LECCE NEI MARSI – EX CHIESA SAN MARTINO IN AGNE


CHIESE DELLA MARSICA

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STRUTTURE E MONUMENTI MEDIEVALI – CONTEMPORANEI


 

 

 

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STORIA DELL’EX CHIESA DI SAN MARTINO

 

 

 

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VIII secolo

 

 

– I Lici e la nascita di Litium

La popolazione dei Licii, originari dell’Asia minore, pare verso la fine dell’ VIII secolo viene a vivere nella Marsica attestandosi sul Monte Turchio dando origine insieme alla popolazione locale al paese di Litium.

Litium viene costruito laddove  nel III secolo a.C. era presente un paese fortificato dei Marsi. Il paese costituito dagli antichi Marsi ha mantenuto nel corso dei secoli precise disposizioni urbanistiche. Ebbene sulle strutture di queste si viene ora ad impostare il nuovo paese.

 

 

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IX secolo

 

 

– La Marsica soggetta alle invasioni saracene

A partire dall’ 843 i Saraceni iniziano a compiere grandi scorrerie contro la penisola italiana, riuscendo in molti casi a penetrare anche all’interno. In molti di questi casi raggiungono anche la Marsica che viene messa a ferro e fuoco. A causa delle razzie saracene vengono uccise molte persone. I Marsi sono spaventati a morte e i loro capi inizialmente non riescono a proteggerli. Solo verso la fine del secolo IX i conti Marsi riescono a porre in parte rimedio alle scorrerie saracene riuscendo a legarsi con altre istituzioni e formare eserciti validi che respingono I Sareceni.

 

 

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X secolo

 

 

– 926: Arriva Berardo il Francioso

Berardo il Francioso, discendente di Carlo Magno e capitano dell’esercito franceseè al seguito di Ugo di Arles, ch giunge in Italia farsi incoronare sovrano d’Italia. Successivamene all’incoronazione Ugo per consolidare il suo potere nomina i suoi ufficiali conti e duchi in Italia. A Berardo il Francioso spetta la Marsica divenendo in tal modo conte dei Marsi. Berardo si rende subito conto dell’enorme potenziale che questa terra può esprimere. Ma si rende anche conto del grave stato in cui versa la popolazione dopo circa 80 anni di devastazioni dovute ai Saraceni.

Berardo si rimbocca le maniche e inizia un’opera di rigenerazione del suo contado che andrà avanti decenni. Per prima cosa avvia la costruzione di tutta una serie di borghi di altura, che fortificati e in collegamento visivo fra loro possono controllare il territorio sottostante e dare l’allarme in caso di attacco. I borghi costruiti sotto Berardo I sono eretti in luoghi precisi che consentano una visuale ampia del territorio. Niente è lasciato al caso.

Allo stesso modo Berardo forma un valido esercito locale con uomini provenienti dalla Marsica e zone limitrofe. La preparazione del nuovo esercito va avanti  dal 926 al 937 e in questi anni viene creato un esercito dal nulla capace però di respingere qualsiasi attacco. Inoltre Berardo provvede a regolare i confini con il vicino Stato della Chiesa cedendo a questi la Sabina in cambio della piana di Carsoli.

 

 

– Arrivano gli Ungari

Nel 937 una nuova scorreria di gente straniera giunge in Italia. Questa volta sono gli Ungari che dopo aver depredato la costa, penetrano nell’interno, giungendo con  crudeltà nella Marsica dove vengono attaccati diversi paesi tra cui anche Litium, ma soprattutto la Piana del Cavaliere e Trasacco che viene completamente distrutta.

A questo punto Berardo entra in gioco con il suo nuovo esercito attendendo i nemici presso il varco di Forca Caruso, da dove essi devono passare per andarsene. Ebbene quando questi giungono nel varco sono attaccati dall’esercito di Berardo venendo trucidati con ferocia.

Per i Marsi aver battuto gli Ungari significa riscattarsi da un secolo di sorprusi. La vittoria è dovuta alla grande abilità di Berardo, e questa viene riconosciuta sia dal suo esercito che dalla popolazione, che sentendosi protetta, giura fedeltà al conte Berardo e alla sua discendenza.

 

 

– Litium viene rafforzata nelle sue strutture

La cittadina di Litium che già si era costituita in altura al momento della venuta di Berardo I viene ora da questi rafforzata nelle strutture con la costruzione di una migliore muratura esterna che possa meglio resistere ad attacchi esterni. Litium viene dotata anche di una torre di avvistamento.

Il borgo di Litium è presente come detto sul  Monte Turchio a 1300 m di altezza. Il borgo rafforzato con queste difese diventa subito molto più sicuro. Più o meno in questo periodo viene eretta anche la chiesa di San Pietro, chiesa madre del borgo di Litium.

 

 

– Nascita dei primi borghi vicini a Litium: Castelluccio

Castelluccio è stato uno dei primi borghi a formarsi vicino il centro principale di Litium da cui dipende. Questo minuscolo borgo nasce su di una collina vicino al lago Fucino, è chiaramente fortificato e con una torre in probabile contatto visivo con Litium. Non so se tra la torre di Castelluccio e quella di Litium esistessero altre torri. Sicuramente la modalità di controllo del territorio è questa ovvero avere più torri a distanza più o meno ravvicinata, che possano comunicare visivamente fra loro. Sotto questo punto di vista la torre poi castello di Castelluccio non fa eccezione.

Con la stabilizzazione del borgo viene creata all’interno dell’insediamento la piccola chiesa di San Martino, che risulterebbe più o meno coeva con la chiesa di San Pietro di Litium. La costruzione della chiesa rappresenta dunque la formazione del borgo seppure minuscolo di Castelluccio.

 

 

– Nascita della chiesa di San Martino

Ex chiesa di San Martino. (Immagine privata)

 

Dunque Castelluccio e altri due o tre borghi satelliti di Litium si formano in questo periodo. A Castelluccio con la stabilizzazione del borgo viene eretta la chiesa di San Martino, surrogata della chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta di Litium.

 

 

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XI secolo

 

 

– Litium all’inizio dell’XI secolo

Litium come tutti i borghi della Marsica in questo periodo gode di un periodo di tranquillità e di un discreto andamento economico. Ciò consente alla popolazione di riprendere respiro dopo il duro periodo vissuto nei secoli precedenti. La direzione della contea dei Marsi sotto i Berardi si rivela giusta e appropriata; essi gestiscono il territorio con mano ferma e sicura.

 

 

– Litium e il borgo di Castelluccio alla fine dell’XI secolo

La contea dei Marsi continua nonostante alcune vicissitudini a risultare un territorio unito e sicuro. In questo quadro prosegue lo sviluppo dei vari borghi presenti all’interno della contea e Litium è fra questi.

La popolazione tende a crescere rendendo necessario allargare il paese, o costruendo nuovi borghi satelliti. Infatti come è capitato in altri casi anche per Litium troviamo che attorno al paese principale si sviluppino dei piccoli casali, alcuni dei quali destinati a divenire piccoli borghi.

Tra questi troviamo il borgo di Taroti, posto in posizione dominante a ridosso di uno dei monti circostanti Litium. Questo tende a svilupparsi come un piccolo borgo fortificato. Il borgo di Castelluccio vede la costruzione di una prima torre divenuta poi nel tempo un piccolo castello.

L’economia di Litium invece continua a basarsi su agricoltura e pastorizia. Nel borgo sono presenti diversi artigiani, che rendono il piccolo borgo un luogo interessante.

 

 

– La chiesa di San Martino alla fine dell’XI secolo

A fianco al castello troviamo la chiesa di San Martino, dipendente dalla chiesa di Santa Maria di Litium. Una curiosità la presenza a Taroti del piccolo castello farà assumere al paese anche la denominazione di Castelluccio. A testimonianza di quanto detto citiamo la bolla di Papa Clemente III che ci parla dell’esistenza della chiesa di San Martino e del castello di Taroti (o Castelluccio).

La bolla di Clemente III conferma dunque l’esistenza della chiesa di San Martino, eretta probabilmente nel secolo precedente. Di questa bolla parleremo più avanti.

 

 

 

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XII secolo

 

 

– I Normanni divengono padroni della Marsica

Italia nel 1150

 

Nel 1130 muore il vescovo dei Marsi Berardo Berardi, seguito cinque anni dopo dal fratello Crescenzio. Dopo la loro morte abbiamo la salita al potere dei figli di Crescenzio, Berardo VI e Rainaldo II che governano insieme la contea marsa. Essi capiscono bene che la pressione normanna ha raggiunto un tale stato di forza che riuscire a mantenersi indipendente sarà quasi impossibile. Per cui i conti marsi piuttosto che essere invasi e sconfitti dai Normanni, decidono di trovare un accordo con loro per poter comunque non scomparire politicamente e continuare in modo diverso a diriggere il territorio marso.

Così infatti avviene, nel 1143 Berardo VI e Rainaldo II si accordano con i Normanni per un atto formale di sottomissione in cambio di un loro ruolo politico nel loro territorio di pertinenza. I Normanni così annettono senza colpo ferire la Marsica e per indebolire il potere dei Berardi, che al livello locale hanno una forza enorme, dividono la contea marsa in tre contadi più piccoli.

Nascono così la contea d’Albe, la contea di Celano e la contea di Carsioli. Carsioli viene affidata ai discendenti di Oderisio Berardi, invece la contea d’Albe è affidata a Berardo VI e quella di Celano a Rainaldo II.

 

 

– Litium all’interno della contea di Celano

Dopo la fine della contea dei Marsi e la nascita delle nuove tre contee, troviamo Litium inserita nella nuova contea di Celano. Per il borgo in questa fase non cambia nulla continuando a vivere in modo tranquillo come avvenuto negli ultimi due secoli. Litium nella posizione in cui si trova appare defilato dai grandi giochi economico politico del territorio marso, ma forse anche per questo riesce a godere più a lungo di un periodo di tranquillità.

 

 

– La chiesa di San Martino nel XII secolo e la bolla papale del 1188

 

L’ex chiesa di San Martino. (Immagine privata)

 

In questa fase la chiesa di San Martino continua ad essere una semplice chiesa di un villaggio satellite (Castelluccio) di Litium. Ciò che emerge dalle fonti storiche è l’importante bolla papale del 1188 di Papa Clemente III, che parla apertamente e per la prima volta della chiesa di San Martino e di Castelluccio con il relativo castello. La bolla papale cita anche la presenza delle chiese di San Pietro e Santa Maria presenti nel borgo principale di Litium.

Il ragionamento che qui facciamo riguarda il borgo di Castelluccio, che se citato espressamente nella bolla con la relativa chiesa, vuol dire che il borgo per quanto piccolo ha comunque raggiunto una sua solidità e soprattutto importanza all’interno del microcosmo locale di Litium.

 

 

– L’ascesa di Pietro Berardi e la riunificazione della Marsica

Nel 1168 Pietro Berardi diventa nuovo conte d’Albe riprendendosi la contea persa anni prima dal padre Berardo VI. Pietro è un personaggio di grandi doti politiche e forza caratteriale. Egli persegue un preciso piano politico, ovvero rendere di nuovo indipendente il territorio marso. L’ascesa di Pietro è da subito inarrestabile. Egli per realizzare questo sogno ha bisogno di passare per alcuni step, ovvero riunire il suo territorio e poi crescere politicamente.

