sono raccolte tutte le sofferenze di una popolazione costretta alla fame per le esose tasse spagnole, ma soprattutto per raccolti inesistenti, che hanno inciso anche sulla pastorizia.

Tutto questo ha origine non solo dalla cattiva gestione spagnola ma soprattutto per una crisi climatica che dura ormai da più di 50 anni con clima divenuto freddo d’estate e d’inverno che nella Marsica ha portato addirittura per diverse volte finora al completo congelamento del lago Fucino.

 

Da ciò deriva la crisi sociale presente anche a Santa Jona che non fa eccezione rispetto agli altri paesi marsicani. Anzi addirittura qui l’inverno è più rigido ancora trovandosi in una zona di montagna a circa 1000 m s.l.m. Gli abitanti del borgo sono perlopiù pastori e agricoltori e tagliatori di legname, quindi sono direttamente coinvolti dalle difficoltà portate dal clima rigido.

 

 

– La Torre di Santa Jona a metà secolo

La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Ormai siamo nel 1650 e la Torre di Santa Jona sembra essere completamente dimenticata, rimanendo muto simbolo del villaggio attorno a cui si è formata.

 

 


 

 

– Terremoto di Sora del 1654.

 

Un forte terremoto pari a 6,3 Mw si verifica nella zona di Sora producendo danni ingenti in tutta la zona di Frosinone – Cassino – Sora. Il sisma vista la vicinanza produce danni ingenti anche nella Marsica concentrati soprattutto nelle zone della Valle Roveto, dell’alto Sangro e della Valle di Nerfa.

 

 

– Effetti del terremoto di Sora su Ovindoli e Santa Jona

Seppure non riportato da alcuna fonte trovata al momento siamo portati a credere che questo sisma abbia prodotto un po’ di danni anche nei paesi dell’Altopiano delle Rocche come Ovindoli o suoi circondari come Santa Jona o San Potito. Il sisma qui sicuramente è stato avvertito distintamente, ma probabilmente essendo abbastanza distante è possibile che i danni siano stati contenuti.

 

 

– La Peste del 1656

La Peste del 1656. (Immagine da https://www.darapri.it/immagini/nuove_mie/apprsecoli/peste1656.htm)

 

Nel 1656 una tremenda Peste colpisce Napoli e da qui dilaga in tutto il viceregno raggiungendo in breve tutto il territorio compreso l’Abruzzo dove ci sono  focolai ovunque. La Peste dura dal 1656 a buona parte del 1657 poi improvvisamente la pestilenza scompare.

 

La Peste del 1656. (Immagine da Wikipedia)

 

Durante il periodo 1656-57 la Peste uccide moltissime persone, nella Marsica interi paesi praticamente scompaiono o si riducono a minimi termini, mentre altri miracolosamente non ne sono colpiti. Ma al termine di tutto la pestilenza uccide centinaia di migliaia di persone tra Napoli e Milano

 

 

– Santa Jona alla fine del secolo XVII

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Non sappiamo al momento se Santa Jona, ma più in generale la zona dell’Altopiano delle Rocche, sia stata investita poco o molto dalla Peste del 1656.  Noi accostiamo Santa Jona all’altopiano delle Rocche in quanto pur non appartenendo geograficamente all’area ne fa comunque riferimento, potendo essere considerata un paese di transito verso questa. Dicevamo della Peste del 1656, ebbene i paesi dell’Altopiano delle Rocche pare abbiano subito meno danni rispetto ad altre zone confinanti, forse complice il clima di montagna, ma comunque la sciagurata Peste ha colpito anche qui producendo anche qualche morto.

Superata questa negli anni successivi Santa Jona continua ad essere gravemente sottoposta ad una grave situazione climatica di freddo intenso. Ciò porta ad una stagnazione importante nella popolazione sia sul piano economico che soprattutto demografico che dura tutto il secolo.

 

 

– La Torre di Santa Jona alla fine del XVII secolo

La Torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

In questo quadro desolante la torre di Santa Iona appare ormai completamente abbandonata a se stessa.

 

 

– Terremoto del 1695

Terremoto di Bolsena del 1695

 

Nel 1695 a Bolsena si verifica un forte terremoto che fa sentire i suoi effetti anche nella Marsica, specialmente a Celano dove si verificano numerosi crolli in seguito a questo sisma. Negli anni seguenti Celano a causa del grave stato economico non riesce a ricostruire subito tutti gli edifici danneggiati dal sisma, ma anzi subisce i danni anche del terremoto successivo quello del 1703.

 

 

– Danni del sisma del 1695 a Celano

I danni del terremoto di Bolsena a Celano sono molti ingenti. Il paese risulta gravemente danneggiato e quasi tutti gli edifici principali (le chiese e il castello) risultano fortemente lesionati. Gli abitanti del paese vivono per qualche tempo nelle baracche.

 

 

– Danni a Santa Jona e Ovindoli

Il terremoto di Bolsena produce probabilmente danni anche a Santa Jona e Ovindoli, essendo questi paesi molto vicini a Celano che tanti danni ha avuto, quindi è logico pensare che anche questi paesi possano essere stati investiti dall’onda sismica.

 

 


 

 

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XVIII secolo

 

 

– La guerra di Successione Spagnola (1700-14)

Europa nel 1700.

 

Il nuovo secolo si apre con la guerra di Successione Spagnola che porta danni consistenti anche in Italia. Anche nel napoletano si vengono affrontando gli Spagnoli e gli eserciti che vorrebbero disarcionarli a cominciare dalla Francia. In generale la guerra di Successione spagnola vede opporsi due schieramenti quello capeggiato dalla Francia che difende gli interessi di Filippo di Borbone e quello austriaco che difende gli interessi di Carlo d’Asburgo.

 

 

L’Europa nel 1714 dopo la fine della guerra di successione spagnola.

 

Alla fine di un decennio di guerre perpetrate da entrambi gli schieramenti, si giunge agli accordi di pace del 1713-14 di Utrecht e Rastadt. L’Europa riconosce Filippo di Borbone, quale nuovo re di Spagna. In cambio gli Spagnoli sono costretti a cedere una parte consistente del proprio patrimonio europeo a cominciare dal sud Italia, che viene ceduto all’Austria e ai Savoia che divengono per breve tempo re di Sicilia.

 

 

  • I terremoti d’inizio secolo L’Aquila (1703) e Sulmona (1706) e gli effetti su Balsorano

A inizio ‘700 l’Abruzzo viene gravemente colpito da due forti terremoti che hanno epicentro nella regione.

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– Sisma dell’Aquila (1703):

Sisma dell’Aquila in una litografia.

(Immagine da https://www.ilcapoluogo.it/2021/02/02/laquila-2-febbraio-1703-il-grande-sisma-della-candelora-che-distrusse-la-citta/)

 

Il primo è il sisma dell’Aquila che distrugge la città e tutto il suo circondario, producendo molti danni anche nella Marsica. Qui diversi centri abitati marsi risultano duramente colpiti con feriti e morti,  al livello edilizio si registrano molti crolli e danni a case e chiese. I danni del  sisma nella Marsica sono molti, seppure non gravi come quando ci sarà il terremoto del 1915. Allo stato delle cose i danni sono ingenti, ma non gravissimi che comunque come sisma produce un blocco nella crescita della popolazione.

– Danni a Cappadocia. Nella Marsica si registrano diversi danni per il sisma dell’Aquila con crolli di abitazioni e danni alle chiese in diversi paesi.

 

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– Sisma della Maiella (1706):

Terremoto della Maiella del 1706.

 (Immagine da https://www.meteoweb.eu/2016/11/3-novembre-1706-terremoto-della-maiella-sconvolge-appennino-centrale-ricordare-prevenire/778024/)

 

 

Un secondo sisma molto forte avviene pochi anni dopo nel 1706 sempre in Abruzzo ma con epicentro sulla Maiella. Il terremoto della Maiella  si manifeta con una potenza imponente pari a 6,7 Mw. Questo sisma provoca la distruzione di Sulmona e dei suoi centri limitrofi. Molti centri dell’aquilano risentono del sisma, ma essendo già distrutti dal precedente terremoto non subiscono vittime. Nella Marsica il sisma si sente distintamente ovunque, producendo ancora danni ai paesi. Un effetto collaterale di questo sisma è un discreto calo della popolazione locale, forse dovuto alla paura del futuro.

–  Danni a Santa Jona: Su questo sisma non abbiamo al momento alcuna notizia circa i danni avuti a Santa Jona e sulle due chiese del paese.

 

 

– Il ducato di Tagliacozzo a inizio ‘700 (1700-14)

A inizio ‘700 a causa del cambiamento politico in corso che mette in discussione la permanenza di Napoli e la Sicilia sotto la bandiera spagnola e soprattutto i terremoti d’Abruzzo d’inizio secolo, si registra un periodo molto cupo della storia abruzzese e marsa. In questo periodo chiaramente anche a causa dei sismi del 1703 e del 1706, dei danni e i lutti derivati da questi si ha un certo calo demografico che va in controtendenza con il dato nazionale dell’Italia.

 

 

– La contea di Celano a inizio secolo

La contea di Celano risulta fortemente colpita dalle nuove scosse sismiche. In tutto il territorio celanese vi sono case ed edifici pubblici completamente travolti, ma nonostante tutto i Celanesi non si piangono addosso e iniziano un’opera di ricostruzione materiale sia del capoluogo, Avezzano, sia per molti altri centri.  A inizio ‘700 vediamo come presto scompaiepiano i vari conti di Celano

 

 

– Santa Jona all’inizio del XVIII secolo

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Santa Jona all’inizio del XVIII secolo risulterebbe danneggiata dai sismi avuti recentemente. I conti di Celano della famiglia Savelli sono prossimi alla fine e per quanto avviino qualche ristrutturazione dei vari paesi non faranno in tempo a veder completate queste opere. Tuttavia sappiamo che Santa Jona in qualche modo è stata turbata dai sismi dell’Aquila e della Maiella riportando diversi danni. In questi danni si comprendono verosimilmente anche  quelli arrecati alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, chiamata in qualche documento S.Maria di Collemarciano.

 

La chiesa di Santa Maria di Collemarciano. (Immagine personale)

 

La chiesa sappiamo che nel 1728 viene restaurata, noi aggiungiamo profondamente, magari non tanto per definirla ricostruita, ma comunque molto rimaneggiata secondo lo stile barocco. Ora questa chiesa non sarebbe stata restaurata se non ve ne fosse stato bisogno. Per cui non resta che ammettere che i vari sismi abbiano danneggiato la struttura cinquecentesca. Da qui si coglie l’occasione per dire che i vari sismi d’inizio secolo hanno intaccato le strutture del paese, ma questo tra la fine degli anni 1720 e l’inizio degli anni 1730 è stato comunque restaurato

Per il resto la vita nel piccolo borgo risulta ancorata alle tradizioni religiose che scandiscono in modo preciso il trascorrere del tempo. Le condizioni generali cui facciamo riferimento sono le stesse per tutti i paesi della Marsica che vanno articolate per ogni borgo in funzione della sua posizione geografica e politica all’interno in questo caso della contea di Celano.

 

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Informazioni più specifiche su Santa Jona ci riferiscono di alcuni documenti scritti tra fine XVII e inizio XVIII secolo.

Il primo documento è del 1694 dove l’Agrimensore Muzio Catonio e suo figlio di Rocca di Mezzo compilano il primo Catasto di Santa Jona.

 

La chiesa di Santa Maria di Collemarciano. (Immagine personale)

 

Un altro documento questa volta di carattere ecclesiastico su Santa Jona è stato 13 febbraio 1709 e viene redatto  dall’Agrimensore Ottaviano Antonio Fedele. In questo documento definito “Datum Terr(a) S. Eugeniae” si redige un Censuale dei beni fondiari della chiesa di S. Maria di Collemarciano della Terra di S. Eugenia.

In questo si raffigura nella 2 tavola  l’antica Chiesa di Santa Eugenia, situata presso la sorgente omonima di S. Eugenia, presso il fondo di Le Giustizie. In questo Censuale emerge anche il nome del parroco di Santa Jona, che viene scritto da questo Agrimensore nella richiesta al vescovo dell’epoca per essere autorizzato alla redazione dello stesso. Egli rivolgendosi al vescovo scrive “Il sacerdote Don Berardino Ottaviani al presente Economo della Parrocchiale Chiesa di Santa Jona…”

Il terzo documento citato su Santa Jona riguarda un catalogo di elenco di beni di Santa Jona del 1714, scritto da Giuseppe Zannetti di Ovindoli e Pietro Pagliuca di Rovere definito “Catalogo di tutti li sodi rotti dai cittadini dell’Università di Santa Jona…”

Il quarto e ultimo documento citato dalle fonti è relativo ad un ordine del 9 settembre 1728 di Papa Benedetto XIII in cui si chiede di redigere un inventario dei beni della chiesa parrocchiale del villaggio di Santa Jona.

