PIANI PALENTINI – INQUADRAMENTO GEOLOGICO APPROFONDITO


GEOLOGIA DEI PIANI PALENTINI


 

 

Approfonddendo qui l’aspetto geologico dei Piani Palentini si osserva che  la caratterizzazione del materiale che ritroviamo nei Piani Palentini riguarda una base calcarea e calcareo – dolomitica in facies di piattaforma del Lias medio – Miocene inferiore, con al tetto i depositi lacustri argilloso-limosi-sabbiosi del Pleistocene medio, in riferimento al periodo in cui s’immagina che i Piani Palentini fossero un bacino lacustre. 

Prima di ritornare sul bacino lacustre presente nei Piani Palentini, vogliamo ricordare che la struttura deposizionale generale dei Piani Palentini così come delle dorsali circostanti contengono materiale terrigeno, che si è depositato nell’area e ciò lo si vede a partire dalla formazione delle arne Orbuline (Serravaliano – Messiniano inferiore) che testimonia in ambito locale l’iniziale impostazione del bacino d’avanfossa del Liri-Tagliacozzo.

Dopo questa struttura sedimentaria abbiamo la deposizione dell’Unità arenaceo – pelitica del Liri-Tagliacozzo costituita dalle torbiditi silicoclastiche che hanno colmato, nel Messiniano inferiore, il bacino di avanfossa sopra citato.

In questa unità sono state contate 5 diverse associazioni litologiche caratterizzate d rapporti sabbia/argilla progressivamente decrescenti. L’unità affiora estesamente nel foglio, tra le strutture sabine e quelle della piattaforma laziale-abruzzese, tra i M. Simbruini e le dorsali carseolane e in corrispondenza del bacino minore di Tagliacozzo.

Coeva a questa unità è l’Unità delle Brecce della Renga depositatasi nella zona dei Monti Simbruini tra il Tortoniano e il Messiniano. Quest’unità risulta discordante sia sui calcari cretacici sia sui calcari miocenici. In generale viene rilevato che le Brecce della Renga occupano una grossa area relativa al margine settentrionale e nord orientale dei M. Simbruini, tra Villa Romana e Cappadocia.

La litofacies delle Brecce della Renga, da massiva a stratificata, emerge diffusamente nell’ambito della dorsale simbruina, dove da luogo ai rilievi del Monte Cesalarga, del Monte Morbano e del Monte Padiglione. Le litofacies più pelitiche si rinvengono lungo il fronte settentrionale dei Monti Simbruini (tra Villa Romana e Roccacerro) e all’interno della dorsale simbruina (ad est e sud est di Pereto ed a Campolungo).

Quanto detto riguarda le varie unità plioceniche, da ora facendo un salto temporale arriviamo direttamente al Pleistocene medio per riprendere il discorso sul bacino lacustre dei Piani Palentini. Quesro si è immaginato essere una sorta di bacino lacustre marginale collegato al grande Lago Fucino, che tramite la soglia di Cappelle avrebbe invaso l’area palentina nel momento di massima estensione nell’ultima fase glaciale.

 

La soglia di Cappelle che potrebbe aver fatto da entrata al Lago Fucino verso i Piani Palentini (Immagine personale)

 

E’ probabile che in età pleistocenica il bacino lacustre fucense all’incirca 30.000 anni fa sia divenuto un immenso lago a causa degli enormi apporti d’acqua dalle zone circostanti e ciò avrebbe prodotto un suo allargamento territoriale fino a comprendere anche i Piani Palentini tramite la soglia di Cappelle. Questo enorme bacino lacustre nella fase di massima glaciazione potrebbe aver raggiunto dimensioni tali da potersi definire anche un piccolo mare interno.

Infatti nel Pleistocene Superiore durante la Glaciazione Wurm, nel momento di massima espansione dei ghiacciai appenninici, si è avuta una grande crescita del livello lacustre (arrivata fino alla quota di 725 m s.l.m.), e quindi un’espansione areale del Lago Fucino tale da coinvolgere i Piani Palentini. 