Il primo obbiettivo viene centrato nel 1189, allorquando la morte senza figli del cugino Annibale conte di Celano, permette a Pietro di centrare questo risultato, riuscendo ad imporsi presso i Normanni quale erede del cugino. A questo punto Pietro riunisce nella sua persona le cariche di conte d’Albe e Celano. Successivamente passa a rafforzare il proprio contado ristrutturando le rocche più importanti così da avere un territorio forte pronto alla guerra in caso di necessità. Successivamente s’imparenta con una serie d’importanti casate locali attraverso dei matrimoni combinati per i figli. Il più importante di questi matrimoni lo realizza Tommaso che sposa Giuditta del Molise, unica erede del padre Ruggero. Il contado del Molise è grande e forte e si trova in una posizione di grande rilevanza per i traffici nel sud Italia.

Successivamente Pietro, sfruttando quella che è una crisi dinastica, dovuta alla morte quasi contemporanea dei regnanti siciliani (Enrico VI muore nel 1197 e la moglie Costanza d’Altavilla nel 1198), si fa largo politicamente. Egli si avvicina a papa Innocenzo III,  che in qualità di tutore del piccolo erede della corona siciliana Federico, ha a sua volta bisogno di uomini fidati per governare il territorio siciliano. In questo senso Pietro Berardi diventa uno degli uomini più vicini al papa e soprattutto uno dei feudatari più influenti del regno.

Tramite questa politica Pietro Berardi pone la Marsica al centro di un sistema politico di grande importanza. Siamo ormai alla fine del XII secolo.

 

 

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XIII secolo

 

 

 

– Pietro Berardi all’inizio del secolo XIII

Pietro I Berardi fino al 1209 rimane fedele al papa continuando a crescere d’importanza. Poi nel 1209 Pietro si lascia convincere dal conte Diopoldo di Acerra a passare dalla parte di Ottone di Baviera. Così avviene.

Pietro I conte di Celano si convince che per realizzare il suo progetto deve puntare sulla parte imperiale anzichè guelfa. Così dopo che Ottone ha sconfitto il suo rivale Filippo di Svevia e divenuto iimperatore del S-R-I, Pietro inizia a muoversi per allearsi con Ottone. Pietro insieme a Diopoldo riesce a convincere Ottone a passare dalla loro parte così da poter mettere facilmente le mani sulla corona siciliana annettendola all’ impero.

Esattamente ciò che non vuole Innocenzo III. Ottone a questo punto attacca il papato e si prende diversi territori tra cui la marca d’Ancona. Questa a sua volta viene rigirata a Pietro che ne viene investito pienamente, oltre al fatto che viene nominato giustiziere del regno siciliano.

 

 

La chiesa di San Martino a inizio XIII secolo

In questa fase non emergono notizie sulla chiesa, per cui dobbiamo immaginare che la struttura religiosa goda di un periodo di relativa tranquillità, considerando chiaramente le varie dinamiche locali.

 

 

– Ascesa di Tommaso Berardi

Alla morte di Pietro gli succedono i figli che si dividono l’eredità paterna. Riccardo il figlio maggiore diventa conte di Celano e Tommaso il minore conte d’Albe. Tra i due però è Tommaso a proseguire la politica paterna e il suo sogno d’indipendenza della Marsica, quasi raggiunto ma non avveratosi.

Tommaso capisce che la via perseguita dal padre è scaduta, per cui se vuole avere la Marsica indipendente deve proseguire solo imponendosi con la guerra. Egli inizia un duro scontro con il fratello per il possesso della contea di Celano che egli rivendica a se. Riccardo non vuole cedere e soprattutto non coondivide la politica guerrafondaia del fratello contro Federico II.

Nel frattempo Federico II ormai  maggiorenne diventa imperatore del S-R-I nel 1215. Prosegue intanto lo scontro fra i due fratelli conti di Celano, con Tommaso che invade la contea celanese e riesce a defenestrare il fratello, che pur affermando di essere il solo conte di Celano non riesce a riprendersi la contea. Tommaso nello stesso periodo è divenuto anche conte del Molise in virtù del suo matrimonio con Giuditta che dopo la morte del padre Ruggero è ora l’unica erede.

Tommaso a questo punto cerca d’imporsi e da una parte si riconcilia con il papa rinunciando alla Marca d’Ancona e dell’altra si prepara allo scontro con Federico rafforzando le principali rocche del suo contado marsicano e molisano. Riccardo Berardi cerca l’appoggio di Federico per riprendersi la contea di Celano, ma non fa in tempo ad attuare il suo piano, poichè muore nel 1221 senza lasciare discendenza. Ciò significa che è Tommaso il suo erede che ora anche dal punto di vista formale è il solo conte di Celano.

Federico sa che l’indipendenza della Marsica significherebbe la compromissione dell’intero disegno politico da lui voluto per il regno di Sicilia e anche in funzione degli altri baroni a lui contrari sa che deve affrontare Tommaso.

 

 

– Litium nella guerra fra Tommaso e Federico.

Anche Litium pur non essendo un borgo importante per posizione geografica viene rafforzato da Tommaso con la ristrutturazione delle mura circostanti il borgo.

 

 

– La guerra fra Federico e Tommaso di Celano

La guerra fra i due inizia nel 1221 con Federico che procede ad attaccare i territori di Tommaso. Questi reagisce riuscendo a liberare i paesi invasi da Federico attraverso un ottima conoscenza del suo territorio.

Successivamente però reagisce male contro quei paesi che si sono concessi liberamente a Federico, come nel caso di Paterno che viene distrutto nel corso del 1221. Federico riesce in Molise a penetrare a Bojano dove sono asserragliati la moglie e il figlio Ruggero di Tommaso. Tommaso però in un nuovo scontro con gli imperiali li sconfigge liberando moglie e figlio, riuscendo a condurli con lui a Roccamandolfi.

A questo punto Federico prende in mano personalmente la questione iniziando un duro assedio di Roccamandolfi, Celano e Ovindoli. Tommaso sa che dalla sua ha la moglie Giuditta, fedele a lui che condivide i sogni di gloria del marito, ma soprattutto valida capitana di battaglie. Tommaso fugge da Roccamandolfi lasciando la moglie a capo della rocca e raggiunge Ovindoli dove libera il paese e poco dopo fa lo stesso con Celano dove si asserra.

Nella guerra fra Federico e Tommaso è l’intera Marsica che viene coinvolta e anche Litium seppure indirettamente risente dello scontro.

Federico capisce che la questione si sta facendo calda e lui sta perdendo la faccia. Per cui concentra i suoi sforzi sulla presa di Roccamandolfi che però resiste a oltranza. Solo dopo mesi di assedio e un sostanziale nulla di fatto Federico fa un’offerta a Giuditta, che pur amando il marito si trova costretta ad accettare la proposta di questi. Infine Federico per piegare Tommaso lo fa incontrare con la moglie che gli gira una proposta di Federico.

Tommaso sulle prime rifiuta ma poi prende tempo e infine accetta la proposta di Federico e seppure a malincuore deve rinunciare al suo sogno d’indipendenza e ritirarsi a Roma in cambio del mantenimento della contea del Molise. Invece le contee marsicane di Albe e Celano sono incamerate al Demanio. Federico poi punisce riconoscendo nella popolazione marsicana la vera forza di Tommaso la punisce duramente, prima distruggendo Celano e Ovindoli e poi esiliando gli abitanti dei due borghi in Sicilia e Malta.

 

 

– La contea di Celano dopo la defenestrazione di Tommaso

Federico dopo un breve periodo concede le due contee di Albe e Celano a uomini di sua fiducia, ma consente nel 1227 il ritorno degli abitanti di Celano e Ovindoli nei loro borghi d’origine. Ciò è reso possibile grazie all’intercessione papale che ha a cuore la sorte di Tommaso presente a Roma eù del suo territorio. Gli abitanti di Celano e Ovindoli fanno ritorno nella Marsica ed è loro concesso di ricostruire il paese d’origine in altro luogo mutando il nome del borgo in Cesarea.

Invece la proprietà della contee d’Albe e Celano è data nel 1223 da Federico II alla famiglia Di Segni di Roma

 

 

– Litium sotto Federico II

A causa dell’ultima guerra condotta da Federico contro Tommaso molti feudi marsicani sono stati danneggiati. Ora non sappiamo se ciò ha riguardato anche Litium, però Federico forse preso da rimorso ordina che tutti i castelli danneggiati dalla guerra siano riparati. A questo punto inseriamo nella storia di Litium la vicenda della famiglia Trasmondi.

 

 

– I Trasmondi signori di Litium

I Trasmondi sono una nobile famiglia di antiche origini, che ha sempre avuto molti feudi in Abruzzo e qui da sempre la sua area di possesso.

I Trasmondi sono partiti da chieti dominando per diverso tempo la contea di Chieti e Penne, per poi spostarsi nel corso delle generazioni verso Sulmona e avere qui un ramo tuttora esistente. Da Sulmona i Trasmondi hanno rilevato diversi feudi tra cui anche Introdacqua di cui sono stati nominati marchesi da Carlo II di Spagna nel 1700.

Ma cosa c’entrano i Trasmondi con Litium (Lecce Vecchio). Ebbene parrebbe che questa famiglia all’inizio del XIII secolo si fosse imparentata con i conti Di Segni che sono per qualche tempo signori della contea di Celano al tempo di Federico II. Facciamo un passo indietro, nel 1223 Federico depone Tommaso Berardi dalla contea di Celano e la consegna ai conti Di Segni che la gestiscono almeno al livello nominale fino al 1252, anno in cui Corrado IV succeduto al padre non la da al livello al fratello Federico d’Antiochia già conte d’Albe.

Ora pare, ma la notizia dovrebbe essere confermata che Litium sia stata concessa alla famiglia Trasmondi dai conti Di Segni di Celano al tempo di Federico II. Per cui i Trasmondi sarebbero stati per qualche decennio diciamo fino al ritorno dei Berardi nel 1254 feudatari di questa zona e qui in questo arco di tempo avrebbero eretto un loro castello, il castello di Litium.

 

 

– La contea di Celano tra il 1223 e il 1254

Come accennato nel 1223 Federico II nomina i conti Di Segni conti di Celano. Questi sono una famiglia nobile di Roma e non mostrano alcun interesse per le terre marse. Parrebbe infatti che la loro nomina a conti di Celano sia solo nominale, in quanto dalle fonti storiche non emergono grandi o piccoli atti compiuti da questa famiglia nel periodo in cui ne sono investiti come feudatari.

Nel 1240-50 intanto i Berardi feudatari originari della zona si muovono per riavere l’antico potere nella Marsica, ma finchè Federico è in vita non riescono a concludere niente nonostante l’appoggio papale a un loro ritorno nel 1247. Anzi essi devono attendere ancora qualche anno per poter far ritorno, in quanto il successore di Federico, il figlio Corrado IV concede a suo fratello Federico D’Antiochia il titolo di conte di Celano (1252) e solo con l’ascesa di Manfredi, in qualità di reggente, i Berardi riescono a tornare al comando di Celano (1254).

 

 

– La chiesa di San Martino a metà ‘200

L’ex chiesa di San Martino. (Immagine personale)

Sulla chiesa di San Martino non abbiamo informazioni particolari su questo periodo. Sicuramente la chiesa come il piccolo borgo di Castelluccio persistono nel tempo. In questa fase il borgo di Litium è ancora pienamente attivo. 

 

 

– Il declino degli Svevi e l’ascesa di Carlo I

Nel 1266 Carlo d’Angiò su invito del papa scende in Italia per contendere il trono a Manfredi di Svevia attuale sovrano del regno siciliano dal 1258.