 

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Abbiamo notizia che questo inventario viene redatto dal Prevosto Giovanni Antonio Valerio e consegnato poi al papa sempre nel 1728. Nel documento viene quindi steso l’inventario, come scritto, di “tutte le robbe, tanto stabili come mobili et semoventi… della Chiesa Parrocchiale della Terra di S. Eugenia seu S. Jona” posizionata in un angolo di un colle, definito Collemarciano che da qui prende il nome di chiesa di Santa Maria di Collemarciano.

Su questo quarto documento aggiungiamo un ragionamento personale, ovvero sapendo che la chiesa di Santa Maria delle Grazie, oggi Collemarciano, è stata profondamente ristrutturata nel 1728 e che questo documento è del 1728, non resta che ammettere che papa Benedetto XIII abbia richiesto questo inventario per poter finanziare in qualche modo la ristrutturazione della chiesa e del paese stesso.

 

 

– La torre di Santa Jona all’inizio del XVIII secolo

La torre di Santa Jona oggi.(Immagine personale)

 

Questi sismi si sentono distintamente anche nella Marsica, dove si verificano numerosi danni in diverse zone e strutture. E’ probabile che la torre di Santa Iona con questi sismi sia stata ulteriormente intaccata nella struttura. Inoltre trovandosi in stato di abbandono è anche probabile che sia divenuta una cava per materiali riusati per la costruzione dell’abitato locale.

 

 


 

Arrivano gli Austriaci (1714-34)

In base al trattati internazionali di Utrecht e Rastadt (che pongono termine alla guerra di successione spagnola) il sud Italia (e quindi anche l’Abruzzo) passa con l’esclusione della Sicilia, a far parte dello stato austriaco.

 

 

Europa 1714 (Fonte Wikipedia)

 

 

– La contea di Celano e la Marsica a metà secolo

La contea di Celano nel 1720

 

Nel 1712 si estingue la famiglia Savelli e da qui inizia una lunga battaglia legale fra i rami collaterali dei Savelli per accaparrarsi la contea di Celano. Dopo 10 anni di contenzioso più o meno nel 1720-1722 la famiglia degli Sforza-Cabrera si assicura in modo legale il feudo della contea di Celano, una delle più ricche del sud Italia. Da allora la contea segue le vicissitudini del sud Italia che dal 1714 si trova sotto la direzione degli Austriaci che hanno sostituito gli Spagnoli.

Sotto la dominazione austriaca che dura fino al 1734 il sud Italia comincia una lenta ma costante risalita economica buttandosi alle spalle più di un secolo di miseria e privazioni. Questo risultato è figlio sia di una migliore gestione politico-amministrativa, sia soprattutto di un cambiamento climatico che porta ad un rialzo della temperatura con conseguenti grossi miglioramenti dei raccolti  a partire dalla fine degli anni 1720.

Nel 1734 infine il sud Italia dopo secoli di dominazione straniera torna indipendente con la ridefinizione del regno di Napoli sotto la nuova dinastia dei Borbone, avviata da Carlo IV di Borbone figlio del re di Spagna.

 

Re Carlo di Napoli. (Immagine da Wikipedia)

 

Carlo quasi da subito avvia importanti riforme che consentono di avviare provvedimenti importanti tesi a consolidare la ripresa economica.

Tra i primi importanti provvedimenti di Carlo furono quelli volti a riformare l’ordinamento giuridico attraverso la soppressione di organi istituiti nel periodo vicereale, inadatti per uno stato indipendente quale era diventato il Regno di Napoli. Con una prammatica sanzione datata 8 giugno 1735 il Consiglio Collaterale è abolito, e sostituito nelle sue funzioni dalla Real Camera di Santa Chiara.

A partire dal 1739 sono varati diversi progetti per il riordino del complesso legislativo napoletano, reso caotico dalla coesistenza di undici legislazioni: romana, longobarda, normanna, sveva, angioina, aragonese, spagnola, austriaca, feudale ed ecclesiastica. 

Il più ambizioso è quello che prevede non solo la consolidazione e la raccolta delle prammatiche, ma la redazione di una vera e propria codificazione, il Codice Carolino, a cui lavora una giunta composta, tra gli altri, dai giuristi Michele Pasquale Cirillo (che ne fu il principale promotore e artefice) e Giuseppe aurelio di Gennazaro e dal principe di San Nicandro Domenico Cattaneo . L’opera rimane per lungo tempo incompiuta e viene pubblicata per intero solo nel 1789.

Il nuovo re dispone poi un nuovo catasto del regno per meglio conoscere la situazione generale sul piano feudale, sociale e fiscale. La riforma fiscale dell’istituzione del catasto onciario ha infatti lo scopo di articolare meglio le entrate e le uscite. L’istituzione del catasto onciario avviene col real dispaccio del 4 ottobre 1740 e la prammatica de forma censuali seu de capitatione aut de catastis del 17 marzo 1741.

Il catasto viene detto onciario perché i beni da tassare sono valutati in once, nelle intenzioni del re si sarebbe dovuto  rendere più equa la distribuzione del carico fiscale, facendo in modo «che i pesi sieno con eguaglianza ripartiti, che ‘l povero non sia caricato più delle sue deboli forze ed il ricco paghi secondo i suoi averi». Tuttavia, la sua poca efficacia nell’alleviare il peso fiscale gravante sui ceti più umili e gli abusi della sua applicazione sono poi statiu criticati da alcuni economisti.

Ad ogni modo tutti i vari paesi facenti parte del regno di Napoli hanno l’obbligo di rendere pubblica la propria situazione sia in merito alle famiglie presenti e i loro componenti che sul piano della proprietà.

Comunque si voglia vedere questi provvedimenti, questi hanno comunque consentito al re di avviare una serie di riforme economiche mai fatte prima per modernizzare l’arretrato regno di Napoli intervenendo con maggior forza laddove occorreva.

 

Immagine da Wikipedia di Celano nei secoli scorsi.

 

Sotto Carlo di Borbone la contea di Celano dopo il miglioramento economico avutosi con gli Austriaci, prosegue in modo spedito per tutti gli anni 1740. Certo la situazione parte da una condizione molto pesante quindi il miglioramento non così netto come ci si aspetterebbe però c’è.

 

Il castello di Celano nei secoli passati.

 

A metà secolo la condizione generale presente nella Marsica, quindi nella contea di Celano e nel ducato di Tagliacozzo è sicuramente migliore rispetto al secolo prima. L’economia registra un deciso miglioramento e allo stesso tempo la demografia si è ripresa ripopolando molti borghi che sembravano sul punto di sparire.

Con i catasti onciari che via via sono fatti dai vari paesi esce na situazione sicuramente deficitaria, ma secondo me anche ricca di risorse inespresse che se fossero state meglio gestite avrebbero consentito una migliore situazione sociale nella Marsica del tempo.

 

 

– Santa Jona a metà secolo

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Non abbiamo notizie dirette del paese in questa fase storica, ma immaginiamo che questo abbia avuto una piccola ripresa demografica, visto che in quasi tutti i paesi dell’epoca il fenomeno era in corso. L’economia rurale fatta di agricoltura e pastorizia continua ad essere predominante anche in questa fase storica. In generale poi Santa Jona continua ad essere come in passato una delle vie di transito più frequentate verso l’Altopiano delle Rocche.

 

 

– La Torre di Santa Jona a metà secolo

La Torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

La torre di Santa Jona continua ad essere abbandonata e ciò lo diciamo sia per deduzione della scarsa importanza del paese in questa fase, sia perchè le strutture come questa presenti negli altri paesi della Marsica sono completamente inutilizzate.

 

 

– La guerra di successione austriaca (1740-45)

Tra il 1740 e il 1745 in Europa esplode la guerra di successione austriaca che termina dopo anni di guerre e colpi di scena con l’ascesa di Maria Teresa d’Asburgo al trono viennese come arciduchessa d’Austria e regina d’Ungheria e come imperatrice consorte sul trono del S-R-I, ormai solo una confederazione di stati senza più alcun vincolo effettivo. Il principale antagonista di Maria Teresa in questa guerra  giocata tutta in territorio tedesco è Federico II di Prussia che consolida il suo stato in modo forte affermandosi tra le grandi potenze europee

 

 

– La pace di Aquisgrana (1748)

La pace di Aquisgrana firmata nel 1748 sancisce la fine della guerra di successione spagnola e nel caso italiano riconferma l’equilibrio italiano uscito fuori con la pace di Vienna.

 

L’Europa del 1748. (Immagine da Wikipedia)

 

 

– L’Italia e il regno di Napoli dopo la pace di Aquisgrana (1748)

L’Italia e del regno di Napoli nel 1748

 

 

 

– Arriva Ferdinando (1759)

Ferdinando IV di Napoli nel 1759. (Immagine da Wikipedia)

 

Nel 1759 in seguito alla morte senza figli di Ferdinando VI di Spagna, diventa re Carlo di Napoli, che diventa Carlo III re di Spagna. A causa di ciò viene scelto come suo successore a Napoli il giovanissimo secondogenito maschio Ferdinando, che diventa Ferdinando IV re di Napoli a soli 9 anni. Il suo sarà uno dei regni più lunghi di tutta la storia napoletana ed europea, seppure intervallato dalla parentesi napoleonica. Egli infatti dominerà la scena napoletana fino alla morte avvenuta nel 1825.

 

 

 


 

 

– Terremoti marsicani nel ‘700

 

Nel corso del XVIII secolo nella Marsica si avvertono diverse scosse di terremoto concentrate nelle zone di Cerchio e Ortona dei Marsi. Le scosse pur chiaramente avvertibili dalla popolazione, a parte qualche danno superficiale e molto spavento non producono nulla di significativo. Queste scosse sono avvertite anche a Balsorano ma non producono nulla di significativo.

La scossa più forte è però quella che si verifica nell’avezzanese producendo diversi danni in tutto il bacino fucense, soprattutto nell’area celanese. La scossa sismica avviene nel 1778 con una magnitudo di 4.9 Mw, quindi una scossa forte che a Celano produce molti danni. Qui il sisma produce molti danni al borgo con molte case lesionate e addirittura il distacco di alcuni massi dalla Serra di Celano, che travolgono alcune case presenti alle pendici della montagna.

 

 

– Effetto del terremoto di Avezzano su Santa Jona

 

Il terremoto di Avezzano del 1778 è un sisma di cui abbiamo poche informazioni, ma un paio di cose le possiamo dire. La prima è che questo terremoto locale avrebbe una potenza di 4.9 Mw, quindi parliamo di un terremoto medio-forte che come affermato sopra si è fatto sentire distintamente specialmente nella zona nord del bacino fucense, dove ha prodotto diversi danni a Celano. Per cui il sisma è stato capace di fare danni e quindi spaventare la popolazione.

Da qui ne consegue che anche a Santa Jona si è sentito bene essendo il paese vicino a Celano. Per cui non è da escludere che anche qui vi siano stati danni agli edifici, che sicuramente non erano costruiti con le tecniche di oggi e quindi potevano essere più facilmente soggetti a danni. E’ possibile che possano esserci stati anche feriti vista la forte scossa. Per il resto mi fermo qui in attesa di dati più significativi.

 

 

– Cambiamento climatico a fine ‘700.

Il Lago Fucino nel 1795 in un dipinto dell’epoca

 

Alla fine del ‘700 si assiste ad un nuovo cambiamento climatico generale che porta pioggia e freddo seppure non nelle dimensioni presenti nel ‘600. Il picco di questo nuovo ciclo climatico si raggiungerà nel 1816-17 per poi lentamente scemare nel corso dell’800. Ciò comporta raccolti di minore qualità e abbondanza andando così ad alterare una situazione non facile dove i piccoli villaggi di altura sopravvivono con l’agricoltura e allevamento di sussistenza.

A ciò va aggiunto un deciso innalzamento del livello del lago Fucino che lo porta ogni tre-quattro anni ad avere quantità d’acqua tale che viene ad allagare costantemente i centri rivieraschi innescando danni e lutti. In ciò le popolazioni rivierasche lanciano numerose suppliche al re Ferdinando affichè agisca per mitigare almeno in parte gli effetti del lago.