Ciò sarebbe avvenuto tramite la zona di passaggio di Cappelle, dove l’acqua si sarebbe infiltrata e avrebbe poi invaso l’area fino ad arrivare all’altezza dell’attuale paese di Scurcola, coprendo grosso modo l’intera area dei Piani Palentini.

 

Immagine rielaborata dell’approssimativa area occupata dal Fucino nella fase fine-pleistocenica.

 

La stima della superficie lacustre occupata in questa fase, si aggirerebbe, come riportato da qualche fonte, tra i 35.000 e i 40.000 ettari.

Praticamente visto l’enorme bacino idrologico si potrebbe anche parlare del “Mare dei Monti Abruzzesi”. Da ciò deriva che durante la fase della Glaciazione Wurm, si è avuta la deposizione di una consistente mole di materiale lacustre.

A questo proposito è utile segnalare i vari depositi lacustri presenti nei Piani Palentini, che testimoniano appunto questa fase lacustre in epoca glaciale, quindi nel Pleistocene medio.

 

Sguardo sui Piani Palentini. (Immagine personale)

 

Ebbene se si osserva il settore circondato a sud ovest dalla dorsale del Monte Arunzo, a nord est dalla dorsale del Monte San Nicola e a nord ovest dalla dorsale del Monte Salviano troviamo un area dove l’impostazione di un bacino lacustre è più che possibile.

Seguiamo per un attimo il percorso del fiume Imele nei Piani Palentini. Il fiume Imele, che nasce presso il Monte La Difesa di Tagliacozzo dopo aver lasciato il paese,  che attraversa internamente,  scorre poi in direzione NO-SE, interessando i sedimenti flyshoidi.

Quindi l’Imele percorre l’ampia piana bordando il settore nord orientale del Monte Arunzo, quindi a nord della piana, tende a curvare mutando perciò la sua direzione, che diventa N-S. Curvando in questo modo attraversa la Soglia di Cappelle raggiungendo l’area di Magliano dei Marsi, dove torna in direzione NO-SE. Qui poi incontra il torrente Rafia diventando Fiume Salto che esce dall’area palentina.

 

I Piani Palentini intorno a Scurcola Marsicana. (Immagini personali)

 

Ebbene seguendo il percorso del fiume si notano affioramenti diffusi di sedimenti continentali quaternari di ambiente fluviale e lacustre. Lo spessore di questi depositi continentali quaternari risulta molto elevato e spesso di difficile comprensione a causa dei pochi dati di sottosuolo.

A questo proposito esistono i dati relativi ad indagini geoelettriche, da cui sembrerebbe che i diffusi affioramenti di sedimenti continentali quaternari di ambiente sia fluviale che lacustre sarebbero stimati tra gli 80 e i 130 m e ciò, a seconda del modello geofisico elaborato. Tuttavia questi  spessori sono solo indicativi perchè mancanti di sondaggi meccanici a carotaggio continuo. 

Senza questi dati infatti risulta impossibile formulare un’indicazione precisa sullo spessore e la distanza fra il corpo sedimentario continentale e quello terrigeno e anche la profondità del substrato calcareo risulta incerta.

 

I Piani Palentini intorno a Scurcola Marsicana. (Immagini personali)

 

Fatto è comunque la presenza dei depositi lacustri e fluviali nella zona. Nello specifico i depositi lacustri affiorano in sinistra del Fiume Imele nelle zone a nord ovest del paese di Colle S. Giacomo e a nord est di Villa San Sebastiano.

Questi costituiscono un’estesa struttura sedimentaria, che conserva a luoghi piccoli lembi orizzontali, probabilmente appartenenti all’originaria superficie deposizionale.  Gli altri depositi lacustri sono presenti nella destra idrografica del Fiume Imele, precisamente in prossimità del paese di Sfratati ed a sud est di Villa San Sebastiano a ridosso del Monte Arunzo.