Lo scontro tra i due avviene a Benevento, dove Manfredi viene sconfitto morendo in battaglia. Carlo a questo punto diventa nuovo re di Sicilia. Nei successivi due anni Carlo alza le tasse nei confronti della piccola e grande nobiltà, che a malavoglia lo ha accettato come re.

Ruggero conte di Celano e Albe ha un grosso debito di 3000 once d’oro con Carlo I d’Angiò. Ruggero per riuscire a onorare il suo debito e avere tempo di estinguerlo è costretto a dare in pegno al sovrano ben sei castelli appartenenti a lui. Tra i feudi ceduti temporaneamente a Carlo vi sono anche Ovindoli e San Potito. La consegna dei castelli a Carlo I d’Angiò avviene tramite il templare Goffredo “Provisor castrum” e Guglielmo Figerio “Capitaneus militum in Aprucio”.

Nel 1268 una parte della grande e piccola nobiltà a causa anche della pressione fiscale messa in piedi dal nuovo sovrano, decide di rivoltarsi contro di lui sostenendo le pretese al trono del giovane Corradino di Svevia che in quanto figlio di Corrado IV è il legittimo erede del trono di Sicilia.

In questo quadro troviamo Ruggero Berardi conte di Celano e Albe, schierato con Corradino di Svevia e con lui molti altri nobili importanti. Ruggero insieme ad altri nobili e a gente comune sostiene il giovane principe e crea per lui un esercito.

In poco tempo Corradino decide di accettare l’invito della nobiltà del regno di Sicilia a riprendersi il trono. Quindi scende in Italia accolto in grande stile in diverse città italiane. Alla fine di un lungo viaggio arriva in Abruzzo, dove è ospite di diversi nobili tra cui i Berardi grandi feudatari della zona.

Carlo saputo della discesa di Corradino muove il suo esercito per affrontare il giovane svevo in battaglia. Carlo giunto nella Marsica si accampa con il suo esercito sull’Altopiano di Ovindoli.

 

 

– La battaglia dei Piani Palentini e le conseguenze per la Marsica

Lo scontro fra Corradino e Carlo avviene nell’agosto del 1268 presso i Piani Palentini. I due eserciti si affrontano in un battaglia campale che dura diverso tempo. Alla fine della tremenda battaglia che lascia molti morti sul campo troviamo Carlo vittorioso e Corradino sconfitto.

Corradinotenta allora la fuga verso Roma, ma riconosciuto poco dopo viene catturato e consegnato al re Carlo. Questi lo conduce a Napoli dove lo fa decapitare nella Piazza del Mercato. Ha fine per sempre la dinastia di Svevia. Carlo I rimane unico padrone del regno siciliano. Carlo I a questo punto inizia una dura vendetta contro i nobili che hanno sostenuto Corradino. In cima alla lista ci sono i Berardi.

Carlo confisca la proprietà delle contee di Albe e Celano a Ruggero I Berardi, quindi inizia a prendersela con il territorio marsicano che ha sostenuto Corradino. Carlo infatti rade al suolo Alba fucens, all’epoca capitale dello stato marsicano retto da Ruggero I, provocando tra l’altro la dispersione della popolazione.

Poco dopo Carlo distrugge anche Pietraquaria che in questa fase è un grosso centro di controllo della Marsica e probabilmente è il centro civico di controllo dell’area dove è avvenuta la battaglia dei Piani Palentini.

 

 

– Le contee di Celano e Albe e il ritorno dei Berardi

Ruggero Berardi non accetta la perdita dei suoi territori e si mostra deciso a riaverli. Quindi tramite una forte somma di denaro ripaga il sovrano angioino del vecchio debito contratto con lui anni prima, riottenendo la riconsegna dei sei castelli ceduti in pegno e allo stesso tempo riottiene la contea di Celano.

Ruggero Berardi, dietro una forte somma di denaro data a Carlo I, rientra in possesso della contea di Celano, ottenendo fra l’altro il possesso del feudo di Rocca di Mezzo. Purtroppo però non riesce a riavere le contee di Albe e Molise.

Carlo I infatti pur restituendo a Ruggero la contea di Celano, si rifiuta di cedergli anche Albe e il Molise per non riavere un domani un nuovo problema con la sempre fiera casa dei Berardi.

In questo quadro osserviamo come la contea di Albe venga girata alla figlia di Ruggero, Filippa Berardi. La consegna di Albe a Filippa ha lo scopo ditrasmettere per via matrimoniale l’importante contea albense a uno dei suoi uomini di fiducia.

Filippa ottiene la contea di Albe da Carlo come dote matrimoniale da trasmettere al marito, un amico fidato di Carlo una volta sposata con lui.

La storia tuttavia prende una piega diversa. Filippa sposa si l’amico nobile di Carlo, ma rimane presto vedova di questi. Successivamente Filippa, grazie al suo carattere carattere fiero e battagliero, domina da sola la contea albense per i successivi quarant’anni, mantenendo forti legami con la contea di Celano e divenendo nel tempo un grosso problema per la famiglia reale.

La contessa d’Albe porta avanti una sua politica di autonomia della contea albense in parte svincolato dalle direttive reali.  Filippa agisce in aperta concorrenza con i monaci della nuova Abbazia di Santa Maria della Vittoria di Scurcola nel controllo del Lago Fucino. Ciò spesso si traduce in aperte ostilità fra la contessa e i monaci. Questi ultimi sono presenti a Scurcola nella nuova Abbazia di Santa Maria della Vittoria dal 1268 e qui sono a capo del nuovo feudo monacale di Scurcola Marsicana creato e protetto da Carlo I in persona e dalla sua famiglia.

Tornando alla contea celanese assistiamo al ritorno di Ruggero Berardi a Celano nel 1272. Ruggero però pur diminuito di potere a causa della perdita del feudo di Albe, è riuscito a farsi assegnare da Carlo, insieme alla contea di Celano, anche il feudo di Rocca di Mezzo. L’assegnazione di Rocca di Mezzo significa per Ruggero la possibilità di creare una  transumanza verticale per le pecore, che partendo dalle rive del lago Fucino si spostano d’estate  presso l’Altopiano delle Rocche e così in senso inverso durante l’inverno.

Questo consente di sviluppare una fiorente produzione di lana pregiata, all’epoca molto remunerativa e quindi possedere una grossa e sicura entrata economica.

 

 

Nascita del Feudo monacale di Santa Maria della Vittoria di Scurcola

Nel 1269 dopo la battaglia di Tagliacozzo Carlo I fa voto di erigere una grande abbazia alla pari di Montecassino e Farfa ed erigere per questa un grande feudo. Così è quanto capita. Tra il 1269 e il 1290 viene eretta l’Abbazia di Santa Maria della Vittoria presso Scurcola. Carlo I concede all’abate del monastero un potere da vescovo e signore locale.

Il re angioino riscatta dai De Ponte la signoria di Scurcola Marsicana che viene poi rigirata all’abate di Santa Maria della Vittoria, ma egli con il tempo allarga di molto il territorio di pertinenza dell’abbazia, dapprima inserisce i territori della Valle di Nerfa e di Luco dei Marsi, quindi inserisce Capistrello e poi la Vallelonga. In pratica di pari passo alla costruzione dell’abbazia abbiamo la costituzione di una grande area feudale dell’abbazia su cui l’abate ha potere di signore locale e vescovo. Da qui la dicitura di feudo monacale.

 

 

– Federico S. Dionigi barone di Litium

Dopo la battaglia di Tagliacozzo Carlo I d’Angiò si mostra duro con coloro che avevano dato sostegno a Corradino di Svevia, tra questi vi erano anche i Berardi a cui furono tolti i possedimenti che avevano in precedenza e ridati in parte dietro pagamento solo nel 1272. Allo stesso modo Carlo I deve provvedere a ricompensare i suoi capitani che lo hanno sostenuto nella battaglia. Fra questi figura un certo Federico S. Dionigi. 

A questi viene assegnato dal re angioino nel 1268 il feudo di Litium (Lecce Vecchio) che egli mantiene per i successivi 30 anni. Tra le attività economiche principali che sono svolte a Litium troviamo oltre alla pastorizia e l’agricoltura anche il commercio di legname vista la ricchezza di boschi che circonda il paese.

In questo contesto il feudo di Litium appare come enucleato dal resto della contea di Celano, quasi come fosse indipendente.

 

 

– La chiesa di San Martino alla fine del XIII secolo

L’ex chiesa di San Martino di Lecce nei Marsi oggi

La chiesa così come il minuscolo borgo apparirebbero come un piccolo paese tranquillo dove si vive di agricoltura e pastorizia. Ai pastori di Castelluccio come a Litium sono affidate pecore di altre persone, che dovranno essere poi portate a Foggia per la tosatura del materiale per ottenere la lana, che sarà successivamente venduta.

 

 

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XIV secolo

 

 

 

– Litium passa al monastero di Santa Maria della Vittoria

Nel 1302 Federico S. Dionigi cede al convento di S. Maria della Vittoria di Scurcola la proprietà del feudo di Litium. Da questo il paese diventa pertinenza dei monaci cistercensi di Santa Maria della Vittoria e lo rimarrà per diverso tempo.

 

 

– Le chiese di Litium soggette al monastero di S. Maria della Vittoria.

Dal momento che Litium rientra da ora nel feudo monacale di Scurcola, ne consegue che anche le sue chiese rispondano a questo, quindi la chiesa di Santa Maria di Litium e le altre a lei soggette come la chiesa di San Martino sono ora dipendenti da questa struttura ecclesiastica.

 

 

– Terremoto del 1349

Nel 1349 alcuni importanti sismi avvengono quasi contemporaneamente lungo tutta la catena appenninica provocando immani disastri. Moltissimi borghi vengono distrutti o gravemente danneggiati. Tra le zone colpite figura anche la Marsica dove avvengono in tutti i borghi importanti danni compresa Litium. Nel paese di Lecce Vecchio si registrano sicuramente dei danni, che al momento non abbiamo dati per quantificare. Quindi probabilmente ci sono stati dei crolli.

Tra le strutture maggiormente colpite figura l’abbazia di Santa Maria della Vittoria di Scurcola. Qui molte parti della struttura crollano provocando morti e feriti fra i monaci presenti.

 

 

– La chiesa di San Martino dopo il terremoto del 1349

Come accennato prima la scossa di terremoto è stata molto forte nella Marsica e per questo sisma sono molti i paesi che hanno riportato danni anche ingenti, di cui però nello specifico non si conoscono i danni relativi.

Ciò è vero a Litium quanto nei borghi adiacenti come Castelluccio. Per cui pur non potendo conoscere nello specifico i danni, siamo comunque portati a credere che ve ne siano stati, anche considerando che la scossa ha riguardato proprio l’Abruzzo e se anche le condizioni geologiche e morfologiche contano molto, anche Castelluccio avrà avuto i suoi danni.

Di solito le chiese in ogni epoca sono fra le prime strutture ad essere danneggiate dalle scosse. Riguardo alla chiesa di San Martino sappiamo che nel 1349 ha già due – tre secoli alle spalle, per cui è una struttura piuttosto vecchia, qui mi fermo non potendo su questo caso andare oltre con le congetture.