Il re interviene in modo massiccio prima facendo fare studi sulla dinamica del lago nel corso degli anni ’80 e poi provando a ripulire in profondità gli argini del lago, ottenendo con ciò però solo scarsi risultati, che mitigano poco la situazione generale.

 

 

– La rivoluzione francese nel 1789

L’attacco alla Bastiglia a Parigi nel 1789. (Immagine da Wikipedia)

 

La grave situazione economica in cui versa la Francia, unito alla disparità sociale, dovuta all’enorme dispendio di soldi della corte e della nobiltà che cerca di occupare tutte le risorse possibili portano all’esplosione sociale che conseguente innesco della rivoluzione popolare contro il re e il governo. 

La Francia in breve diventa una polveriera che travolge poi con Napoleone tutta Europa compreso il regno di Napoli. Qui la prima prova di occipazo

 

 

– L’arrivo dei Francesi a Napoli (1798)

L’arrivo dei Francesi a Napoli. (Immagine da Wkipedia)

 

Nel 1798 i Francesi invadono il regno di Napoli riuscendo a scalzare il re Ferdinando e la sua corte borbonica che si rifugia in Sicilia sotto scorta degli Inglesi. Il resto del regno è in mano francese che lo governa circa due anni. Ma sono due anni assai movimentati per la forte contrarietà della popolazione che si sente invasa e reagisce con continue rivolte e sommosse che alla fine producono la caduta dei Francesi nel 1800 e il ritorno di re Ferdinando a Napoli

 

 

– La contea di Celano a fine secolo

Blatt: 20.7 x 26.5 cm; Feder in Schwarz, aquarelliert, auf dickem Vergé; Inv. 2017.69

Il Lago Fucino ritratto nel 1800 con vista sul Monte Tino.
(Immagine da un disegno del basilese Jacob Christoph Miville composto nel 1800)

 

Alla fine del ‘700 la contea di Celano così come il vicino ducato di Tagliacozzo mostrano ormai la loro età con un apparato amministrativo che non funziona più. La mutata situazione climatica porta con se nuovi disagi con raccolti scarsi che si riflette anche sulla pastorizia con greggi e altri animali non sempre produttivi.

Il disagio sociale cresce, ma per ora le idee della rivoluzione francese qui non attecchiscono e ciò soprattutto per la grande ignoranza della zona dominata  come cultura dalla chiesa. Qui i preti e gli altri ecclesiastici sono molto rispettati dalla popolazione che li tratta e li segue come vere autorità. Questi in qualche modo fanno da barriera alle nuove idee e influenzano direttamente la popolazione con i loro sermoni e spesso essi stessi sono complici dei banditi locali, anche se per fortuna essi cercano comunque di aiutare la popolazione.

Sul piano politico da metà ‘700 la contea di Celano è passata agli Sforza Cabrera Bodavilla a cui rimarrà fino al 1806, anno dell’eversione feudale. Riguardo al sisma del 1778 siamo portati a credere che i danni derivati da questo piccolo sisma siano stati riparati nel corso dei decenni di fine ‘700.

 

 

– Santa Jona a fine ‘700

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Santa Jona a fine secolo appare come un semplice villaggio di montagna, senza alcuna attrattiva, ma rimane una delle porte d’ingresso all’Altopiano delle Rocche. Sul piano economico non ci sono novità anzi la nuova crisi climatica porta con se nuova miseria, che si accentua ogni giorno di più, a cominciare dall’agricoltura con i raccolti che continuano ad andare male. Nello stesso periodo abbiamo un aumento dei casi di brigantaggio con povere persone che o si accordano con i briganti o diventano briganti.

 

 

– La torre di Santa Jona alla fine del secolo XVIII

La Torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

La torre di Santa Jona appare ormai come un semplice monumento abbandonato a se stesso, privo di qualsiasi funzione sociale, privo di qualsiasi attrattiva.

 

 


 

 

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XIX secolo 

 

 

– Il ritorno dei Borbone a Napoli

Dopo il ritiro dei Francesi dall’Italia meridionale, i Borbone tornano a Napoli dove riprendono il controllo del regno. Ferdinando IV torna grazie al suo popolo, ma nei confronti di questo si mostra freddo non mostrando particolare interesse. La popolazione delusa dal re inizia a chiedersi se si può fidare di lui e quando passati alcuni anni le pretese locali  sono disattese

 

 

– Il ritorno dei Francesi (1806)

Nel 1806 i Francesi occupano nuovamente il regno di Napoli cacciando nuovamente il re Ferdinando, che per la seconda volta si rifugia in Sicilia sotto scorta inglese. I Francesi questa volta non incontrando le resistenze precedenti della popolazione, procedono nelle loro riforme.

 

 

Le riforme francesi e le conseguenze nella Marsica (1806-10)

Il re di Napoli Giuseppe Bonaparte. (Immagine personale)

 

I Francesi nel regno di Napoli procedono con le loro riforme mantenendo però questa volta la struttura statale della monarchia, limitandosi a sostituire quella borbonica con quella dei Bonaparte nella persona di Giuseppe, fratello di Napoleone. Giuseppe Bonaparte rimane re di Napoli fino al 1808, per poi essere sostituito dal cognato Gioacchino Murat.

Sotto i governi di Giuseppe e di Gioacchino, ben visto dalla popolazione, la struttura dello stato cambia, incidendo così nella condizione sociale del paese. Le riforme francesi riescono seppure non del tutto a smuovere una situazione immobile da secoli.

Tra le riforme più importanti vi è l’abolizione dei diritti feudali (1806) che sancisce la fine delle vecchie strutture amministrative feudali. Questo nella Marsica significa la fine del ducato di Tagliacozzo e della contea di Celano, dove in questo caso cessa di esistere il governo feudale degli Sforza Cabrera Bodavilla.

 

L’Europa napoleonica nel 1810

 

Con ciò si apre nella Marsica una fase turbolenta di ristrutturazione amministrativa e di riposizionamento del potere locale delle famiglie emergenti.

Secondo le nuove regole napoleoniche i paesi più piccoli perdono la loro autonomia amministrativa per divenire frazioni dei paesi più grandi, che in questo modo possono avere più introiti economici per sostenere le spese generali. Ciò accade anche a Santa Jona che nel 1811 diventa insieme alla vicina San Potito frazione del centro di Ovindoli.

 

L’Italia napoleonica nel 1810

 

I Francesi intervengono anche in materia religiosa abolendo gli ordini religiosi (1808), incamerando i beni che sostanzialmente riguardano i conventi che vengono chiusi.

Tralasciando qui l’intero discorso burocratico amministrativo è importante notare come la mancanza del sistema feudale e l’introduzione di nuove regole amministrative da parte del governo francese, apre la porta ad una classe borghese, che occupa in breve, come successo precedentemente, tutti i posti chiave dell’economia e dell’amministrazioni locali e sarà la stessa classe amministrativa, che saputasi adattare al ritorno dei Borbone nel 1815, saprà mantenere per i successivi decenni il potere in quei paesi dove si affermano.

 

Il re di Napoli Gioacchino Murat. (Immagine da Wikipedia)

 

Così per esempio si nota come nel comune di Tagliacozzo le cariche e rappresentanze provinciali, distrettuali e circondariali, quindi le redini del potere locale sono assunte dai numerosi membri del solito gruppo di famiglie baronali come i Mancini, i Resta e i Mastroddi, la nuova famiglia emergente di Tagliacozzo d’inizio ‘800. I Mastroddi si rendono capaci di esprimere un livello di censo, educazione e cultura riservato a pochi e dimostrano di essere capaci di gestire il potere in modo equilibrato. Questi nel comune di Tagliacozzo saranno protagonisti assoluti della vita cittadina per tutto il periodo borbonico. Allo stesso modo emergono altre famiglie in altri comuni come i Coletti a Tufo e Luppa, i Masciarelli a Magliano, i Bontempi e i Vetoli a Scurcola, i Pace a Massa d’Albe, i Domenicis a Carsoli, ecc.

Intanto sotto il regime napoleonico di Murat Tagliacozzo perde il ruolo di capoluogo di zona, che passa ad Avezzano giudicata al livello geografico migliore come posizione. Diventa capoluogo di distretto. Questo ci dice che l’asse di potere si sposta verso est nella zona fucense.

 

 

– Santa Jona all’inizio del XIX secolo

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Con l’avvento del secondo periodo francese nel 1806 abbiamo numerose riforme amministrative che cancellano il periodo medievale e tutto quello che girava intorno a questo. Numerosi usi e costumi perdono di colpo consistenza e pur dovendosi adattare con il tempo il tutto si semplifica. La fine della contea di Celano porta Santa Jona a perdere la sua secolare autonomia amministrativa per divenire nel 1811 frazione di Ovindoli insieme alla vicina San Potito.

Sul piano sociale per Santa Jona la differente situazione amministrativa non cambia nulla, gli abitanti rimangono poveri e fanno molta fatica a trovare il modo per andare avanti.

 

 

– La torre di Santa Jona all’inizio del XIX secolo

La torre di Santa Jona oggi.(Immagine personale)

 

La torre di Santa Jona continua ad apparire come un semplice monumento abbandonato a se stesso, privo di funzione sociale e privo di attrattiva.

 

 

– Il ritorno dei Borbone nel 1815

L’Europa dopo Napoleone (1815). Immagine da Wikipedia

 

Nel 1815 collassa il sistema napoleonico in Europa. Napoleone è sconfitto dagli eserciti della coalizione nella famosa battaglia di Waterloo nel 1815. Con la fine di Napoleone in Francia anche tutti i governi napoleonici presenti in Europa decadono uno dopo l’altro. Accade ciò anche nel regno napoletano dove il governo di Gioacchino Murat cade rovinosamente, determinando tra l’altro l’arresto e la fucilazione dello stesso re.

 

L’Italia nel 1815. (Immagine da Wikipedia)

 

Ferdinando I re delle Due Sicilie 1830). (Immagine da Wikipedia)

 

Il congresso di Vienna ridisegna la struttura politica dell’Europa e dell’Italia. Per il trono di Napoli viene deciso il ritorno dei Borbone con il vecchio re Ferdinando, con la nuova dicitura di Re delle Due Sicilie.

 

 

– La Marsica sotto i Borbone (1815-40)

Celano anni 1840 da un incisione di Eduard Lear

 

Sia la Marsica occidentale dell’ex ducato di Tagliacozzo che quella orientale dell’ex contea di Celano sono ormai entrate nell’era borbonica e la vita torna ad essere complicata seppure non uguale a prima a causa del cambiamento profondo avviato dal regimi filo-francesi. 

Parliamo inoltre di una situazione dove il cambiamento climatico raggiunge il suo picco di freddo e pioggia nelle annate 1816-17 ricordate da tanti come le annate senza estate con i raccolti completamente andati a male.

 

Immagine del lago Fucino visto da Celano a inizio ‘800. (Immagine da Wikipedia)

 

In questo periodo di gravi ristrettezze la parte del leone la fa il Lago Fucino che a causa delle grandi pioggie cresce di livello arrivando a tracimare in diverse occasioni, raggiungendo livelli spaventosi che non si vedevano a memoria d’uomo. Per esempio il paese di Luco dei Marsi, posto sulle sponde di una montagna ma dislocato fino al lago con un proprio porticciolo, viene completamente allagato anche nelle parti alte, segnale del livello forte che le acque del lago raggiungono.

 

Tagliacozzo anni 1840 da un incisione di Eduard Lear

 

A questo proposito segnaliamo dopo il 1816-17 le numerose richieste al re da parte della popolazione rivierasca affinchè si provvedesse al problema. Re Ferdinando a questo proposito riprova come aveva già fatto negli anni 1780 a porre rimedio, ma il problema era ed è enorme anche per il re, che comunque provvede a far ripulire gli argini del lago per meglio controllare le acque che in effetti scendono. Già nel 1821 le acque tornano a livelli più accettabili, quindi temporaneamente il problema si è ridimensionato.

Nel periodo immediatamente successivo al ritorno dei Borbone vale a dire nel 1815-20 si procede alla riorganizzazione generale del regno borbonico cercando un compromesso tra le nuove regole che non possono essere toccate, vista la profondità da esse raggiunta, e la necessità da parte borbonica di un ritorno alla precedente situazione.