 

I Piani Palentini a ridosso del Monte Arunzo. (Immagini personali) 

 

 

I depositi lacustri sono formati da materiale limoso-argilloso e argilloso-limoso di colore grigio azzurognolo, addensati, prevalentemente massivi, ma a luoghi caratterizzati da strutture sedimentarie rappresentate da sottili lamine piano-parallele.

All’interno di essi si è trovata una discreta % di sostanza organica, che contiene semi e frammenti di frustoli carbonizzati e una grossa presenza di minerali vulcanici, soprattutto di pirosseni concentrati in livelli.

 

Il Lago Fucino nel momento di massima espansione si allarga ai Piani Palentini tramite la soglia di Cappelle. (Immagine rielaborata)

 

La determinazione del rapporto isotopico 87Sr/86Sr, pari a 0,71193, ha consentito di ricondurre i prodotti vulcanici presenti nell’area, ad un’attività locale (SERVIZIO GEOLOGICO NAZIONALE, 2000, rapporto inedito). Grazie poi all’elevato contenuto in minerali vulcanici è stato possibile datare i depositi genericamente al Pleistocene medio (Giraudi, 1986).

Da qui l’ipotesi personale che la presenza del lago nei Piani Palentini sia da ricercarsi nell’invasione del lago Fucino tramite la soglia di Cappelle in età glaciale.

 

Ipotesi del Lago dei Piani Palentini 17.000 anni. (Immagine rielaborata)

 

Ipotesi del Lago dei Piani Palentini 16.000 anni. (Immagine rielaborata)

 

Successivamente, ome si vede nell’ipotetica rielaborazione fatta sopra, verso la fine dell’era glaciale allorquando le temperature si sono rialzate e il lago Fucino si è ritirato, il bacino lacustre nei Piani Palentini sarebbe comunque perdurato per qualche tempo dapprima come lago a se stante che poi con il tempo si sarebbe ridotto per divenire uno stagno, fino infine a scomparire del tutto.

 

Ipotesi del Lago dei Piani Palentini 14.000 anni poco prima dell’inizio dell’Olocene. (Immagine rielaborata)

 

Chiaramente questa ipotesi è del tutto personale, seppure verosimile, e i tempi immaginati per il restringimento del lago fino alla sua scomparsa sono dell’ordine di qualche millennio. Ciò è stato pensato in funzione della formazione dei depositi lacustri, che essendo piuttosto spessi si potrebbero essere formati nell’arco di alcuni millenni. Inoltre le temp consentivano ancora un certo margine di esistenza del bacino. Ribadiamo comunque che queste sono solo ipotesi.

 

A questa data il Lago dei Piani Palentini si sarebbe estinto. (Immagine rielaborata)

 

Finita poi questa fase di glaciazione, con il clima tornato a temperature più alte ciò che rimaneva del precedente lago si sarebbe estinto e al suo posto si sarebbe impostata una deposizione di materiale fluviale derivante essenzialmente dal Fiume Imele, che sarebbe venuta a sovrapporre al materiale lacustre precedente. Ad oggi quando si osservano i sedimenti presenti nell’area palentina, si ritrovano spesso insieme materiali fluviali e lacustri quaternari. 

 

Piani Palentini intorno a Capistrello. (Immagine personale)

 

I Piani Palentini vicino Capistrello. (Immagine personale)

 

Piani Palentini in prossimità del M. Arezzo. (Immagini personali)

 

Venuto poi meno il periodo glaciale, nell’Olocene (quindi negli ultimi 11.000 anni), il lago o quel che ne rimaneva nei Piani Palentini, sicuramente non esiste più e al suo posto si è generata una grande distesa pianeggiante, su cui si è finito di consolidare il Fiume Imele, che ha depositato sedimenti alluvionali e deltizi.