 

 

–  La crisi dell’abbazia di Santa Maria della Vittoria

In seguito al sisma del 1349 e ai gravi danni inferti alla struttura, molti monaci non si sentono più sicuri e decidono di abbandonare il luogo. Ciò porta ad un rapido declino dell’abbazia e alla crisi del feudo monacale dell’abbazia. I territori soggetti al feudo di Scurcola iniziano ad essere interessati dagli appetiti di Celano e di Tagliacozzo.

 

 

– Lecce nei Marsi vuole affrancarsi dai monaci

Con l’inizio della crisi dell’abbazia di Santa Maria della Vittoria anche i territori a lei soggetti risentono di questo. Ciò comporta che gli abitanti dei luoghi del feudo non si sentano più sicuri di rimanere soggetti ai monaci e iniziano a manifestare di volersi affrancare da questi per tornare sotto lo stato.

 

 

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XV secolo

 

 

– Litium torna sotto Celano

All’iniziodel ‘400 gli abitanti di Lecce vecchio, stanchi di essere sotto i monaci e profittando della crisi del monastero, decidono dopo molte discussioni di tassarsi e ricomprare il loro paese per poi tornare territorio demaniale nel 1402. Re Ladislao dichiara nel 1402 la terra di Lecce “sub dominio e demanio Reali”.

Tornati demaniali la situazione cambia però in fretta in quanto Nicola di Celano, fedele di Ladislao, convince questi a cedergli Lecce vecchio. Le cose vanno proprio così e Nicola diventa a inizio XV secolo nuovo signore di Lecce nei Marsi. Tuttavia il rientro di Lecce all’interno di Celano non spezza i privilegi riconquistati, che sono riconosciuti e riconfermati dal governo centrale di Ladislao su tutti i diritti e i favori da tempo acquisiti.

Litium tornata a Celano segue le vicissitudini nel bene e nel male del borgo principale. Litium nel corso del secolo XV diventa il paese più popoloso dopo Celano, e dicendo questo  sembra giusto dare una descrizione sommaria di Litium su come si presentava durante il Rinascimento.

 

 

– Urbanistica di Litium e dei suoi borghi

Sul piano urbanistico Litium all’inizio del ‘400 si continua a presentare come un centro fortificato disposto su due colli con mura perimetrali forti e tre porte di accesso: Porta Caiola, Porta della Corte e Porta Campanile. All’interno del paese figurano le due chiese di S. Pietro presente su Collemino e la chiesa principale di Santa Maria sul colle dell’Ospedale. Qui poi vi sono la torre medievale fatta erigere dai Berardi e poco sotto il castello presunto dei Trasmondo.

Infine rileviamo che nella zona di Collemino vi è la casa del pittore Andrea De Litio nato e cresciuto qui a Litium.

Attorno a Litium poi abbiamo i borghi satelliti come Castelluccio, con il suo castello e la chiesa di S. Martino coeva delle due chiese di Litium. Nel corso del ‘400 sembra che nascano altri casali che nel tempo diventeranno nuovi borghi di Litium.

I borghi di Litium del ‘400 nascono dapprima come semplici fattorie e poi divengono piccoli raggruppamenti di case in cui nascono nuove chiese. Tra questi comunque il borgo di Castelluccio o Taroti come viene anche chiamato rimane il principale.

 

 

Le chiese di Litium e la Diocesi dei Marsi

Con  il passaggio di Litium sotto il controllo dei conti di Celano, anche le sue  chiese  subiscono un cambiamento amministrativo, passando sotto il diretto controllo della Diocesi dei Marsi. Con l’arrivo della Diocesi dei Marsi il territorio di Litium è riorganizzato sul piano ecclesiastico, nominando la chiesa di Santa Maria, chiesa madre di Litium, per cui tutte le altre chiese dei borghi circostanti sono soggette a essa.

 

 

La chiesa di San Martino a inizio ‘400

Con il passaggio delle chiese di Litium sotto la Diocesi dei Marsi anche la chiesa di San Martino si ritrova soggetta a questa, essendo una delle chiese surrogate della chiesa principale di Santa Maria di Litium.

 

 

– Estinzione dei Berardi. L’ascesa di Jacovella

Nella contea di Celano nel 1423 muore il conte Pietro IV, ultimo esponenente maschio della longeva famiglia Berardi. A lui succede la sorella Jacovella, che proprio grazie alla ricchezza che essa possiede va in sposa ad Odoardo Colonna, nipote del papa. Il matrimonio fra Odoardo e Jacovella si rivela da subito difficile per la difficoltà caratteriale dei due, Jacovella va in sposa molto giovane e crescendo dimostra di avere un carattere forte e soprattutto orgoglioso e per nulla rassegnato alla malasorte.

Anni dopo nel 1431 alla morte di Papa Martino V il grande papa Colonna che ha voluto fortemente il matrimonio fra i due, questo salta per la ferma opposizione di Jacovella che non sopporta il marito. Lei appena può fugge da Casa Colonna e torna a Celano dove inizia a governare la grande contea. Qualche anno più tardi Jacovella ottiene dal papa l’annullamento del suo matrimonio con Odoardo, aprendo con questo la possibilità ad una nuova unione.

La contea di Celano nel corso degli anni è sempre nelle mira delle grandi famiglie romane degli Orsini e dei Colonna che tra loro guerreggiano ferocemente per la conquista della Marsica. Proprio a causa di questi appetiti Jacovella sa di essere ancora in pericolo, per cui ci vuole qualcuno che sappia farsi valere sugli Orsini e sui Colonna. Ella trova questa persona in Giacomo Caldora anziano capitano d’esercito con grande esperienza della guerra.

Proprio grazie a queste caratteristiche Giacomo  riesce a farsi valere nella Marsica, muovendosi tramite la grande partita politica per la conquista del trono napoletano, messo in discussione dopo la morte senza eredi di Giovanna II nel 1435. Ebbene Giacomo sbaraglia sia i Colonna che gli Orsini conquistando le contee d’Albe e Tagliacozzo 1436.

Anni dopo Jacovella approfittando della forza di Giacomo lo sposa nel 1439. Tuttavia questi dopo tre mesi di matrimonio muore lasciando Jacovella di nuovo sola.

La morte di Giacomo apre alla successione del figlio Antonio che diventa nuovo conte d’Albe e Tagliacozzo. Invece Celano rimane nelle salde mani di Jacovella, che a sua volta si risposa con il nipote di Giacomo Caldora, Leonello Acclozamora. Il matrimonio stavolta è un matrimonio d’amore che dura molti anni e assicura a Celano pace e prosperità.

I conti Acclozamora si rivelano abili nel gestire le finanze della contea, prendendo ricchezza dalla lavorazione della lana che vendono ricavandone molto denaro. Essi spendono questi soldi per rendere efficiente la contea celanese e migliorare le condizioni dei suoi abitanti.

 

 

Litium nella prima metà del secolo XV

Litium nella prima metà del secolo XV gode di un periodo di pace e prosperità. Nello stesso periodo siamo a cavallo degli anni 1440 si assiste allo sviluppo dei borghi limitrofi a Lecce Vecchio che si pongono più in basso rispetto al borgo principale

Questi trovandosi più a bassa quota permettono una vita più tranquilla a contatto con le vie di comunicazione principali, ma soprattutto disponendo di un clima più mite e meno rigido hanno la possibilità di avere una migliore agricoltura rispetto a quella coltivata più in altura.  I nomi di questi borghi sono Ca’ Marino, Ca Buccella, Ca’ Scappone, Ca’ Carlone, Macchia, Sierri e Castelluccio.

 

 

– Italia nel 1454

In Italia viene firmata la Pace di Lodi fra le potenze italiane. La pace firmata a Lodi si rivela duratura assicurando alla penisola una sostanziale pace per circa 40 anni

Italia nel 1454. (Immagine da Wikipedia)

 

 

Il terremoto del 1456

Nel 1456 un tremendo terremoto si verifica in Irpinia con grado 7 Mw. Il tremendo sisma oltre a distruggere la zona epicentrale si risente in modo forte su buona parte d’Italia. Le zone del centro Italia sono completamente attraversate dall’onda d’urto determinando il crollo d’interi paesi. Nella Marsica la zona maggiormente colpita risulterebbe la Piana del Cavaliere, dove abbiamo Carsoli distrutta e Pereto con Oricola gravemente danneggiate.

I morti nella Marsica per questo sisma sono qualche centinaio. Oltre alla Piana di Carsoli anche altri centri sono gravemente danneggiati riportando chi danni molto gravi chi solo parziali. Litium parrebbe essere tra quelli più danneggiati.

 

 

– Terremoto del 1461

Nel 1461 un forte terremoto si verifica all’Aquila distruggendo in gran parte la città. Il sisma fa sentire i suoi effetti anche sulla Marsica aggiungendo nuovi danni in un territorio già colpito nel 1456. Sembra però che il sisma  non provochi i danni rilevanti avuti nel 1456 e che essi siano solo superficiali.

Celano ha sicuramente risentito anche di questo sisma, ma grazie al rilancio edilizio in pieno svolgimento procede in una rapida riparazione dei danni.

 

 

– La ricostruzione

La contea di Celano risulta avere molti centri danneggiati dal sisma, con diverse chiese crollate. La contessa di Celano Jacovella dapprima con il marito Leonello e poi da sola dopo la morte di lui nel 1458 procede nella riparazione dei danni del sisma del 1456 e in piccola parte di quelli del sisma del 1461.

 

 

– La contea di Celano dai Berardi ai Piccolomini

Lecce nei Marsi diventa con Jacovella e Leonello il secondo centro per importanza della contea di Celano. Il numero di abitanti cresce e anche l’economia va bene. Poi nel 1462 una breve guerra cambia tutto.

Dapprima si ha la lite tra Jacovella e il figlio Ruggerotto per la conduzione della contea dopo la morte di Leonello. Poi dopo che Leonello aiutato dal perfido capitano di Ventura Piccinino è divenuto conte di Celano dopo aver deposto la madre, perde tutto per l’intervento del papa.

Il papa ordina al conte Orsini d’intervenire a Celano e liberare la contessa. Così avviene. Il conte Orsini muove guerra a Celano contro Ruggero IV Acclozamora e il suo capitano Piccinino. Una parte di questo intervento militare si svolge proprio a Lecce nei Marsi, presso Castelluccio.

Qui nello scontro Tra Orsini e Ruggerotto avviene la distruzione dell’antico castello del paese che verrà recuperato più avanti. A questo punto Orsini sconfitto Ruggerotto che ripara a Balsorano libera la contessa Jacovella che viene portata a Roma dal papa

Con la sconfitta di Ruggerotto, Antonio Piccolomini, nipote del papa, viene nominato nuovo conte di Celano, di cui prende possesso poco dopo. Invece la povera Jacovella si ritira a vita privata presso la contea di Venafro data dal papa a lei come contropartita per Celano.

 

 

– I Piccolomini e lo sviluppo di Litium (1462-1500)

Con Antonio Piccolomini la contea di Celano prosegue felice nella sua crescita economica e nella riparazione dei suoi borghi dai danni dei sismi dei precedenti anni, ma anche dalla breve guerra fra Ruggerotto e il conte Orsini.

In questo contesto troviamo la zona di Litium diventata ormai la seconda località per importanza della contea celanese. Di riflesso anche i suoi borghi sono coinvolti seppure indirettamente in questa stagione di ricchezza generale.