Tradotto sul piano amministrativo troviamo che il circondario di Tagliacozzo è confermato sia nell’ambito della riorganizzazione che nella divisione amministrativa del regno, conseguente alla legge organica del 1 maggio 1816. Quindi si torna alla vecchi condizione di terra di confine fra regno borbonico e stato pontifici. Secondo la nuova condizione il nuovo Riparto territoriale dello stato pontificio, Tagliacozzo viene a trovarsi a contatto diretto con la Delegazione di Roma e la sua Comarca.

 

Tagliacozzo anni 1840 da un incisione di Eduard Lear

 

Sul piano militare vediamo come la ricostituzione dell’esercito vada avanti nel 1816 nella formazione di nuovi reggimenti di fanteria leggera, uno dei quali chiamato Marsi destinato al controllo dei confini. Sul piano militare la provincia aquilana  viene dotata di uno Squadrone di gendarmeria con tre luogotenenzze di stanza ad Avezzano, Sulmona e Cittaducale.

Con la restaurazione dei Borbone si ripristina il vecchio ordine dei rapporti fra Stato borbonico e Chiesa. Nel 1818 segue su questo punto un concordato fra Stato del papa e Regno delle Due Sicilie firmato a Terracina fr Ferdinando I e Papa Pio VII. Il concordato si rivela un compromesso fra vecchie e nuove esigenze.

In pratica ci si incardina in una sorta di burocrazia fedele al sovrano, potendo rientrare in possesso delle proprietà espropriate, ma invendute, ripristinare gli ordini regolari soppressi, oltrechè assumere importanti compiti nell’istruzione, nella cultura e in parte anche nella vigilanza politica. Non tutti i religiosi aderiscono a questa normalizzazione. Anche a Tagliacozzo alcuni di loro con don Luigi Vacca.

 

Magliano anni 1840 da un incisione di Eduard Lear

 

Negli anni 1820 la Marsica vive situazioni di relativa stabilità anche data dall’enorme ignoranza della popolazione che non partecipano per nulla ai fermenti patriottici del periodo e poi l’enorme controllo clericale sulle popolazioni paesane non consentono al popolino di conoscere le novità del periodo. Invece le nuove famiglie emergenti della Marsica seppure tra tante difficoltà riescono comunque a migliorare socialmente consentendo loro di occupare tutti i centri di comando locali dell’epoca sia sul piano civile che religioso.

 

Re Francesco I Due Sicilie. (Immagine da Wikipedia)

 

Re Ferdinando ormai molto anziano muore nel 1825, il suo è stato un regno lunghissimo seppure interrotto dalla parentesi francese. A lui succede il figlio Francesco I che dura solo 5 anni e che non viene ricordato per grandi dose fatte, considerando che la sua opera di governo è stata piuttosto reazionaria e non aperta alle novità.

 

Re Ferdinando II Due Sicilie.  (Immagine da Wikipedia)

 

Nel 1830 Francesco I muore e a lui succede il figlio Ferdinando II, più giovane e aperto del padre alle novità e con molta voglia di fare del bene. Purtroppo questa fase di apertura si rilega solo al periodo iniziale del regno di Ferdinando in quanto in età più adulta egli diventa più chiuso e conservatore, demoralizzato e spaventato dalle tante rivoluzioni presenti in tutta Europa. Fatto è comunque che anche grazie a Ferdinando II la situazione della Marsica trova una svolta importante. Ferdinando negli anni 1840 s’interessa del lago Fucino e sotto il suo governo viene ripresa la questione mettendo intorno ad uno stesso tavolo ingegneri e finanziatori.

Gli ingegneri in qualche modo stendono un nuovo progetto di recupero del vecchio canale di scolo romano migliorandolo al livello idraulico,e i finanziatori si propongono di sostenere l’opera.

 

Il lago Fucino negli anni 1840 da un incisione di Eduard Lear

 

Dopo diversi anni di discussioni e un avanti e indietro durato un po’ si arriva al banchiere Alessandro Torlonia che studiata l’opera e i ricavi che questa poteva offrire a se stesso e alla sua famiglia decide di buttarvisi e legarsi ad essa per realizzarla. Ora indipendentemente dai meriti di Torlonia, dei suoi ingegneri e degli operai che l’hanno realizzata, sicuramente anche l’operato del re, magari solo indiretto, ha comunque favorito il suo avvio.

Negli anni 1840 mentre si decide l’operazione più giusta per il Fucino, Tagliacozzo vive la sua discesa finale sul piano centralistico amministrativo a favore di Avezzano che diviene sempre più il capoluogo dell’intera provincia marsa.

 

 


 

 

– Santa Jona a metà secolo

Scorcio del paese di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Santa Jona a metà secolo è un paese dedito all’agricoltura e pastorizia, ma gli sconvolgimenti di questi anni influenzano anche il piccolo paese marso dove qualcuno si fa prendere la mano e si unisce alle bande di valviventi.

In generale però l’arretratezza culturale impedisce alle persone di capire fino in fondo cosa stia succedendo impedendo con ciò di poter decidere su cosa fare.

 

 

– La Torre di Santa Jona a metà secolo

La Torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

La torre di Santa Jona è ancora del tutto abbandonata e ora la torre rappresenta una sorta di muto testimone dei tempi passati. Siamo ancora nell’800 e riguardo ai monumenti storici non vi è ancora cultura e curiosità intorno a questi, come invece accadrà in seguito e quindi capita che monumenti come questi siano del tutto trascurati.

 

 

– La caduta dei Borbone e la nascita del regno d’Italia

Da tempo ormai il regno delle Due Sicile vive una fase di decadenza dove Ferdinando II dopo i fatti del 1848 è divenuto via via sempre più reazionario e antidemocratico portando in questo modo indietro nel tempo lo stato delle Due Sicilie. La borghesia dell’epoca prova inizialmente a far emergere delle riforme, ma la determinazione del re di spegnere le proteste, porta ad un collasso politico o meglio ad uno scollamento tra classe dirigente e sovrano, mentre ancora il popolo minuto grazie alla stretta militare rimane fedele al re.

 

Sbaarco di Garibaldi a Marsala. (Immagine da Wikipedia)

 

Ormai però è solo questione di tempo e anche i Borbone cadono. Il momento giunge nel 1860 allorquando Garibaldi prende l’iniziativa per la conquista del regno delle Due Sicilie e partendo da Quarto vicino Genova arriva in modo molto fortunato a Marsala in Sicilia e con l’aiuto di 1000 volontari riesce poco alla volta a convincere la popolazione e la nobiltà siciliana a rivoltarsi contro i Borbone. Il grande genio di Garibaldi ha la meglio sul poderoso esercito borbonico che viene perdendo contro l’esercito garibaldino sempre più numeroso.

 

I Garibaldini entrano a Palermo. (Immagine da Wikipedia)

 

L’esercito garibaldino battaglia dopo battaglia conquista sempre più spazio e terreno contro i Borbone. Dapprima cade la Sicilia e poi via via tutte le altre regioni del regno mano a mano che Garibaldi risale la penisola. All’inizio di settembre Garibaldi arriva in Campania, spingendo così il re Francesco II ad abbandonare Napoli il 6 settembre, permettendo così a Garibaldi di entrare in una Napoli festante il giorno dopo 7 settembre 1860.

 

Garibaldi entra a Napoli festante il 7 settembre. (Immagine da Wikipedia)

 

A questo punto Francesco II prova a riorganizzare le sue forze armate e tenta un ultimo assalto ai Garibaldini a fine mese. Così si hanno le decisive battaglie di Garigliano e Volturno che sono vinte dai Garibaldi e dai suoi uomini. Dall’altra parte i Piemontesi scendono di corsa nella penisola per completare l’unione politica. I Piemontesi infatti dopo aver assorbito nei mesi precedenti le regioni del centro nord Italia procedono ad occupare le regioni pontificie delle Marche e Umbria e l’Abruzzo ancora in parte borbonica.

 

Battaglia del Volturno vinta dai Garibaldini il 1 ottobre 1860. (Immagine da Wikipedia)

 

Incontro di Teano il 26 ottobre. (Immagine da Wikipedia)

 

Proclamazione del regno d’Italia (17-3-1861). (Immagine da Wikipedia)

 

Vittorio Emanuele II re d’Italia. (Immagine da Wikipedia)

 

Garibaldi incontra poi a Teano Vittorio Emanuele II consegnandogli idealmente il sud Italia. Da qui a qualche mese le ultime resistenze borboniche sono sconfitte e può nascere finalmente il tanto agognato regno d’Italia il 17 marzo 1861 con la proclamazione di Vittorio Emanuele II a re d’Italia.

 

 

– La Marsica  nel periodo risorgimentale

Il lago Fucino nel 1860. (Immagine da Wikipedia)

 

Durante il periodo risorgimentale diciamo nel 1860-61 la Marsica vive un periodo di profondo cambiamento climatico e strutturale dato dal prosciugamento del Lago Fucino, portato avanti dal Banchiere Torlonia.

Torlonia riesce con coraggio e molto denaro a portare avanti una maestosa opera idraulica senza precedenti fino a quel momento, riuscendo nell’arco di 20 anni a prosciugare l’immenso lago Fucino, creando dei canali sotterranei che accompagnandosi a quelli romani permettono all’acqua del lago di defluire verso il fiume Liri. Questo cambiamento porta e porterà conseguenze molto importanti per il territorio.

 

Il lago Fucino nel 1863 circa con i lavori di prosciugamento che vanno avanti

 

Nella Valle Roveto e nei posti un po’ più isolati come possono essere Balsorano o Cappadocia gli echi della grande opera idraulica arrivano lontani e distratti non essendo il territorio cappadociano direttamente interessato dall’opera. In questo periodo la vita nel comune marsicano sembra scorrere tranquilla, ma la nascita del regno d’Italia fa sentire i suoi effetti anche qui.

Nella Marsica infatti la popolazione è ancora filo-borbonica e a ciò si aggiunge una possente propaganda messa in piedi dal clero locale che non vede di buon occhio il cambio di regime. Fatto è che la Marsica inizialmente si schiera con Francesco II e la sua idea di ritornare sul trono napoletano. La popolazione rivuole Francesco II a Napoli, e sulla base di ciò Francesco tenta di un accordo con le bande criminali. Va così che diversi uomini di Francesco si rechino dai capi banda per siglare un accordo che alla fine viene raggiunto, ma viene malvisto un po da tutti sia dalla popolazione locale costretta a sorreggere queste bande che dalla stessa monarchia che si sente umiliata.

L’accordo fra le parti prevede per Francesco un suo ritorno sul trono napoletano nel caso di vittoria e per le bande un loro ritorno alla legalità inquadrate nel nuovo esercito regio. L’accordo fra le parti prevede forti rivolte contro il nuovo regime dei Savoia. Il nuovo governo nazionale manda le forze armate nel sud Italia per fermare le ultime sacche di resistenza borbonica e soprattutto la fine del brigantaggio.

In quasi tutti i paesi della Marsica la popolazione accetta seppure malvolentieri l’accordo e inizia una ferma opposizione contro il nuovo regime. Qui e nel resto d’Abruzzo e degli Appennini dove le bande criminali sono più forti lo Stato concentra le sue truppe e ciò è vero soprattutto nelle zone di confine come Tagliacozzo o Cappadocia, ovvero nei comuni più esposti.

 

 

 


 

 

– Ovindoli e Santa Jona nel periodo risorgimentale e la fine del brigantaggio nella
Valle Roveto

Rapina da parte dei Briganti a una carrozza nel 1865

 

Ovindoli e Santa Jona nel periodo risorgimentale 1860-70 vivono una fase di generale ansia a causa dell’instabilità presente al livello generale e soprattutto per la forte presenza di bande di briganti nelle montagne circostanti.

L’accordo fra Francesco II e le bande regge per qualche tempo almeno fino all’inizio del 1861 permettendo inizialmente qualche grosso smacco al nuovo governo nazionale.

Tuttavia la forte indisposizione delle bande che mal sopportano questa situazione, le riportano a concentrarsi sui loro tradizionali comportamenti, anche molto violenti, contro le popolazioni locali. Ciò induce dapprima un forte malcontento popolare verso queste bande e poi un vero e proprio odio finendo per far accettare alla popolazione lo status quo e i nuovi governanti, purchè i nuovi padroni eliminino queste bande.

 

Scontro a fuoco tra i Briganti e la polizia italiana

 

Ciò avviene anche nella Marsica, dove si assiste a molti episodi di scontri tra soldati della nuova polizia italiana e i briganti, ma anche con la vecchia polizia borbonica. Fra questi ricordiamo due episodi uno riguarda Cappadocia e un altro un colonello borbonico.