Da notare comunque che il Fiume Imele è molto più antico del periodo olocenico. Alcuni depositi sembrano indicare un’età molto antica quindi anche molto precedenti al periodo glaciale.

 

Piani Palentini in prossimià del M. Girifalco. (Immagini personali)

 

Se osserviamo l’area attraversata dal Fiume Imele troviamo una vera e propria successione di ambienti e quindi periodi. Dapprima si nota una successione calcareo e calcareo dolomitica in facies di piattaforma risalente al del Lias medio – Miocene inferiore che si ritrova in diversi punti a fianco ai depositi lacustri, Travertini del Pleistocene medio-superiore, detriti di falda, coperture detritico – colluviali.

 

Piani Palentini in prossimià del paese di Corcumello. (Immagini personali)

 

Osservando la zona occidentale dei Piani Palentini, laddove passa il corso dell’Imele, troviamo depositi di materiale propri di un ambiente emipelagico, ovvero depositi di marne argillose, marne e marne calcaree.

Questi sedimenti sono posti a contatto con un sovrascorrimento di vergenza Sud Ovest – Nord est, con l’alternanza pelitico arenacea. Il periodo di tale deposito è il Miocene inferiore – primo Miocene superiore. Al tetto infine si rilevano depositi lacustri argilloso – limoso – sabbioso del Pliocene – Pleistocene e depositi fluviali pleistocenici – olocenici.

Dal Rilievo planimetrico radatto dall’ingegner Bermont, uno dei capi progetto della Bonifica Torlonia, vediamo che a fianco alla Piana del Fucino ormai bonificata dalle acque lacustri, si trovano i Campi Palentini (o Piani Palentini), circondati dai rilievi montuosi definiti nell’inquadramento geomorfologico.

Come detto sopra la composizione dei materiali dei Campi Palentini è essenzialmente di sabbie e argille, che coprono l’intera area della conca. Le sabbie e le argille che compongono i Piani Palentini, derivano soprattutto dalla deposizione dei sedimenti del Fiume Imele e dai depositi lacustri quaternari.

 

Sezione longitudinale dell’Emissario Claudio

 

Se si osserva il progetto della Bonifica Torlonia, ritroviamo in questo un profilo longitudinale del percorso della nuova Galleria Torlonia, per lo scolo delle acque del Fucino. Da questo profilo si evince, che il passaggio dell’emissario avviene all’interno dei Campi Palentini, di cui è possibile osservarne la geologia, emersa in modo chiara in questo studio.

 

Documenti redatti da Heny Samuel Bermont (1885)  riguardo il progetto della Bonifica Torlonia del Lago Fucino

 

Qui di seguito abbiamo rielaborato il profilo redatto da Henry Samuel Bermont nel 1885, mettendolo in funzione della galleria Torlonia, quindi estrapolandolo dal suo contesto lo abbiamo trasformato in una sorta di profilo geologico dei Piani Palentini.

 

Rielaborazione del profilo redatto da Heny Samuel Bermont (1885)

 

Ciò che ne emerge è una geologia composita, che come detto prima è formata soprattutto da sabbie e argille, impostate fra i rilievi calcarei delle dorsali del Monte Salviano e del Monte Arezzo.

 


Bibliografia

 

  • Giraudi
    C. (1988) – Evoluzione geologica della piana del Fucino (Abruzzo) negli
    ultimi 30.000 anni
    . Il Quaternario, 1(2): 131-159.
  • Giraudi
    C. (1991) – Le variazioni di livello del lago del Fucino (Abruzzo) nel
    periodo 1783-1862: implicazioni climatiche
    . Il Quaternario, 3(2):
    167-174.
  • Note
    illustrative della Carta Geomorfologica D’Italia alla scala 1:50.000 del foglio
    367 “TAGLIACOZZO”
  • Wikipedia

 

 


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