Sul piano edilizio siamo portati a credere che il piccolo castello di Castelluccio sia stato ricostruito poco tempo dopo la battaglia del 1462 che lo ha distrutto. Non abbiamo al momento alcun tipo di prova in tal senso, ma sappiamo che Antonio Piccolomini è stato un ottimo gestore del suo contado ed essendo passato alla storia anche come un costruttore di castelli è probabile che quelli della zona di Litium siano stati riparati da lui. Per ora però queste sono solo congetture.

In generale però sono molti i borghi che sono stati riparati da Piccolomini per cui è possibile che anche le chiese abbiano avuto questa sorte e se la chiesa di San Martino ha riportato danni da questo periodo, crediamo che sia stata riparata in tempi abbastanza celeri.

 

 

– La chiesa di San Martino a fine XV secolo

L’ex chiesa di San Martino. (Immagine privata)

Alla fine del XV secolo la contea di Celano vive un momento di tranquillità, non appare sconvolta da grandi tragedie. Purtroppo però il clima di guerra che si respira a Tagliacozzo influisce negativamente anche a Celano. Qui però la famiglia Piccolomini riesce a fare da argine alla consistente situazione presente nel grande feudo di Tagliacozzo.

Questa situazione di relativa tranquillità si mantiene inalterata per tutto il ‘400, nonostante che ci siano situazioni calde. Ciò si evincerebbe anche dalle chiese dove non si registrano casi particolari di malcontento. Qui le scarsissime notizie delle poche fonti del periodo non ci permettono uno sviluppo storico preciso. Come ho detto prima non si registra niente di particolare.

Ciò è valido anche per la chiesa di San Martino dove la comunità locale procede nelle sue attività quotidiane, in modo tranquillo. Certo bisogna anche rendersi conto che ci si muove in un contesto per nulla semplice. Basta ricordare la competizione di Francia e Spagna per prendersi l’Italia meridionale.

 

 

 

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XVI secolo

 

 

La Spagna si annette il regno di Napoli

Nel 1504 fra alti e bassi la Spagna di Ferdinando, re di Castiglia e Aragona riesce ad annettersi non senza combattere contro la Francia il territorio del regno di Napoli. Il regno di Napoli cessa di esistere abbassato a semplice vicereame. In pratica il sud Italia diventa colonia spagnola.

 

 

Alfonso II e la contea di Celano

Alfonso II succede al padre in tutti i feudi gestiti dalla famiglia all’età di tre anni, quindi un infante a capo di tutto. Chiaramente Alfonso viene guidato fino alla maggiore età e ciò significa che per lungo tempo la contea di Celano, divenuta nel frattempo colonia spagnola dopo la presa della Spagna sul regno di Napoli nel 1504, viene gestita da altri e non dai Piccolomini.

Con Alfonso II inizia il declino della famiglia e della contea di Celano sul piano economico. La contea di Celano nonostante la cattiva gestione di Alfonso rimane ancora per diverso tempo un territorio ricco ed ambito.

Crescendo Alfonso non si mostra interessato ai suoi feudi abruzzesi, ma preferisce il feudo del ducato di Amalfi che elegge a propria dimora e da cui qui controlla tutto il resto del suo patrimonio. Ad essere precisi Alfonso elegge a propria dimora l’isola di Nisida davanti le coste di Amalfi. Qui egli diventa molto famoso per la sontuosità delle feste da lui organizzate.

La tradizionale fedeltà dei Piccolomini agli Asburgo vede riconfermati alla famiglia senese i suoi feudi, compreso il ducato d’Amalfi tolto precedentemente ad Alfonso I. Tuttavia Alfonso II sente forte le sue origini senesi e ed è qui che si concentra la sua attività, soprattutto dopo la sua nomina a Capitano del popolo a Siena nel 1528.

La nomina di Alfonso a capo della repubbica di Siena comporta una visibilità politica importante, che attira su di lui molte critiche. I problemi dei Piccolomini nascono proprio da questa posizione perchèSiena è sempre più contesa nei giochi di potere europei e per riuscire a mantenere la propria indipendenza si deve muovere con cautela. Ebbene la nomina di Piccolomini a capo della repubblica va proprio in queste direzione.

Alfonso per questa nomina viene malvisto dall’imperatore che lo nel giro di alcuni annilo costringe alle dimissioni da capo della repubblica senese e oltre aciò Carlo V gli nega ache ogni incarico nel vicereame di Napoli. A causadi questa sfiducia Alfonso cade nella depressione, che lo porta a disinteressarsi degli affari dei suoi feudi e persino della moglie Costanza d’Avalos e dei figli Inigo e Giovanni. Gli ultimi dieci anni sono praticamente inestinti per lui.

In tutto questo gioco i feudi abruzzesi sono piuttosto trascurati da Alfonso II e questo fa si che ciò si ripercuota sull’economia locale, che comincia a declinare. Complessivamente dobbiamo anche registrare una certa vivacità economica del grande feudo della contea di Celano, dovuto ad alcuni centri che stanno andando economicamente piuttosto bene, come il feudo della baronia di Capestrano, che grazie alla produzione dello zafferano e alla produzione della lana carfagna sostiene economicamente tutti gli altri centri più piccoli rientranti nell’ambito del complesso dello stato celanese. Questa vivacità economica tende  favorire una certa attrazione di imprenditori provenienti da tutta Europa.

 

 

Litium nella prima metà del XVI secolo

Inizialmente Litium gode ancora di un buono stato economico, tuttavia la conquista della Spagna di Napoli porta nel giro di vent’anni ad un deciso cambio della situazione economica, che inizia a peggiorare più o meno negli anni 1520. Ciò riguarda sia Napoli in se come capoluogo principale che tutti feudi del sud Italia compresa la contea celanese. Da qui appare chiaro che anche i centri minori come Litium risentano di questa situazione.

Al livello locale assistiamo al consolidamento di diversi casali che ruotano intorno al paese di Lecce Vecchio. Alcuni di questi casali diventano un vero e proprio borgo. Per quel poco che sembrerebbe emergere dalle fonti parrebbe che il vecchio castello dei Trasmondi sia abbandonato da tempo. La stessa cosa inizia ad avvenire per Litium che si viene pian piano spopolando rispetto ai centri minori posti in una posizione migliore.

Sempre sul piano locale bisogna registrare i primi episodi di brigantaggio nella zona di Lecce vecchio, che viene bersagliato per essere un centro tranquillo e operoso, ma soprattutto non controllato bene dalle forze di polizia.

 

 

Castelletto e la chiesa di San Martino nella prima metà del XVI secolo

In base a quanto detto la situazione dei borghi intorno a Litium tende a rinforzarsi a scapito del centro principale, ciò è vero anche per Castelletto che per la posizione che occupa viene sempre più crescendo d’importanza. Ciò vale anche per la chiesa di San Martino che viene sempre più rappresentando un punto di riferimento importante per i vari borghi circostanti.

 

 

Dai Piccolomini ai Peretti

Per Costanza, il marito Alessandro è una vera sciagura di marito e uomo. Il conte di Celano Alessandro Piccolomini contrae molti debiti per mantenere la sua vita lussuosa e dissoluta. Questo suo modo di fare porta a un forte indebitamento della famiglia comitale e della stessa contea celanese.

Ella non riuscendo più a far fronte ai debiti del marito scapestrato decide di vendere una parte dei propri feudi. Capestrano viene venduto nel 1580 ai Medici insieme a Carapelle.  Successivamente  nel 1585 anche Balsorano è venduta allo zio Giovanni Piccolomini.

Costanza decide di divorziare dal marito, ma il costo del divorzio è enorme sia per le spese in se che per il mantenimento del marito scapestrato. Non solo ma deve mettere in piazza i propri problemi personali e questo porta alla vergogna, che però ella affronta a testa alta.

Purtroppo però i debiti e le spese sono troppo grandi e alla fine arriva per Costanza giunge la decisione più sofferta, il dover vendere la contea di Celano, a cui lei è molto legata.

Costanza vende la contea celanese a Camilla Peretti, sorella del papa. Così facendo i Piccolomini escono di scena. Dopo il divorzio e la vendita di tutti i suoi beni Costanza salda tutti i suoi debiti e quelli del marito e si ritira in un monastero dove morirà nel 1610.

Il marito Alessandro Piccolomini dopo i debiti accumulati, diventa un criminale unendosi a una banda di briganti. Però pare grazie al suo rango sociale sembrerebbe che riesca ad uscire da questa condizione di brigante qualche anno dopo, riuscendo a farsi assegnare anche una pensione e vivendo in tranquillità.

Celano invece ora si ritrova con una nuova famiglia comitale, ma soprattutto in grave dissesto economico. Camilla, a sua volta dopo alcuni anni di gestione, cede le redini del potere comitale al nipote Michele Peretti (1596).

 

 

– Litium e le sue frazioni alla fine del XVI secolo

Il borgo di Litium è sempre più spesso attaccato dai briganti della zona che ogni tanto giungono in paese creando molti problemi alla popolazione. Forse anche per questo, ma di ciò non ho notizie certe, che le frazioni di Litium si vengono popolando a sfavore del centro principale che procede nello spopolamento

Queste borgate avviatesi pare nel XV secolo (ma probabilmente anche molto prima) ora sono divenute più grandi e trovandosi ad una quota inferiore (950 m circa) rispetto a Litium posto a 1300 m  di quota, riescono meglio a rispondere alle esigenze della popolazione, anche in virtù della loro maggiore vicinanza alle vie principali.

Quindi alla fine del XVI secolo si assiste ad un lento spopolamento di Litium a favore delle sue frazioni costruite più in basso. Probabilmente però il motivo principale sia  anche alle condizioni climatiche. Ovvero Litium è costruito a 1300 m di quota e d’inverno è molto freddo e non si riesce a vivere bene, non essendoci più motivi di carattere di difesa militare si preferisce ora scendere di livello verso temperature più miti, vista anche la presenza del lago.

Altro motivo è l’isolamento del paese, anche qui non più giustificabile con la diversa condizione storico-politica dei tempi, visto che non ci non più pericoli di minacce esterne,  ma anzi trovarsi isolati in altezza è più pericoloso per la presenza dei briganti, che attaccano più facilmente questo genere di borghi.

 

 

La chiesa di San Martino di Castelletto a fine XVI secolo

Ormai le chiese di San Pietro e Santa Maria a causa dello spopolamento sempre maggiore di Litium vengono perdendo importanza, mentre la chiesa di San Martino appare sempre più centrale nel panorama locale, pur rimanendo per il momento una chiesa surrogata della chiesa di Santa Maria.

 

 

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XVII secolo

 

 

La Marsica nella prima metà del XVII secolo

All’inizio del XVII secolo tutto il sud Italia è soggetto alla Spagna che ne ha fatto una propria colonia, imponendovi tasse altissime e sfruttandolo fino al midollo. Ciò unito a una pessimi raccolti favoriscono una forte crisi economica e quindi sociale.

In questo stesso contesto troviamo la Marsica, che essendo parte del meridione italiano soggetto alla Spagna, si trova in condizioni economiche molto difficili. Tutti i feudi marsicani in questo periodo vivono una grave crisi economica, che porta alla povertà assoluta dei contadini che vivono  in questo territorio.

Difatti sia i feudi grandi come la Contea di Celano e il ducato di Tagliacozzo che quelli piccoli, tipo la baronia di Balsorano, vivono in un momento molto difficile sul piano sociale. Ciò offre una buona condizione di sviluppo per il banditismo che in questo periodo dilaga in tutta la Marsica.

Le grandi montagne e le folte foreste offrono ottimi ripari per queste bande che si sentono protette, e padrone del territorio. Queste spadroneggiano in tutta la zona seminando omicidi e rapine a scapito sia dei poveri contadini e artigiani dei vari paesi.