Il caso di Cappadocia ci conferma come in questo territorio di confine la presenza dei briganti sia ricca. In questo caso vengono presi nei dintorni del paese dalla polizia due briganti Antonio Coletti di Cappadocia e Domenico Spacconi di Pietrasecca. Una volta arrestati vengono poi fucilati a Cappadocia dal 1 battaglione di bersaglieri comandati dal luogotenente Staderini il 18 agosto 1861.

L’altro caso riguarda il generale Borjes, capo militare borbonico, che per conto dell’ex re Francesco II, si muove lungo l’Abruzzo e gli Appennini come intermediario fra il re e le bande di briganti per tentare delle sommosse contro il re savoiardo.

Alla fine del 1860 Borjes si trova nella Marsica, a Balsorano il 5 ottobre 1860, in fuga per raggiungere Roma in quanto inseguito dai militari italiani. Borjes successivamente verrà preso dai militari italiani presso Tagliacozzo dove verrà fucilato insieme ai suoi uomini.

Questo episodio si ricollega alla presenza piemontese nel paese marsicano poichè a Balsorano, paese posto nella parte sud della Valle Roveto, si trovano dalla metà del 1861 i soldati piemontesi, che trattano il borgo come una base militare posta negli Appennini nella lotta al brigantaggio. L’occupazione piemontese dura fino al 1868, anno in cui le truppe comandate dal generale Emilio Pallavicini terminano di soffocare tutte le bande di briganti presenti lungo la Valle Roveto. Tra gli episodi più vivi che ricordiamo di scontro fra ex militari borbonici e truppe italiane vi è la storia di Borjes

 

 

– Terremoto di Balsorano del 1873

 

Nel 1873 una forte scossa sismica si verifica nell’area balsoranese. Il terremoto porta ad alcuni crolli e lesioni e forse qualche ferito, ma per fortuna nulla più. La scossa comunque si risente in tutta la Marsica, producendo danni estremamente vivi in diversi paesi, ma per fortuna contenuti. Riguardo questa scossa non abbiamo notizie di danni nell’area di Ovindoli e quindi di Santa Jona.

 

 

– Finiscono i lavori di prosciugamento del Lago Fucino (1876)

 

Il castello Colonna ad Avezzano ad inizio ‘900

 

Il banchiere Torlonia termina i lavori di prosciugamento nel 1876, riuscendo nella storica impresa idraulica sul Lago Fucino, portando  così la Marsica a cambiare completamente volto e abitudini. Da ciò al livello locale  ne viene fuori una vera rivoluzione sociale con gli ex pescatori che divengono agricoltori. La conseguenza forse più pesante di questa grande impresa è il cambiamento del microclima locale, che porta alla fine di diverse colture e produzioni locali come la vite o l’olio.

 

Palazzo Torlonia ad inizio ‘900

 

Torlonia per meglio gestire l’enorme carico di lavoro per il prosciugamento del Fucino trasferisce ad Avezzano l’amministrazione principale dei suoi affari ponendola in un enorme palazzo costruito apposta. Così facendo Avezzano si afferma definitivamente come centro della Marsica sul piano amministrativo. Qui dal 1862 è presente anche il tribunale che lavora bene la giustizia locale

 

 

– Muore il re. Viva il re

Re Umberto I. (Immagine da Wikipedia)

 

Il 9 gennaio 1878 muore re Vittorio Emanuele II. Gli succede il figlio Umberto I.

 

 

– L’emigrazione marsicana (1890-1900)

Migranti che vanno verso il porto per imbarcarsi.

(Immagine del dipinto Noè Bordigon, Gli emigranti (1896-1898 circa; olio su tela – Montebelluna, Veneto Banca)

 

La perdurante povertà della zona inducono molte persone ad emigrare per cercare fortuna altrove. Si genera così nel giro di qualche anno a cominciare dal 1890 un lento, ma costante flusso di genti che va via dalla Marsica, dall’Altopiano delle Rocche diretta verso altri continenti soprattutto americano dirigendosi chi a nord in USA e Canada e chi a sud in Argentina e Brasile.

 

Emigranti al porto in attesa di salire sulla nave. (Immagine da Wikipedia)

 

Da Ovindoli e frazioni, quindi anche Santa Jona sono molti i giovani che partono in cerca di fortuna tra il 1880 e il 1890. L’andamento della popolazione alla fine del secolo tende a salire come avviene in molti paesi della Marsica seppure alcuni registrano un calo. Ovindoli comunque vede un’aumento della popolazione che passa dai 2209 del 1881 ai 2588 del 1901.

 

 

– Santa Jona alla fine del secolo XIX

Scorcio di Santa Jona  oggi. (Immagine personale)

 

Il paese di Santa Jona alla fine dell’800 è un paese di montagna dai gusti semplici ma forti, che però per chi ci vive è tosta, per cui molti decidono di emigrare come sta avvenendo in altri paesi del sud Italia, dove pur registrando una forte crescita di popolazione, fa da contraltare

 

 

– La Torre di Santa Jona alla fine del XIX secolo

La Torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Alla fine del secolo la Torre di Santa Jona continua ad essere abbandonata, e questo lo diciamo in virtù degli indizi raccolti, ma se dovessero emergere novità, sarà nostra premura correggere tutto.

 

 


 

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XX secolo

 

– La Marsica a inizio secolo

Piazza Obenlisco a Tagliacozzo a inizio secolo.

 

La Marsica a inizio secolo è un territorio in pieno lancio economico. La Marsica per la prima volta dopo molti secoli si trova ad evolvere come un contesto unico centralizzato riconosciuto intorno alla città di Avezzano, dove viene maturando un primo importante nucleo industriale che si struttura intorno allo Zuccherificio, il primo importante stabilimento industriale del territorio.

A fianco a questo nascono alcune piccole realtà imprenditoriali che accompagnano lo sviluppo dello zuccherificio, ma anche imprese completamente indipendenti da questo come le imprese che si hanno intorno alla produzione dello zafferano, legate al taglio del legname, ecc.

 

Avezzano ai primi del ‘900.

 

Piazza San Barolomeo di Avezzano.

 

Questo primo anelito d’industria è sicuramente accompagnato e accresciuto dalla presenza della ferrovia che lancia lo sviluppo dell’intero territorio. I paesi che sono attraversati dalla ferrovia in questa fase riescono meglio di altri a lanciarsi economicamente.

 

Balsorano ai primi del ‘900.

 

I risvolti positivi di questa prima dinamica economica si osservano nelle cittadine come Avezzano, Tagliacozzo, Magliano, Celano ecc, che vengono strutturandosi come piccole realtà decorose e più avanzate rispetto ai tanti contesti sociali presenti nel sud Italia. Prova di questa fase positiva è anche l’andamento demografico nettamente buono e in forte crescita.

 

Celano ai primi del ‘900.

 

Certo detto così sembrerebbe che il territorio marsicano sia in questa fase come la Svizzera, e non è così in quanto perdurano molte sacche di povertà, presenti sia nelle città più produttive della Marsica che oltre e soprattutto in quei paesi un po’ fuori dal circuito più produttivo. Molti di questi paesi ancora vivono di agricoltura e pastorizia. Ciò vuole anche dire persone che fanno i pecorari, che vivono con i loro greggi di pecore, che portano a pascolare queste d’inverno nella campagna romana per fare ritorno al paese in estate.

Ciò vuole dire famiglie spezzate per buona parte dlel’anno, quindi bambini che edono i loro padri o fratelli maggiori solo in inverno. Questa vita così dura non tutti la sopportano anzi molti preferiscono emigrare in cerca di fortuna andando in America del sud (Argentina o Brasile) o America del nord (USA e Canada).

 

 

– Santa Jona a inizio secolo

Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

A inizio secolo Santa Jona è un paese di agricoltori e pastori, dove la totalità delle persone è ancora ignorante. Chi dirige in un certo senso il paese sono poche persone e tra questi c’è il prete giudicato da tutti la persona migliore del paese in quanto uomo di Dio e uomo dotto.

Molte persone del paese tendono ad emigrare soprattutto verso il Canada o gli USA, gli altri invece fanno gli agricoltori o i pastori. E fare il pastore comporta sacrifici enormi per se stessi e le famiglie che ruotano intorno a queste persone.

 

 

– La torre di Santa Jona a inizio secolo

La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

La torre di Santa Jona come avvenuto in passato è solo un piccolo monumento che adorna il paese, ma che non serve più a nessuno. E’ però anche muto testimone del passaggio della storia e dei secoli trascorsi con le gioie e i dolori delle persone che si sono succedute nel tempo.

Una nota in più da dire è riguardo alla struttura della torre, infatti se potessimo fare un viaggio indietro nel tempo e venissimo come turisti a Santa Jona, troveremmo un torre più alta di oggi e con una merlatura come base di camminamento. Quindi una struttura completa proveniente direttamente dal medioevo non ancora intaccata dal terremoto che sta per arrivare.

 

 

– Terremoto di Rosciolo (1904)

 

Nel 1904 un violento terremoto con epicentro nel paese di Rosciolo interessa l’area dei Piani Palentini e della catena del Velino – Sirente. Il sisma per fortuna non produce vittime, ma solo danni e tanta paura. I danni principali si concentrano nei paesi di Rosciolo, Magliano e Scurcola e con minori effetti con danni più leggeri anche nei centri abitati del Velino Sirente come Alba Fucens, Forme, Castelnuovo, Massa d’Albe.

 

 

– I danni del terremoto di Rosciolo a Santa Jona

Come detto il sisma pur essendo abbastanza importante non produce per fortuna danni importanti, che comunque si registrano in diversi paesi tra cui anche a Santa Jona. Al momento non abbiamo dati precisi in merito, ma che il sisma abbia prodotto qualche danno anche qui è quasi certo vista la forza sprigionata.

 

 

– Terremoto di Gioia dei Marsi del 1915

 

Il 13 gennaio 1915 un altro tremendo e più devastante terremoto si verifica nella Marsica manifestandosi con una forza spaventosa pari a 7 Mw con epicentro nella Piana del Fucino, precisamente presso Gioia dei Marsi.

 

Il castello Colonna crollato dopo il sisma

 

Il terremoto si verifica la mattina presto verso le 8:00 producendo un’immane tragedia a tutti i paesi che si affacciano sulla piana fucense e nelle valli circostanti. Tutti questi paesi vengono rasi al suolo con una conta dei morti spaventosa.

 

L’antica chiesa di San Bartolomeo venuta giù con il terremoto del 1915

Le rovine di Avezzano dopo il sisma

 

Il maggiore disastro riguarda Avezzano che viene rasa al suolo, con una conta dei morti spaventosa pari a 10000 persone decedute su 13000 abitanti residenti. Muoiono tutti i maggiorati della città.

 

Effetti del terremoto a Cerchio

 

Il terremoto di Gioia dei Marsi per la sua potenza distrugge tutta la Marsica facendo sentire i suoi effetti in tutto il centro Italia. Persino Roma avverte il terremoto in modo violento riportando diversi danni all’interno dell’abitato.

 

Effetti del terremoto di Gioia dei Marsi a Magliano dei Marsi

 

Tornando alla Marsica oltre al Fucino abbiamo la Valle del Giovenco, la Vallelonga,  la Valle Roveto, i Piani Palentini  e l’Altopiano delle Rocche che sono investiti in pieno dall’onda sismica riportando disastri enormi. Invece la zona occidentale riporta danni molto più contenuti e ciò vale sia per Tagliacozzo che per la Piana di Carsoli.

 

 

– Effetti del sisma su Santa Jona

Come visto il grave terremoto di Gioia dei Marsi coinvolge tutta la Marsica con danni enormi al contesto abitativo e quello storico artistico, ma soprattutto si registra un numero altissimo di morti.

E Santa Jona?

Santa Iona sul piano edilizio riporta danni molto gravi all’abitato e al centro storico con l’antica chiesa di Santa Eugenia distrutta e gravemente danneggiata l’altra, la cinquecentesca chiesa di Santa Maria delle Grazie, che riporta gravi danni strutturali. La torre medievale invece pur riportando danni importanti rimane in piedi. Sul piano umano si registrano diversi morti tra la popolazione.

 

 

– L’Italia nella grande guerra (1915)

Gli schieramenti iniziali europei prima della grande guerra. (Immagine da Wikipedia)

 

Nel 1915 l’Italia sigla il cosidetto Patto di Londra con Francia e Inghilterra, nel quale si parla dei territori che l’Italia acquisirebbe in caso di successo nella guerra contro gli Imperi centrali a cui il paese si è stato legato per molto tempo. Il governo italiano dopo varie riflessioni decide di scendere in guerra a fianco di Francia e Inghilterra. L’Italia dichiara guerra ad Austria e Germania.

Vengono così richiamati al fronte centinaia di migliaia di giovani atti alla guerra. Dalla Marsica partono tutti i giovani maschi sopravvissuti al terremoto di gennaio e atti alla guerra. La tragedia è dietro l’angolo. Di colpo a Balsorano rimangono solo donne, bambini e anziani lasciati soli nell’immane sforzo di farsi forza a vicenda e ricostruire il paese. Gli altri partono.

 

 


 

 

– La fine della 1 guerra mondiale e l’arrivo della Spagnola

Siamo nel 1918 e la guerra pur continuando sembra iniziare a spegnersi, perchè spente sono le nazioni dopo  5 anni di orribile conflitto. C’è voglia di pace, ma senza perderci la faccia. Comunque vada la situazione generale in borghi come Ovindoli, Massa d’Albe sembra andare un po’ meglio. Dal fronte le notizie sulle morti dei giovani in guerra si attenuano, ma la ricostruzione dei borghi più grandi procede lenta e ferma è quella delle frazioni come Santa Jona. La gente vive nelle baracche, e una nuova calamità si affaccia nella Marsica e nel mondo, la Spagnola !!!

Nella zona di Ovindoli, Massa d’Albe, ecc, borghi che hanno subito nel sisma del 1915 gravi perdite umane con gravissimi danni strutturali, la vita è assai difficile nel 1918 e poi c’è la Spagnola che in pochi mesi uccide molte persone soprattutto tra le giovani donne intorno a 20 anni.

Gli scampati all’epidemia decidono di andare via rifugiandosi in luoghi giudicati più salutari come nelle campagne. Passato del tempo l’epidemia inizia a declinare fino a scomparire lasciando molti lutti dietro le spalle. La tragedia per fortuna finisce così come l’odiosa guerra che si conclude con la sconfitta degli Imperi centrali e la vittoria delle forze dell’Intesa compresa L’Italia.

 

 

– Il Congresso di Versalilles del 1919

 

L’Europa nel 1919.

 

Il congresso di Versailles del 1919 crea una nuova cartina politica europea e mondiale sancendo la vittoria dei paesi vincitori. Tutti quanti però sia quelli usciti vincitori che gli sconfitti sono sfiniti economicamente e politicamente e tutti compresi l’Italia devono affrontare anni assi difficili.

 

 

– L’Italia negli anni 20 e 30

L’Italia nel 1919.

 

L’Italia uscita dal 1 conflitto mondiale è un paese vittorioso, ma sprofondato in un enorme crisi sociale e industriale. La crisi dapprima travolge diverse industrie, poi si allarga alle banche che falliscono una dietro l’altra, poi è la volta della gente che vede i propri risparmi andare in fumo. La crisi divenuta sociale travolge infine il sistema politico che collassa nel 1922.

Al suo posto emerge il regime fascista con a capo Benito Mussolini, che prende il potere nel 1922 e lo mantiene per 20 anni. Mussolini sul piano economico e sociale cerca di creare uno stato pienamente indipendente dall’estero applicando perlopiù un ‘economia di stato. Ciò fa risorgere l’Italia che torna dopo diversi anni a una certa tranquillità sociale, ma sprofonda in una dittatura sempre più dura.

 

L’impero coloniale italiano nel 1936 riprodotto su un muro di Aielli Stazione.

 

Sul piano estero l’Italia fascista pur in ritardo rispetto agli altri paesi europei cerca di costruire il suo impero coloniale prima riconquistando il completo controllo della Libia che viene allargata territorialmente (1929-31) e poi conquistando l’Etiopia nel 1936. Ciò sancisce l’apice del regime fascista e del consenso interno. Ma la presa di distanza di Inghilterra e Francia spinge l’Italia nell’abbraccio mortale tedesco e nel conseguente sfacelo del paese che sacrifica se stesso in virtù di consistenti benefici economici e territoriali.

In realtà l’abbraccio mortale dei fascisti con i Tedeschi porta alla vendita dell’anima italiana con le tragiche e stupide leggi Razziali del 1938. Infine la cecità politica del regime ormai completamente asservito ad Hitler porta Mussolini ad entrare nella seconda guerra mondiale nel 1940. Ci si avvia  insomma ad un nuovo sfacelo.

 

 

– La ricostruzione di Santa Jona negli anni del Fascismo

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Negli anni ’20 finalmente un anelito di ricostruzione coinvolge anche Santa Jona, che tuttavia soffre della posizione isolata in cui si trova. I soldati tornati dal fronte si ricongiungono con le famiglie e insieme e affrontano i duri anni ’20.

Nel frattempo la nuova presenza politica del Fascismo, nonostante tutti i gravi difetti che si porta dietro, cerca comunque di far procedere l’Abruzzo e la Marsica verso una ricostruzione post sismica quanto più veloce possibile. Nelle frazioni come Santa Jona le strade e le strutture principali vengono pian piano ricostruite, ma si verifica un forte rallentamento nella ricostruzione dei luoghi aggregativi, a cominciare dalla chiesa del paese. Entrambe le antiche chiese presenti nel paese risultano praticamente distrutte e anche l’antica torre pur rimanendo in piedi mostra gravi problemi.

 

 

– La Torre negli anni del Fascismo

    La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Nessun terremoto ha creato tanti problemi alla struttura della torre come quello del 1915, che però grazie alla sua struttura robusta e alla sua base su pietra ha resistito bene al sisma. Ma la struttura non viene per nulla riparata, lasciando passare diversi decenni d’incuria prima che qualche provvedimento venga preso.

 

 


 

 

– L’Italia nella seconda guerra mondiale 1940-43

Nel 1940 l’Italia, guidata dal “grande genio Mussolini”, entra in guerra a fianco della Germania pensando di vincere velocemente e mettersi dietro al tavolo dei vincitori per spartirsi i territori ricavati da una guerra veloce. NON E’ COSI’!!!

 

Esercitazione militare fascista a Carsoli nel 1938

 

In tutti i borghi e città d’Italia l’inizio della guerra significa doversi armare e partire. Da Ovindoli e da Santa Jona così come da altri centri della Marsica, molti giovani sono costretti a partire per il fronte dopo l’arrivo della cartolina di precetto.

I giovani che partono separano famiglie giovani e famiglie più anziane. Anziane madri che piangono mariti e figli, le donne giovani sposate con figli piangono i mariti in partenza perchè si rendono conto dei gravi patimenti.

 

Manifestazione fascista a Balsorano nel 1941

 

Il regime fascista locale fa sfoggio di sicurezza e fino al 1942 continuano le adunate e le varie manifestazioni fasciste locali. Questi saranno le manifestazioni tragico comiche di un regime ormai morente.

 

 

– La svolta dolorosa, il 1943

Dopo tre anni di guerra l’Italia perde su tutti i fronti e i ragazzi di Cappadocia partiti per la guerra in gran parte non fanno ritorno alcuni muoiono sul fronte greco-albanese, altri cadono per il freddo intenso mentre affrontano con altre migliaia di giovani la campagna di Russia (operazione Barbarossa, che dovrebbe essere ridefinita “operazione suicidio”). Altri ancora sono fatti prigionieri in Africa. Però qualcuno di loro poi riesce a tornare

Siamo al luglio del 1943 e gli Alleati arrivano anche ad invadere l’Italia  partendo dalla Sicilia. Ciò porta al crollo diretto del fascismo e più avanti del regime monarchico con la fuga del re. Contemporaneamente, la Germania invade l’Italia da nord fino al basso Lazio (settembre 1943) dove viene instaurata la Linea Gustav fra l’Italia antifascista e l’Italia tedesca.

Nei successivi mesi, tra l’ottobre del ’43 e il giugno del ’44, Tedeschi e Alleati combattono intorno a questa linea. Precisamente intorno all’abbazia di Montecassino.

La Marsica sta li vicino e i Tedeschi si accorgono che la zona è al centro dell’Italia e a metà dalla costa adriatica e tirrenica e quindi ottima come base.

I Tedeschi infatti instaurano il loro quartier generale vicino Alba Fucens, perchè si accorgono che questo luogo è il centro d’Italia e da qui si può arrivare ovunque, ma anche fuggire ovunque. Precisamente è Massa d’Albe il quartier generale, mentre l’antico castello di Alba torna fortezza. Qui vi sono inserite mitragliatrici per rispondere alla contraerea alleata. Altra sede importante occupata dai Tedeschi è Avezzano dove anche da qui operano il controllo del centro Italia.

 

 

– I Tedeschi autentici aguzzini (novembre – dicembre 1943)

I Tedeschi nel loro comportamento di controllo e polizia del territorio rovetano marsicano producono molteplici danni e crimini contro la popolazione inerme divertendosi a stressarla. Poi ad un certo punto avendo necessità  essi stessi di viveri, uomini e alloggi, non si fanno scrupoli a sacrificare la popolazione.

Dapprima passano per i paesi per catturare uomini adatti ai lavori, poi procedono ad occupare alcune case per la necessità di alloggi. Insomma lo stress e la paura della popolazione è enorme. A tutto questo si aggiungono i primi bombardamenti alleati. Per certi versi sembra quasi che Tedeschi e Alleati si siano messi d’accordo per fare a pezzi la popolazione.

 

 

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1944

 

– La guerra a ridosso della Marsica (gennaio-aprile 1944)

Tra gennaio e febbraio 1944 i Tedeschi decidono di allestire una seconda linea difensiva parallela alla Linea Gustav. La nuova linea difensiva si allestisce lungo un tratto che, partendo più su di Case Cipriani, scendeva al fondo valle e risaliva verso Sant’Onofrio e monte Cornacchia. La  nuova linea difensiva viene quindi a passare anche al di sopra di Tre Ponti, in località Ciammorrone, dove viene allestito un nuovo fortilizio centrale che nelle intenzioni tedesche dovrebbe fermare l’avanzata degli alleati verso nord. Il nuovo confine difensivo viene ad includere anche un enorme costone roccioso dal quale si domina la valle Roveto, ma anche la valle del Cimino.

Nelle intenzioni del Comando di guerra germanico questa linea difensiva dovrebbe rappresentare una seconda Cassino, ma lo sbarco di Anzio ad occidente e lo sfondamento di Orsogna ad oriente, da parte degli anglo americani, rendono vano il massiccio baluardo.

Resta comunque il fatto che questo baluardo viene in parte realizzato e il tutto a spese della popolazione maschile di Balsorano, che con una manovra coercitiva viene in parte catturata e messa a lavorare all’opera. La linea di guerra è quindi a ridosso del confine marsicano rappresentato da Balsorano.

Nei mesi in cui ciò avviene abbiamo che ad alcuni km di distanza da Santa Jona si combatte la grande battaglia di Montecassino, che coinvolge seppure per fortuna in modo modesto anche il territorio della Valle Roveto.

A Cassino passa la linea Gustav e qui i Tedeschi hanno concentrato molte divisioni di difesa e rafforzato i territori e  colli retrostanti la linea prima, tra cui Balsorano. In questo modo gli Alleati si trovano davanti un muro portentoso che rallenta la loro marcia di risalita. Gli Alleati tentano in tutti i modi di sfondare questa linea tedesca, ma i Nazisti respingono bene i primi assalti alleati, che hanno gravemente sottovalutato il territorio montuoso italiano e la capacità di resistenza tedesca, trasformando quella che doveva essere una facile vittoria in una guerra di logoramento sotto l’Abbazia di Montecassino.

Proprio l’Abbazia di Montecassino diventa l’emblema di questa battaglia, da un lato ci sono i Tedeschi che pur rispettando l’inviolabilità del luogo ne fanno un punto di osservazione e dall’altro gli Angloamericani che pensano di trovarsi davanti una grande fortezza nemica piena di uomini e mezzi di combattimento.

 

 

– La guerra e i Tedeschi a Santa Jona

A Santa Jona ogni giorno passano mezzi tedeschi diretti o all’altopiano delle Rocche dove vi è una grande base tedesca allestita presso Palazzo Torlonia a Ovindoli definito il nido dell’Aquila. Da qui è possibile scorgere l’intero territorio fucense. Santa Jona è un punto di collegamento anche con il comune di Massa d’Albe. Qui è presente il comando della X armata tedesca che controlla la Linea Gustav.