 

 

I Briganti a Lecce vecchio

Il fenomeno dei briganti inizia nel secolo scorso come fenomeno marginale e viene acquistando sempre maggiore forza. Lecce vecchio e anche i suoi borghi satelliti vengono presi diverse volte di mira da questi criminali che si divertono con incursioni nei paesi e nelle case private della povera gente.

 

 

– Castelluccio e la chiesa di San Martino a inizio XVII secolo

Purtroppo a causa del continuo spopolamento Litium è sempre più vuota, contrariamente ai vari borghi che ormai divenuti stabili iniziano anche a popolarsi. Tra questi viene primeggiando Castelluccio che acquisisce una sempre maggiore centralità nella zona.

La chiesa di San Martino alla pari del paese è ormai divenuta una chiesa centrale nell’ambito locale e spesso è usata per cerimonie importanti.

Purtroppo il grave stato economico generale e locale, nonchè il fenomeno del brigantaggio non permettono all’area di Litium un maggiore sviluppo.

 

 

Litium a inizio XVII secolo

In un quadro economico generale di grave indigenza ritroviamo purtroppo anche Litium e suoi borghi, dove sempre più spesso si manifestano situazioni di difficoltà estrema per arrivare a coltivare qualcosa o anche portare avanti l’allevamento di animali. I raccolti a Litium come nel resto della Marsica sono scarsi e non sufficienti per il sostentamento della popolazione che muore letteralmente di fame. La grave presenza delle bande di Briganti fa il resto scatenando terrore nelle popolazioni. A ciò aggiungiamo la grave corruzione presente nelle sfere alte del potere che spesso sono collaboranti con i Briganti.

Spesso ritroviamo nelle storie delle frazioni e nel centro di Lecce vecchio storie di vizi antichi quanto l’uomo , come estorsioni, depredazioni, favori arbitrari da parte di autorità amministrative e militari e poco importa se le autorità in questione sono in questa fase spagnole, sono storie che si ripetono.

A Lecce vecchio nel corso del XVII secolo si ha spesso il passaggio di truppe, persone e merci, che prediligono questa via  anzichè quelle ufficiali sia per un minore controllo, complice qualche mancia ai militari, sia per comoda sosta per coloro che si muovono verso Napoli tramite questo comodo sentiero appenninico.

La presenza continua di persone per Litium porta alla fine a una grave rimostranza nel 1643 da parte del vicerè spagnolo Don Antonio Ferndez deToledo.

 

 

Castelluccio diventa il centro dell’area di Lecce vecchio

Tornando alla storia urbanistica di Litium si osserva  come i borghi limitrofi a Litium siano sempre più abitati dalla popolazione. Tra questi è emerso nel tempo il borgo di Castelluccio divenuto nel tempo un vero punto di riferimento locale.

Questo piccolo borgo si trova in una posizione ideale per essere il centro della zona essendo posto su di un colle vicino il Lago Fucino in una posizione vicina alle vie principali.

Il borgo di Castelluccio a differenza di altri dispone di un piccolo castello, attivo dal XII secolo fino al 1462, anno in cui la battaglia fra il conte Orsini e Ruggero Acclozamora non lo ha distrutto. Poco dopo però riteniamo che sia stato ricostruito dal conte Antonio Piccolomini famoso per essere stato un ottimo amministratore.

Da quel che si è inteso nella battaglia di Orsini e Acclozamora viene distrutto non solo il castello, ma anche il borgo. Ciò lo diciamo in quanto all’epoca quando vi era un’invasione di un castello era l’intero borgo che risentiva dell’aggressione, quindi le due cose non possono essere scisse.

Detto ciò se Castelluccio tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo è ormai un centro locale importante non può che esserci stata una completa riedificazione del borgo e sicuramente anche del piccolo castello.

 

 

La chiesa di San Martino diventa la chiesa principale di Litium

A completamento della centralità locale di Castelluccio vi è il riconoscimento indiretto della centralità della chiesa di San Martino di Castelluccio da parte di Papa Urbano VIII tra il 1630 e il 1640.

Papa Urbano VIII infatti elargisce alla chiesa il privilegio di indulgenze speciali per chi visitasse i suoi sette altari. Questo privilegio ci conferma quanto sia ormai centrale il borgo di Castelluccio.

 

 

– Lo spopolamento di Litium

Oltre a Castelluccio vi sono altri borghi che ormai si possono definire paesi come Vallemora, Macchia e Sierri. Ciò chiaramente è da intendere come una sempre maggiore perdita d’importanza di Litium, proprio a causa di questo spopolamento.

La conferma dello spopolamento di Litium a favore delle nuove frazioni, ci arriva nel 1638 da un episodio che vede protagonista il vescovo dei Marsi Lorenzo Massimi in visita nel borgo di Litium.   

Questi nota la scarsa presenza della popolazione nel borgo principale e la presenza di tutta una serie di nuovi casali e microborghi. Ciò a Massimi non piace e lancia da subito un editto pastorale nel quale ammonisce severamente gli abitanti dei borghi limitrofi nel far ritorno al borgo d’origine. Non solo ma proibisce agli ammalati e alle partorienti di fermarsi nei casali limitrofi, ordinando loro di trasferirsi da subito in Lecce Vecchio. Le parole effettive usate da Massimi sono

“ad effetto di ricevere li SS. Sacramenti, sotto pena di docati sei per ciascheduna volta (…), et quelli, che moriranno in detti Casali, senza li Sacramenti, debbiano essere seppelliti nella Campagna, et nelli sterquilinii di detti Casali, et non possano entrare nelle mura della Chiesa, et di Lecce, dove li corpi loro saranno vessati dalli diavoli”. 

Aggiungiamo qui due parole sulla tipologia degli abitanti di Litium in questa fase storica. Gli abitanti di Litium in questo periodo si compongono principalmente di boscaioli e pastori. Quest’ultimi si recano ogni anno a Foggia in Puglia con le greggi di pecore loro affidate per vendere la lana, comprare altre pecore, ecc. Questi pastori usano anche scendere a valle per raccogliere legna e farne carbone, da usare per cucinare misere pietanze di quelle piante che sono riusciti a coltivare per la loro sopravvivenza.

 

 

– La rivolta di Masaniello nella Marsica

Nella Marsica l’esplosione della rivolta partirebbe dall’Aquila e presto dilaga anche nella Marsica. Qui una serie di piccoli nobili, anch’essi colpiti dalla crisi economica, si alleano con il popolo dando vita a forti proteste popolari contro il carovita spagnolo. La protesta si concentra nei grandi centri marsicani come Celano, che diventa il capoluogo della protesta. Qui il barone Quinzi dell’Aquila si pone al comando dell’impresa destituendo il conte Peretti e occupando il castello di Celano, che diventa la sede dei rivoltosi.

La protesta dilaga nel giro di poco in tutti i principali centri come Avezzano e Tagliacozzo, ma anche nei centri più piccol.  A Litium al dire il vero non abbiamo notizie di scontri con le forze spagnole, quindi al riguardo ci asteniamo, affermando solo che sicuramente diversi abitanti giovani del borgo hanno partecipato alle proteste presenti in altri borghi.

Anche nella Marsica come nel resto del meridione la rivolta dura fino al 1648, allorquando la reazione spagnola non riesce ad avere la meglio sui rivoltosi, spegnendo ogni sogno di cambiamento. Segno indelebile della fine delle proteste nella Marsica è l’espugnazione del castello di Celano e l’allontanamento del barone Quinzi, capo della rivolta nella Marsica. Il castello e la contea di Celano sono riconsegnati al conte Peretti.

 

 

Scontento della popolazione

La popolazione esce devastata dall’esperienza della rivolta napoletana. I sogni di un cambiamento si spengono sul nascere e questo crea depressione e ansia nella popolazione che ora allo scoramento delle avverse condizioni di vita si aggiunge l’abbattimento verso un sogno che rimane solo sulla carta.

 

 

– Terremoto del 1654

A Sora il 23 luglio 1654 si verifica un tremendo terremoto di 6,3 Mw. Il terremoto fa gravi danni a Sora e nella Marsica meridionale come a Opi e Pescasseroli che sono gravemente danneggiate. Il sisma si sente in tutto il centro Italia, compresa Roma

Nella Marsica a parte Opi e Pescasseroli che sono i comuni che riportano il maggior numero di danni anche i comuni della Valle Roveto a cominciare da Balsorano sono gravemente scossi riportando diversi danni.

Litium seppure non abbiamo informazioni al riguardo, ha sicuramente avvertito la scossa che qui forse è venuta più attutita rispetto ad altre zone. Comunque non sembra pare esserci stato danno importante.

 

 

La contea di Celano dai Peretti ai Savelli

Nel 1655 si estinguono i Peretti a Celano, che sono sostituiti dai Savelli, nella persona di Berardino Savelli.

 

 

– Lo scoramento diventa disperazione: arriva la Peste

Negli anni successivi alla rivolta del 1647 la popolazione perde ogni speranza in un cambiamento politico contro gli Spagnoli. La perdurante crisi economica porta alla rassegnazione che diventa infine disperazione allorquando scoppia la Peste in Italia nel 1656.

La Peste colpisce l’Italia violentemente durando poco più di un anno e terminando nel 1657. In questo arco di tempo il sud Italia è coinvolto pesantemente con risultati disastrosi tra la popolazione.

A causa di questa pestilenza muoiono una moltitudine di persone in un brevissimo arco temporale. Interi paesi dell’Abruzzo vedono dimezzare la popolazione.

Nella Marsica sono molti i paesi che registrano un tasso di mortalità altissimo. Celano non fa eccezione e tutta l’area della contea è scossa dalla pestilenza. La popolazione generale si deprime moltissimo con picchi di mortalità anche del 70-80 % in alcuni paesi. Nella sola Marsica alla fine della pestilenza si contano 4.000 morti.

 

 

– Litium viene decimata

Come tutti i paesi del sud Italia anche Litium già in crisi demografica viene devastata dalla Peste. Nel giro di poco tempo tra il 1656 e il 1657 muoiono decine di persone sia nel centro principale che nei borghi limitrofi. In pratica vi è una vera e propria carneficina. La gente è disperata non sa cosa fare ne dove andare per sfuggire a questo morbo. Litium diventa un paese fantasma.

 

 

La contea di Celano dopo la Peste

Dopo la Peste del 1656 Celano è una ormai una contea povera e nonostante le entrate dell’industria armentizia, non si riesce a riprendere sia per le enormi tasse spagnole che per la grave crisi demografica seguita alla pestilenza. Ci vorranno molti anni per riprendersi sotto questo punto di vista.

I Savelli che gestiscono la contea di Celano dal 1655 non riescono a raddrizzare la situazione economica che alla fine del secolo si rivela disastrosa.

 

 

– Castelluccio diventa la nuova Litium

Litium dopo il disastro della peste non si è mai ripresa permanendo come un paese fantasma. A distanza di diversi decenni dalla Peste il borgo rimane semideserto. Anche l’iniziativa di ricostruire l’antica chiesa di San Pietro divenuta un luogo di rovina a causa del tempo non porta benefici. Nel 1690 circa l’antica chiesa di San Pietro ormai ridotta a un cumolo di rovine, viene ricostruita completamente e inaugurata con il nuovo nome di chiesa di S.ELIA.