Santa Jona piccolo villaggio montano, pullula di polizia tedesca e vivere qui per la popolazione locale è un vero incubo, poichè i Tedeschi in alcuni momenti diventano veramente bastardi con la gente. Si comportano male terrorizzando la popolazione con comportamenti al limite della decenza.

 

 

 – Arrivano i bombardamenti

Bombardamento alleato su Avezzano tra gennaio e maggio 1944

 

Gli Alleati dietro la Linea Gustav premono per oltrepassarla e decidono di sferrare attacchi dal cielo contro le postazioni tedesche con bombardamenti dall’alto e poco importa se qualche bomba fa strage di civili, fa parte del gioco…

  

Crateri dei bombardamenti ad Avezzano (1944)

 

Nella Marsica i bombardamenti iniziano a dicembre 1943, ma è da gennaio 1944 che questi s’intensificno. Sono tanti i bombardamenti che i paesi e la popolazione devono subire, come ad Avezzano che essendo il comune più popoloso si pensa bene di bombardarla maggiormente, insieme ad altri centri ritenuti vere roccaforte naziste.

 

Carsoli 1944: resti di strutture bombardate.

 

A causa di ciò la popolazione abbandona precipitosamente le case sia ad Avezzano che nei paesi per trovare riparo o sulle montagne o negli antichi borghi venuti giù con il terremoto del 1915.

 

 

 

– I crimini tedeschi a Capistrello: 20 marzo 1944 – la vicenda di Pietro Masci e Giovanni Barbati

Verso la fine di maggio e inizio giugno 1944 gli Alleati si fanno sempre più forti e i Tedeschi sono ormai sul punto di soccombere. Iniziano per i Tedeschi giorni di passione, in quanto sanno che ormai stanno per perdere in questa lunga battaglia. Il loro compito a questo punto è di resistere e guadagnare tempo, per consentire ai loro di ritirarsi in modo più sicuro possibile. Ma i Tedeschi quasi in ritiro si divertono a commettere diverse atrocità contro la popolazione, come avvenuto a Capistrello.

Capistrello come in tutta la sua storia è zona di passaggio obbligato per la Valle Roveto è naturalmente molto presidiato dai tedeschi. Qui i tedeschi compiono alcuni atti barbari contro la popolazione inerme come il fatto perpetrato al giovane Pietro Masci di Capistrello il 20 marzo 1944.

La vicenda è bruttissima e tristissima allo stesso tempo. Ciò che i truci tedeschi hanno compiuto contro l’inerme ragazzo è un vero e proprio crimine di guerra. Il fatto criminoso vede protagonista il giovane Pietro Masci e l’amico Giovanni Barbati. La famiglia Masci si trova costretta dai Tedeschi a dover ospitare in casa sergente tedesco Joseph Breitner.

Questi denuncia i giovani Pietro Masci e Giovanni Barbati di avergli rubato le sigarette in modo continuo. Masci e Barbati una volta accusati dal sergente sono interrogati nel locale comando tedesco alla presenza del tenente Nebgen Haing e del traduttore Enrico D’Armoneco di Bolzano. Masci confessa al contrario dell’amico, tuttavia entrambi sono condannati a morte e condotti davanti al plotone di esecuzione lungo una strada di campagna che conduce alla frazione di Pescocanale.

Giovanni Barbati risce a fuggire e mettersi in salvo gettandosi in un dirupo e fuggendo tra la fitta vegetazione. Piero Masci invece prima di essere fucilato è seviziato dai tedeschi che giungono in modo barbaro a strappargli i testicoli ed il pene.

 

 

– La fine della 2 guerra mondiale nella Marsica e In Italia centrale (giugno 1944)

Arriviamo ora alle battute finali di questa lunga guerra di terra e di trincea. Siamo al 29 maggio e gli Alleati stanno dilagando nel territorio dell’Abruzzo e del Lazio dopo aver avuto la meglio sui Tedeschi che sono ora in fuga ma s’inventano di tutto per rallentare gli Alleati. Da parte alleata s’intensificano i bombardamenti per arrestare la fuga tedesca. In questo gioco al massacro è la popolazione civile a rimetterci con morti e feriti. Massicci bombardamenti si hanno tra il 29 maggio e il 6 giugno, vengono distrutte molte case a Balsorano e frazioni.

L’esatto numero d’incursioni di alleati e tedeschi in fuga non si conosce, ma i danni a persone e abitazioni sono numerosi. Quel che si sa con sicurezza è che le località, densamente abitate in questo periodo sono vicino a Ciammarone, luogo fortemente fortificato dai tedeschi che ha rallentato per diversi giorni gli Alleati e che ora è in mano alleata dopo massicci interventi militari.

Alla fine della guerra a Balsorano sono contate una ventina di salme di soldati tedeschi, seppelliti alla meglio nei campi. Qualche decennio dopo le salme sono dissotterrate a cura dell’Ambasciata tedesca a Roma e sepolte nell’apposito cimitero di Cassino.

Dopo accaniti scontri fra Alleati, Antifascisti e Tedeschi vincono i primi che all’inizio di Giugno sfondano la linea Gustav e penetrano nell’interno del Centro Italia liberandola dalla morsa tedesca.

Roma viene liberata dai barbari Tedeschi il 4 giugno

 

Liberazione di Roma da parte alleata il 4 giugno 1944

 

 

– La Marsica è liberata!!! (4-12 giugno 1944)

All’inizio gli Alleati raggiungono la Marsica il 4 giugno arrivando a Balsorano. Qui gli Alleati sospendono i bombardamenti e ascoltano alcune persone locali, che l’informano del veloce ritiro tedesco, che ha lasciato o sta lasciando la Marsica. Inizialmente gli Alleati sono restii a credere questo, quindi prendono tempo e si accertano dell’identità delle persone che li hanno informati.

Nonostante ciò  però qualcuno verso le 12 del 4 giugno cannoneggia la zona di grotta S. Angelo, dove vi sono molti civili che hanno trovato rifugio presso la grotta. Quasi per miracolo le cannonate non producono danni alle persone rifugiate nella grotta (c’era qui mezza Balsorano).

 

Cannone statunitense presente a Balsorano nel 1944, probabilmente usato nei giorni di giugno 44 per liberare la Marsica dai Nazisti.

 

Dopo quest’ultimo incidente??? la popolazione di Balsorano capisce che la situazione è cambiata e piano piano ritorna nei paesi di origine a cominciare dalla distrutta Balsorano.

Il giorno 6 giugno 1944 una armatissima pattuglia di soldati neozelandesi, a bordo di camionette, entra nella piazza centrale di Balsorano, accolta con soddisfazione dalla gente, che capisce in modo definitivo che sono terminati i patimenti.

Nel frattempo il resto della popolazione rifugiatasi tra le montagne torna in paese. Ai bambini che guardano incuriositi i militari neozelandesi, sono date tavolette di cioccolata e agli adulti sono regalate un po’ di sigarette. A Balsorano nel frattempo rientra Giuseppe Bifolchi il quale, qualche giorno dopo, occupa la poltrona di primo cittadino.

La Marsica viene poi completamente liberata dai Tedeschi tra il 7 e 12 giugno. E’ l’inizio della rinascita.

 

 

– Ovindoli e Santa Jona durante la liberazione

Ovindoli negli anni 1940-44

 

Come tutti i paesi della Marsica i militari Alleati e gli Antifascisti liberano l’intera zona compresi i paesi di Ovindoli e Santa Jona. Nei giorni della liberazione ogni persona presente fa festa con i militari che offrono caramelle e cioccolatini ai bambini e sigarette agli adulti.

Santa Jona vede tornare molte persone che erano fuggite sulle montagne per difendersi dai bombardamenti alleati e dalle sopraffazioni tedesche. Ora finalmente l’incubo è finito!!!

 

 


– La Torre di Santa Jona nel 1944

La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Dopo la fine dell’occupazione tedesca si pensa a ricostruire il paese e a ricominciare a vivere. Per fortuna di danni alla torre di Santa Jona alla fine del periodo di occupazione non ci sono, ma persistono i danni arrecata alla struttura dal terremoto del 1915.

 

 

 

– 12 giugno 44 – agosto 45

Successivamente tra il resto del 1944 e la prima metà del 1945 la guerra termina con la definitiva sconfitta dei Nazifasciti. L’Italia è liberata il 25 aprile 1945, e Mussolini catturato mentre fuggiva in Svizzera il 27 aprile viene fucilato la mattina dopo mettendo fine a 23 anni di sofferenze e privazioni di libertà. L’Italia è finalmenrte libera!!!

Negli stessi giorni i Russi raggiungono Berlino e trovano presso il rifugio di Hitler il suo corpo riverso a terra. Hitler si era suicidato poco prima (30 aprile).  In Agosto gli Americani lanciano due bombe nucleari sul Giappone, costringendo alla resa anche i Giapponesi.

 

 


 

 

– Dalla monarchia alla Repubblica in Italia e la ricostruzione di Cappadocia

Nel 1944 con la liberazione di Roma, anche se l’Italia non è ancora libera dal Nazi-Fascismo, si procede verso un periodo di transizione  secondo l’idea dei governanti italiani, esponenti dei partiti antifascisti. Il primo passo in questo senso è il passo indietro di Vittorio Emanuele III re di un mondo crollato che non rappresenta più nessuno, che però è ancora ufficialmente il re.

 

Il vecchio re Vittorio Emanuele III.

(Immagine da https://www.storiologia.it/biografie/vittorioem3.htm)

 

Vittorio Emanuele si ritira a vita privata, non abdicando ufficialmente, e nomina il figlio Umberto  quale luogotenente generale del Regno d’Italia, che in pratica viste le circostanze è più un’abdicazione che altro, ma formalmente rimane re. Non riconoscere i propri limiti significa non avere coscienza di ciò che ha portato all’Italia con il suo modo di fare.

Vittorio Emanuele III può in questo momento ancora salvare la monarchia, ma preferisce per egoismo farsi da parte solo praticamente e non formalmente. In questo caso la forma è sostanza, ma ci pensa Umberto a chiarire le cose nella pratica iniziando seppure informalmente il suo ruolo di re d’Italia.

 

Il re-luogotenente d’Italia Umberto II (1944-46)

 

Con l’ascesa di Umberto al potere si avvia il periodo di ricostruzione istituzionale dell’Italia che terminerà due anni dopo con il referendum. Mentre l’Italia viene via via liberata, le varie zone d’Italia già libere iniziano dapprima la conta dei danni e poi piano piano la ricostruzione. Ciò è vero anche nella Marsica dove si procede da una parte nella ricostruzone e nell’altra nella ripresa della lotta al principe Torlonia per la questione delle terre fucensi.

A Cappadocia dove la lotta per le terre del Fucino non interessa non riguardando direttamente il suo territorio si procede nell’immediata ricostruzione, a cominciare dalla rete viaria gravemente danneggiata dai Tedeschi in fuga. Come detto sopra nell’aprile del 1945 l’Italia è libera e Mussolini viene trucidato su ordine del Comitato di Liberazione. Pochi mesi dopo la guerra termina.

 

Umberto diventa re d’Italia in modo formale il 9 maggio 46

 

Infine s’indice il referendum per il 2 giugno 46 per scegliere lo status istituzionale fra monarchia e repubblica. In questo senso abbiamo l’ultimo atto di Vittorio Emanuele che abdica il 9 maggio 46 in favore del figlio Umberto che diventa ufficialmente re Umberto II (9 maggio 46).

 

Immagini simbolo del passaggio dell’Italia da monarchia a repubblica.

 

Il referendum istituzionale avviene il 2 giugno 1946 tra una grande partecipazione pubblica. I dati del referendum ci mettono diversi giorni per essere accertati, ma infine sono trasmessi e viene sancita la nascita la nascita della Repubblica (12 giugno).

Il 13 giugno Umberto II lascia l’Italia che diventa in automatico repubblica. A questo punto temporaneamente i poteri di capo dello stato sono assunti dal 1 ministro De Gasperi. Nel frattempo il paese viene via via ricostruito e la stessa cosa avviene anche nella Marsica dove si cerca il più velocemente possibile di riparare la rete viaria e ferroviaria.

 

 

– Ovindoli e Santa Jona  nel 1945-80

La Marsica uscita dalla guerra è una zona distrutta con enormi problemi strutturali dovuti alla distruzione della rete ferroviaria e stradale, per non parlare poi dei problemi delle abitazioni danneggiate durante la guerra. Ovindoli e Santa Jona sono borghi che prima della guerra avevano fatto qualche passo in avanti e Ovindoli aveva visto per la prima volta la nascita nel corso degli anni ’30  duiuna prima forma di turismo invernale presente soprattutto da Roma e ciò grazie alla presenza della Ferrovia.