Nonostante questo il borgo di Litium è sempre più deserto. Al deserto di Litium fanno da controaltare i borghi satelliti che sono sempre più grandi. Tra questi vi è Il borgo di Castelluccio che diventa ora il nuovo centro amministrativo di Lecce nei Marsi. Castelluccio (o Taroti come viene chiamato) dopo la peste del 1656, viene a concentrare piano piano le principali attività pubbliche e private dell’antico borgo di Litium, come il comune, ecc.

 

 

– La chiesa di San Martino alla fine del XVII secolo

Tra le principali attività pubbliche troviamo la chiesa di San Martino in Agne. Questa chiesa come abbiamo accennato prima, ha sostituito spiritualmente e praticamente l’antica chiesa madre di Santa Maria in completa decadenza. La disposizione papale delle indulgenze per la chiesa di San Martino del 1630-40  ha portato questa a diventare la chiesa principale, qui ormai si concentrano ormai le principali cerimonie del paese.

 

 

– Terremoto del 1695

Nel 1695 a Bolsena si verifica un forte terremoto che fa sentire i suoi effetti anche nella Marsica, specialmente a Celano dove si verificano numerosi crolli in seguito a questo sisma. Negli anni seguenti a Celano a causa del grave stato economico, non si riesce a ricostruire subito tutti gli edifici danneggiati dal sisma, ma anzi subisce i danni anche del terremoto successivo quello del 1703.

 

 

– Danni del sisma del 1695 a Celano

I danni del terremoto di Bolsena a Celano sono molti e  ingenti. Il paese risulta semidistrutto con quasi tutti gli edifici principali (le chiese e il castello) che risultano fortemente lesionati. Gli abitanti del paese vivono per qualche tempo nelle baracche.

 

 

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XVIII secolo

 

 

– Terremoti del 1703 e del 1706

All’inizio del XVIII secolo l’Abruzzo viene scosso da due violenti sismi. Il primo è quello dell’Aquila del 1703 e il secondo è quello della Majella nel 1706. Entrambi i sismi si rivelano assai distruttivi e violenti, ma sembra essere quello della Majella ad incidere di più a Celano, arrecando ulteriori danni e crolli in un paese già gravemente colpito in precedenza con i sismi del 1695 e del 1703.

Quando poi avviene l’ultimo terremoto del 1706 sulla Majella, questo riesce ad arrecare ancor più danno al paese, producendo molti danni persino alla massiccia struttura del castello. Pare poi che questo sisma abbia costretto molti abitanti a dormire nelle baracche per diverso tempo.

 

 

– Effetti dei terremoti a Litium

Al momento non conosciamo gli effetti dei sismi del 1703 e del 1706 su Litium. Sicuramente entrambe le scosse sono state forti e si sono sentite distintamente nel paese. Tuttavia dalla forza delle scosse e considerando i danni arrecati ad altri paesi della Marsica, è più che probabile che vi siano stati danni di una certa rilevanza, seppure non distruttivi di quanto accadrà con il terremoto del 1915.

 

 

 

– Le frazioni di Litium

I resti del borgo di Sierri oggi. (Immgine personale)

 

Nonostante i terremoti che funestano l’Abruzzo nel primo decennio del secolo assistiamo ad una notevole ripresa della Marsica in campo economico e sociale. Litium in questo panorama non è da meno, ma vi è da considerare che ormai il vecchio borgo medievale di Litium è ormai in quasi completo abbandono a causa della sua posizione isolata, alta (1300 m di quota) e fredda. Ormai fatta eccezione per poche persone, la maggior parte della popolazione del paese di Litium vive nei casali, posti più in basso uno accanto all’altro che formano piccoli borghi indipendenti, ma affini per territoriio,

Come detto i borghi che emergono sono diversi come Sierri, Vallemora, Taroti (che diventa in pratica la nuova Litium), Collemino, ecc. La testimonianza dei casali divenuti ormai veri e propri borghi ci viene data  riguardo alla chiesa di San Martino in Agne di Taroti. La chiesa in questione in questo caso non è citata da alcuna fonte, ma viene menzionata l’antica chiesa patronale di Santa Maria. La chiesa di Santa Maria cade in completa disgrazia come anche la chiesa di Sant’Elia da poco costruita alla fine del ‘600 e già decaduta dopo il terremoto del 1915.

Su Litium e le sue frazioni vi è ampio materiale di archivio che riguarda il XVIII secolo, però molte notizie a volte sono da estrapolare dal contesto. Per esempio uno dei motivi per cui Litium viene sempre più abbandonata è anche la sua esposizione ai briganti, che qui praticamente sono di casa e spesso vengono per fare razzia o peggio uccidere e violentare povere donne innocenti.

Detto ciò vi sono anche da considerare gli aspetti positivi di questo secolo ovvero una decisa ripresa demografica che riporta un po’ di gente fra questi colli. La stessa Litium pur fortemente diminuita di popolazione ha comunque una ricrescita demografica, che esaminiamo più avanti.

 

 

La chiesa di San Martino a inizio 700

All’inizio del ‘700 la chiesa di Santa Maria viene spogliata dei suoi arredi. Una grossa parte di questi arredi  sono portati alla chiesa di San Martino, dove vengono inseriti nell’arredo della suddetta chiesa. Ciò non sarebbe stato possibile se il borgo di Taroti non fosse divenuto così centrale in ambito locale.

 

 

– La contea di Celano a inizio XVIII secolo

La contea di Celano nel 1720

Dopo i sismi d’inizio secolo abbiamo l’inizio di un periodo di ripresa economica e ciò grazie a migliorate condizioni climatiche, che consentono migliori raccolti, ma anche a nuovi metodi di coltura.

La ripresa economica consente anche una più facile ricostruzione dei tanti borghi danneggiati dai sismi del 1703 e del 1706. La ricostruzione dei borghi parte più o meno dal 1720 circa e dura molti anni. Questo periodo di ristrutturazione si rende evidente nello stile delle chiese che sono state fra le prime strutture ad essere danneggiate dai sismi.

Così notiamo molte chiese che sono rinnovate secondo lo stile barocco allora vigente e che oggi in molte di esse ristrutturate dopo il sisma del 1915 possiamo ancora per fortuna ammirare.

 

 

– Dai Savelli ai Sforza-Cesarini

Al livello locale si ha nel 1712 la morte di Giulio Savelli conte di Celano, che muore senza lasciare discendenza. Dopo un periodo d’incertezza durato qualche anno la famiglia Sforza-Cesarini, più prossima come parentela ai Savelli, si appropria del grande feudo abruzzese.

Sotto gli Sforza-Cesarini a partire più o meno dal 1720 parte la ristrutturazione dei vari borghi della contea di Celano, partendo proprio dal capoluogo, Celano e poi via via tutti gli altri.

Litium, che risulta una delle zone più popolate dopo Celano, ha avuto una ristrutturazione, di cui però ignoriamo la portata.

 

 

– Il passaggio dagli Spagnoli agli Austriaci (1714)

Nel 1700 muore l’ultimo Asburgo di Spagna, Carlo II. Per testamento il regno di Spagna dovrebbe andare al nipote Carlo di Borbone, a sua volta nipote di re Luigi XIV. Le potenze europee inizialmente non accettano la successione in Spagna, aprendo così la guerra di successione spagnola.

Dopo 15 anni di guerre fra la Francia e le altre potenze europee si giunge alla Pace di Utrecht del 1713, ribadita l’anno successivo da un’altra pace europea.

Ebbene tralasciando molti fatti di contorno diciamo che il sud Italia passa dalla Spagna all’Austria che impone un suo uomo come governatore. Il nuovo governo austriaco si pone più vicino alla popolazione, ma sostanzialmente cambia poco nel modo di vedere il territorio, che rimane una colonia, questa volta austriaca.

Tuttavia il diverso approccio ai problemi del territorio pongono in modo diverso il governo austriaco. Ovvero gli Austriaci provano a modo loro a venire incontro alle necessità del territorio napoletano.

Questo stato di cose dura fino al 1734, allorquando avverrà una nuova rivoluzione amministrativa.

 

 

– La rinascita del regno di Napoli (1734)

Secondo un nuovo ordine europeo, Napoli e il territorio del sud italiano tornano indipendenti come regno di Napoli. Primo re della nuova dimastia borbonica è Carlo di Borbone che regna su Napoli dal 1734 al 1759.

In questo periodo egli si prodiga per migliorare le condizioni della proprio regno, quindi anche dell’Abruzzo. Probabilmente anche per merito suo che le condizioni socio economiche delle zona abruzzese vengono a migliorare.

Fatto è comunque che nella Marsica la situazione tende a migliorare, ma non torna ricca come nel secolo XVI. Comunque i comuni e i borghi che beneficiano di questa ripresa economica sono molti tra cui anche Litium, che assiste ad una certa ripresa economica.

 

 

– Litium negli anni di Carlo di Borbone (1734-59)

L’Europa nel 1748

 

Negli anni di Carlo di Borbone Litium continua a riprendersi socialmente ed economicamente, chiaramente parliamo di un borgo di montagna che per quanto possa rialzarsi non può competere con paesi più importanti.

Comunque sia dal catasto del 1753 sappiamo che Litium con tutte le sue frazioni conta 1100 abitanti, per cui si è ripreso dal crollo demografico seguito della Peste del 1656. Il borgo di Litium con le sue case antiche e fatiscenti si vede spopolarsi sempre di più e questo lo si vede bene dal catasto del 1753.

 

L’Italia nel 1748

 

Dal catasto del 1753 abbiamo infatti una fotografia del paese in questo periodo sia sotto il profilo urbanistico che sociale. In questo contesto ci occupiamo solo del lato sociale e osserviamo che dal catasto del 1753 emerge chiaramente l’abbandono del vecchio abitato di Litium, con solo poche persone abitanti nel paese, in favore delle frazioni limitrofe, che si trovano intorno ai 950 m di altitudine, quindi ad una quota molto inferiore all’abitato centrale che si erge a circa 1300 m.

Tra questi borghi è emerso come nuovo capoluogo il paese di Castelluccio, dove nel 1753 si concentrano le isitituzioni comunali ovvero la chiesa parrocchiale (Chiesa di San Martino), la scuola elementare e il municipio. In pratica Castelluccio viene a essere il nuovo quartiere di Lecce Vecchio, smettendo i panni di borgo a se. In questo modo vi vengono trasferiti i precedenti centri principali del paese.

 

L’Abruzzo nel 1748

 

Stando così le cose possiamo affermare che Litium perdura nel tempo spostandosi nella nuova zona (Castelluccio). Il quartiere di Castelluccio nel 1753 conta 84 famiglie per un totale di 425 abitanti, che si sommano ai restanti delle altre frazioni si raggiunge un numero complessivo di circa 1100 unità.

 

 

– La chiesa di San Martino a metà ‘700

Come detto poc’anzi la chiesa di San Martino di Castelluccio è ormai la chiesa parrocchiale di Lecce vecchio, nonostante che ancora figuri nei registri ufficiali il nominativo della chiesa di Santa Maria, ormai solo un rudere. Qui nella chiesa di San Martino con i suoi 7 altari si celebrano tutte le funzioni principali della parrocchia.

 

 

Arriva re Ferdinando IV (1759-98)

Carlo IV di Borbone è chiamato a diventare re di Spagna e ciò gli impone di lasciare il trono napoletano. Questo a sua volta viene ereditato dal secondogenito Ferdinando che sarà fondatore del ramo dei Borbone-Due Sicilie.