Nel 1945 s’inizia a ricostruire tutto sia le strade che le ferrovie. I paesi sono presi da lavori edilizi per la costruzione di nuovi fabbricati. Insomma si ricomincia e la gente riprende mano a mano i lavori tradizionali della zona. Dopo qualche anno anche la questione fucense si risolve grazie alle forti proteste della popolazione locale verso i sorprusi dei Torlonia, che avevano sfruttato il Fascismo per meglio controllare i contadini, ma ora questi sono liberi e vogliono farsi rispettare. Nel 1950 dopo anni di proteste e forti contrasti le terre fucense sono assegnate ai contadini e tolte ai Torlonia.

 

Ovindoli nel 1951

 

Come avviene la ricostruzione nel resto della Marsica anche il comune di Ovindoli registra un forte sviluppo edilizio con la ricostruzione delle strade interne e provinciali. Anche le sue due frazioni di San Potito e Santa Jona vedono una ricostruzione dei loro abitati.

 

La nuova chiesa di Santa Maria di Collemarciano oggi ricostruita nel 1950. (Immagine personale)

 

A Santa Jona poi oltre alla ricostruzione dell’abitato, si procede anche e finalmente alla  ricostruzione dell’antica chiesa di Santa Maria delle Grazie. La chiesa, a differenza dell’altra chiesa di S. Eugenia completamente crollata,  risulta semidistrutta dal sisma del 1915, poichè alcune sue parti originali si sono salvate.

Ma la struttura, già ricostruita una prima volta nel 1728 a seguito del parziale crollo dovuto al sisma dell’Aquila del 1703, viene ora ricostruita nel 1950-51 una seconda volta strutturandosi sul modello settecentesco. La chiesa viene poi inaugurata successivamente con il nuovo nome di Santa Maria di Collemarciano.

Nonostante tutto ciò però l’economia locale della Marsica stenta a decollare e ciò porta notevole malessere sociale in tutti i paesi della zona, specie tra i giovani. Alla fine questi vinti dalla disperazione decidono di emigrare a partire dai primi anni ’50 all’inizio verso i paesi del nord America (USA e Canada) e del nord Europa e poi a partire dal 1958 verso le più dinamiche città del nord Italia dove nel frattempo è esploso il boom economico.

 

 

Ovindoli nel 1962

 

Ovindoli negli anni ’50 e poi ’60 investe molto nel turismo invernale, ma questo non riesce ancora a dare i risultati sperati, portando i giovani locali ad andarsene. Il comune di Ovindoli nel 1951 conta 2421 unità che diminuiscono a 1900 nel 1961 e addirittura divengono 1371 nel 1971. Insomma un trend molto negativo di persone in fuga dalla montagna. Montagna che sicuramente muove i primi passi del turismo che si viene riorganizzando dopo lo stop della guerra.

Il tutto come detto è avviato negli anni ’50 e si viene consolidando negli anni ’60, ma è solo dagli anni ’70 con l’apertura delle nuove autostrade A24 e A25  che il turismo di montagna inizia a decollare.

 

Ovindoli nel 1974

 

Certo il ritorno economico e la consistenza dei profitti per le famiglie locali non permettono ancora un possibile ritorno di chi è andato via, ma sicuramente si viene a creare una nuova dimensione lavorativa e quindi una concreta occasione di ritorno.

In tutto questo il paesello di Santa Jona segue la corrente con persone che vanno via per andare in altri paesi come il Canada e in altre città italiane. Molti però preferiscono trasferirsi a Roma dove comunque la vita è nettamente migliorata e i servizi stanno facendo boom. Ma soprattutto la distanza è minore e ciò permette un continuo interscambio tra i paesi e la città. Ad un certo punto addirittura la Marsica sembra divenire una sorta di periferia romana più che essere parte della provincia aquilana.

 

Ovindoli a metà anni ’80

 

Nel corso degli anni ’80 poi arriva il boom marsicano legato non solo all’esplosione del turismo di montagna, che non riguarda solo Ovindoli, che però fa da apripista e locomotore, ma sono tutta una serie di nuove e piccole aziende che nascono nell’area marsicana.

Queste si vengono concentrando in alcuni piccoli, ma ben strutturati centri industriali, come Avezzano, Carsoli, Scurcola con Cappelle, Celano ecc. Si crea così una vera e propria grande area industriale che pian piano porta ad una grossa spinta occupazionale locale, riuscendo per lungo tempo a frenare in modo forte l’emigrazione del posto.

Il paese di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Santa Jona in questo contesto, pur essendo un paese incastonato fra le montagne e quindi un po’ fuori dai circuiti economici più importanti, riesce comunque a rialzarsi evitando innanzitutto un completo spopolamento e poi piano piano con un lungo lavoro inizia a vedere la nascita di alcune minuscole ma significative attività commerciali.

La sopravvivenza di Santa Jona è però legata a doppio filo allo sviluppo del comune di Ovindoli di cui fa parte. La stesso Ovindoli partita come un piccolo paese di montagna dopo la guerra, diventa nell’arco di pochi decenni uno dei maggiori paesi turistici di sport invernale in Italia.

 

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Santa Jona dagli anni ’90  inizia a divenire una sorta di area di transito e ristorazione per i turisti di montagna, prima d’inoltrarsi nello splendido scenario dell’Altopiano delle Rocche. Ciò porta un nuovo sviluppo e possibilità di miglioramento del piccolo paese.

S’inizia così un lento ma costante lavoro di recupero e valorizzazione del piccolo paese partendo dapprima dalla rivalorizzazione e restauro della chiesa locale e poi ci si allarga all’intero centro storico, cominciando dalla torre locale a partire dagli anni ’90, in quanto punto fondamentale del piccolo paese marsicano.

 

 

– La torre di Santa Jona: Il restauro di fine novecento

La torre di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

A fine secolo quindi dagli anni ’90 si parla con insistenza del restauro della torre di Santa Jona. Questo è un argomento messo in evidenza sia dai cittadini del borgo, che dal comune di Ovindoli. Tuttavia il restauro risulta molto costoso e anche un comune come Ovindoli ha problemi a reperire i fondi che occorrono per il restauro della torre. Ma il discorso si attiva e finalmente si stende il piano di recupero di questo bene storico.

 

 


 

 

 

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XXI secolo

 

– Il borgo di Santa Jona nel XXI secolo

Scorcio del paese di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

Con il nuovo secolo il borgo di Santa Jona continua nella ristrutturazione complessiva del suo abitato già iniziata negli anni ’80 e ’90. La ristrutturazione del borgo consente un ripensamento delle strutture presenti e di quelle mancanti.

 

La chiesa di Santa Maria di Collemarciano oggi. (Immagine personale)

 

Viene migliorato il parco del paese, la chiesa di Santa Maria di Collemarciano, l’antico lavatoio e nonostante il perdurare di una bassa presenza di persone residenti il paese comunque viene creando nuove iniziative culturali diventando piano piano un punto di riferimento e di sosta di un certo rilievo.

 

Il parco di Santa Jona con la sua bella fontana al centro.(Immagine personale)

 

Una delle piazze principali del paese. (Immagine personale)

 

Il terremoto del 2009 dell’Aquila pur creando problemi all’abitato, rallentando per qualche tempo il recupero edilizio del centro storico, non spezza l’operazione di rilancio del paese, che dopo questa breve fase legata a questo terremoto, continua in modo energico negli anni 2010.

 

Scorcio di Santa Jona oggi. (Immagine personale)

 

 

Negli anni 2010 si provvede al completamento della ristrutturazione dell’antica torre del paese trasformando questa in un luogo multiuso per la comunità locale.

 

 

– Ristrutturazione della Torre di Santa Jona (2007-2013)

 

La Torre di Santa Jona oggi. (Immagine pesonale)

 

La ristrutturazione della Torre medievale di Santa Jona è avviata nel 2007 e termina nel 2013. Il sisma dell’Aquila del 2009 non intacca la Torre, ma ne rallenta i lavori di restauro che terminano nel 2013.

 

(Immagine personale)

 

Il progetto di ristrutturazione della Torre viene in parte finanziato dall’Unione Europea e in parte dalla Giunta regionale 2007-13. Il progetto di ristrutturazione s’inquadra nel più largo progetto di rilancio turistico di questyo borgo della Marsica.

 

 

– Terremoto di Amatrice (2016-17)

Terremoti di Amatrice del 2016-17. (Immagine da Wikipedia)

 

Tra l’agosto 2016 e il gennaio 2017 una serie d’importanti scosse sismiche si succedono nel territorio del comune di Amatrice (AQ). Le scosse avvengono in una zona geologicamente distinta dall’area dell’Aquila interessata dal precedente sisma del 2009. La sequenza sismica non avviene in un unica ondata, in quanto dura diversi mesi interessando un settore ampio tra Abruzzo, Umbria, e Marche che viene colpito in più punti.

 

il centro di Amatrice distrutto dal sisma del 24-8-2016. (Immagine da Wikipedia)

 

Ma andiamo con ordine le prima sequenza con le prime scosse avviene il 24 agosto 2016 con un primo terremoto che si manifesta ad Amatrice con magnitudo 6 Mw che distrugge il paese. La seconda segue alcune ore dopo manifestandosi a Norcia con 5,3 Mw, che semidistrugge il paese.

 

Resti della basilica di San Benedetto di Norcia dopo il sisma del 30-10-2016.

 (Immagine da https://www.repubblica.it/topics/news/terremoto_norcia_30_ottobre_2016_-151107559/)

 

La seconda ondata di scosse avvengono a ottobre 2016 manifestandosi le prime due nella provincia di Macerata il 26 ottobre con la prima di magnitudo 5,4 Mw a cui segue la seconda poche ore dopo con 5,9 Mw. La terza e ultima scossa di quest’ondata è la più forte in assoluto manifestandosi con 6,5 Mw nuovamente nella zona di Norcia.

 

Resti dell’hotel di Rigopiano presso Farindola (Pescara) dopo la valanga azionata dai sismi del 18 gennaio 2017.

(Immagine da https://www.adnkronos.com/rigopiano-5-anni-fa-la-tragedia_4CPr4ZB31zttPPnJijQcxi)

 

La terza e ultima ondata di scosse avvengono il 18 gennaio 2017 manifestandosi con ben 4 scosse susseguenti con ciclicità di una ogni 2-3 ore circa comprese tra 5 e 5,5 Mw interessando l’area di Montereale, Capitignano e Cagnano Amiterno.

Tra tutte le tragedie avvenute in seguito a questa terza ondata ricordiamo la tragedia dell’hotel di Rigopiano presso Farindola (Pescara) dove un intero hotel in montagna viene travolto nel pomeriggio del 18 gennaio da una megavalanga azionatasi a distanza di qualche ora per i sismi della mattina del 18 gennaio. Per questa sola tragedia muoiono 29 persone e 11 sono miracolosamente uscite vive.

 

 

– Effetti dei sismi di Amatrice sulla Marsica e Santa Jona

Gli effetti dei “sismi di Amatrice” sulla Marsica  a parte i grandi spaventi sulla popolazione sembrano piuttosto pochi, pur manifestandosi con alcune situazioni in più punti del territorio marsicano. A Santa Jona gli effetti di questa ondata di terremoti sembra non abbiano arrecato danno alle abitazioni e alla popolazione.

 

 

– Il museo della Torre di Santa Iona (2017)

Mostra d’arte “Incontro d’arte” presso la torre medievale del paese nel 2017.

(Immagine da https://www.terremarsicane.it/a-santa-iona-un-grande-successo-con-incontro-darte/)

 

La torre di Santa Jona nel 2017 dopo la ristrutturazione degli anni precedenti non risulta aver subito alcun danno dai sismi di Amatrice, per cui risulta del tutto agibile e ciò è dimostrato anche dall’iniziativa della locale proloco che completa e valorizza il percorso di rinascita della torre medievale.

In pratica la torre diventa a partire dall’agosto 2017 sede di un piccolo museo d’arte che rilancia al livello culturale la struttura. La nuova funzione culturale si avvia nell’agosto 2017 con una prima esposizione di opere d’arte del XX secolo, che fanno parte di una collezione privata e fanno ben sperare per il futuro di questo luogo storico.

 

 


TORRE DI SANTA JONA