Ferdinando sposa Maria Carolina Asburgo-Lorena che è una donna energica che pur amando molto il suo re ne vede tutti i limiti. Il potere sul regno viene esercitato dai suoi primi ministri, che pur avendo un’alta formazione ed esperienza, non riescono fino in fondo a portare l’economia napoletana a grandi livelli, pur avendo tutti gli strumenti necessari.

 

 

I terremoti settecenteschi

Il XVIII secolo si rivela per la Marsica un periodo di svariati terremoti di medie proporzioni che interessano il territorio tra il 1712 e il 1778.

Approssimativamente si può parlare di piccole scosse di terremoto avvenute nell’area marsicana con grado 3-4 Mw. Di tutte queste scosse sismiche le più forti sembrano essere soprattutto due:

la prima che avviene nell’area tra Cerchio e Celano nel 1742 con una gradazione di 4,5 Mw e la seconda nel 1778 concentrata nell’area avezzanese con una gradazione di 4.9 Mw.

Nell’ambito di queste scosse Celano è tra i paesi che risente di più di questo lungo periodo sismico, e la popolazione ne esce fortemente turbata sul piano emotivo specie dopo il terremoto del 1778.

 

 

Il terremoto del 1778

Questo sisma si verifica nel gennaio 1778 nell’ambito del territorio avezzanese con una magnitudo di 4.9 Mw.

A Celano il sisma provoca molti danni, che consistono in case lesionate o addirittura colpite da massi staccatesi dal Monte Serra di Celano, che rotolando giù per la montagna arrivano a travolgere alcune case poste alle sue pendici.

Riguardo a Litium sappiamo con certezza che la scossa si è sentita distintamente anche qui e con molta probabilità ha provocato danni importanti al paese e alle sue frazioni. Al momento però non abbiamo fonti per quantificarli.

 

 

– Lecce nei Marsi – Castelluccio alla fine del XVIII secolo

Il lago Fucino in un dipinto di fine ‘700

 

La vita sociale di Lecce nei Marsi nella nuova sede di Castelluccio risulta simile alla precedente con la differenza importante del clima che risulta più mite rispetto al vecchio abitato posto più in alto. A fine secolo diciamo nel 1793 gli abitanti del comune di Litium considerando tutti i borghi affini, sono 1090.

L’attività economica principale del paese rimane la pastorizia. Spesso troviamo gli abitanti di Ortucchio e di altre località vicine affidare loro le proprie pecore ai pastori del paese leccese per il periodo invernale.

Ognuno di loro con un certo numero di pecore, le tiene temporaneamente nelle proprie masserieper poi occuparsi di spostarle verso Foggia tramite il tratturo, “Celano-Foggia”. Una volta portate le greggi a Foggia presso i pubblici mercati, le pecore vengono tosate e la lana che se ne ricava consegnata ai pubblici mercanti appositamente incaricati della vendita.

A Lecce nei Marsi alla fine del ‘700 tuttavia si ha la sede di un “Attuario della Corte Civile e Criminale” che per le cause di vendita della lana di poca entità interviene qui, invece per le cause più importanti ci si rivolge alla “Regia Dogana” di Foggia.

Al livello socio politico troviamo che a Litium ogni anno sono eletti tre sindaci tra le persone del paese che rimangono qui. Questi una volta eletti devono prestare “giuramento di ligio omaggio” al feudatario di turno, in questo caso al conte di Celano. Questi tre sindaci si devono occupare di tutto ciò che concerne la vita del paese:

la risoluzione delle continue e spesso drammatiche vertenze con Gioia per i
confini;

la nomina dei “guardiani della Terra”;

la scelta del chirurgo e dello speziale;

la riforma dell’onciario;

– la formazione del catasto;

il funzionamento del Molino “nella contrada della Fonte Nuova”;

la selezione dei maestri per la scuola primaria (anche se spesso i genitori preferiscono lasciar perdere di mandare i figli a scuola per portarli con loro a lavorare nei campi.

provvedere ai bisogni spirituali della popolazione:  qui registriamo che  la chiesa di Lecce è “ricettizia”, e quindi direttamente mantenuta dalla stessa comunità cittadina. Pertanto, in “pubblico Parlamento” devono essere eletti i Procuratori della chiesa, i quali hanno il compito di fare la “questua del grano” nel mese di agosto e di dar conto della loro amministrazione, ogni due o tre anni, allo stesso “pubblico Parlamento” che li aveva eletti.

Nel comune di Litium ci sono molti preti, per esempio a fine Settecento abbiamo nella sola località di Castelluccio sette religiosi, ma nessuno di loro vuol celebrare la Messa dell’Aurora, tanto che i Leccesi, impegnati nei lavori di mietitura e di vendemmia, perdono spesso la messa festiva.

 

 

– La chiesa di San Martino a fine ‘700 e la condizione della chiesa di S. Maria

Dati specifici sulla storia della chiesa di San Martino non li abbiamo al momento. Parliamo per ipotesi basandoci su alcuni dati sicuri, tipo il fatto che l’antico borgo di Litium risulta quasi del tutto abbandonato e che il borgo di Castelluccio sia il centro del comune.

Detto questo pur essendo da alcune fonti trasparire che la chiesa di Santa Maria di Litium sia solo un rudere, mentre altre fonti la danno ancora parzialmente attiva, diciamo che la verità è nel mezzo.

Abbiamo la testimonianza della visita pastorale del vescovo dei Marsi nel 1798 alla parrocchia di Santa Maria di Litium tra il 14-17 agosto in occasione della festa dell’Assunta. Ebbene in tale circostanza si nota come il vescovo entri in una chiesa ritenuta ancora attiva così come quella di Sant. Elia che pur essendo recente e quindi in discreto stato si trova pur sempre in un borgo non più molto abitato.

Da qui il concetto che la chiesa di San Martino sia la più frequentata della parrocchia e quindi la più importante, ma la sede della chiesa parrocchiale rimane la chiesa di Santa Maria di Litium.

 

 

– L’invasione napoleonica del regno di Napoli (1798-1800)

I Francesi entrano a Napoli nel gennaio 1799 instaurando la Repubblica Partenopea. (Immagine da Wikipedia)

 

A fine ‘700 esplode in Francia la rivoluzione francese che nel giro di alcuni anni si allarga a tutta Europa, toccando anche l’Italia. Nel 1797-98 Napoleone Bonaparte arriva al potere in Francia e sotto la sua guida il paese francese si espande ai paesi vicini compresa l’Italia.

Nel 1798 i Francesi invadono il regno di Napoli detronizzando i Borbone. In questa occasione gli Abruzzesi insorgono contro i Francesi e insieme al resto del popolo meridionale contribuiscono a far cadere il nuovo governo. In questa vera e propria rivolta popolare contro i Francesi l’Abruzzo partecipa da protagonista immettendo in questa guerra di liberazione molti cittadini liberi, briganti che sperano di essere poi ricompensati dal re borbonico ecc.

 

 Gli Abruzzesi che lottano contro i Frncesi, giudicati solo dei beceri invasori

 

 

Nel 1799 per far fronte all’invasione francese viene creato il “Reggimento Reale I aliano” che si compone di uomini provenienti da tutto l’Abruzzo. Ogni paese deve dare il proprio contributo, Litium è tassato per otto milizi volontari. Quindi 8 uomini partono da Lecce vecchio e sono inseriti nel reggimento aquilano per combattere i Francesi.

I Francesi non riuscendo a governare il territorio napoletano in completa rivolta, si ritirano dopo solo un anno e mezzo di dominio. Ne segue nel 1800 il ritorno dei Borbone con il vecchio re Ferdinando.

 

 

 

 

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XIX secolo

 

 

– Il ritorno dei Francesi

Nel 1806 i Francesi ritornano a Napoli detronizzando nuovamente il re borbonico, che si rifugia in Sicilia sotto la protezione degli inglesi. In questo caso a differenza della prima invasione i Francesi non incontrano grandi difficoltà nel prendersi e mantenere il potere, poichè la popolazione decide di mettere alla prova i nuovi arrivati.

 

Immagini dell’Europa e dell’Italia sotto il dominio francese nel 1810

 

A Napoli i Francesi rimangono per i successivi dieci anni realizzando numerose riforme che rivoluzionano vita e costumi della popolazione. Tra le prime riforme fatte vi è l’abolizione dei diritti feudali e l’abolizione dei monasteri. Gli Sforza Cabrera, ultimi conti di Celano, decadono in automatico dei loro diritti feudali.

 

 

– Litium sotto il governo francese

Litium all’inzio dell’800 durante la seconda occupazione francese è un paese con gravi problemi sociali dovuti principalmente all’ignoranza imperante tra la gente dove la legge del più forte è sempre superiore alla legge ordinaria e questo vale per qualsiasi governo sia imperante in questo frangente.

La popolazione ignorante composta da poveri contadini e pastori non segue che questa regola soprattutto in virtù della forza e malvagità presente di molte bande di briganti che imperversan di continuo in queste terre. La popolazione osservando l’inettitudine della polizia ordinaria anche se a malavoglia si rigira verso il brigante perchè appare più forte e convincente. Ciò è quello che avviene a Litium.

I Francesi con le loro leggi apportano si cambiamenti amministrativi, ma pur con tutta la buona volontà non riescono ad incidere in modo profondo nelle società locali perchè spesso paesi come Litium a maggior contatto con i briganti e maggiormente ignoranti, non sono in grado di cogliere l’occasione di sviluppo che si presenta o la coglie solo in minima parte, per cui i risultati o  non ci sono o sono molto parziali.

I giovani e giovanissimi cresciuti in un ambiente così ristretto mentalmente, dove l’unica legge che conoscono è quella del più forte, diventano essi stessi gravi criminali senza essere legati ad alcuna banda.

In proposito occorre ribadire che queste affermazioni in negativo sono confermate da una copiosa documentazione presente nell’Archivio di Stato dellAquila negli ” Atti Demaniali “, a dimostrazione spesso dei numerosi fallimenti della Commissione feudale incaricata della ripartizione dei demani ex feudali e comunali, con atti scaturiti intorno alla data del 1810-1811. Dalla disamina dei ricorsi in materia di liti, vertenze, sommosse popolari, tumulti, risse per i pascoli e faide tra famiglie, si può ben dimostrare tutta l’impotenza dei commissari ripartitori o degli agenti agrimensori, invischiati purtroppo anche essi in un turbine di violenze e costrizioni.

Il problema della terra, seppure affrontato con la volontà di risolverlo radicalmente, rimane aperto per tutto l’800 ed oltre, in occasione di profondi contrasti non solo tra feudatari e comuni, ma soprattutto tra i grossi proprietari e le masse contadine: gli uni impiegati a consolidare la loro proprietà con l’usurpazione dei demani indivisi e con la definitiva liquidazione degli usi civici, gli altri sempre più inquieti per l’inasprimento delle condizioni di vita in conseguenza della perdita dei diritti comuni sulle terre demaniali e delle utopistiche promesse di un pezzo di terra mai assegnato e di difficile coltivazione “.

Pur con tutti i limiti del caso bisogna però riconoscere alla nuova legislazione francese in materia demaniale, il merito di aver affrontato con determinazione e coraggio un rinnovato concetto di proprietà individuale, ripreso in seguito, dopo la restaurazione borbonica del 1815, anche dai governi postunitari.

La conflittualità tra comuni limitrofi in questo periodo risulta altissima, e sfocia spesso in duri conflitti, accuse di ogni genere, malversazioni ed abusi da ambo le parti contrapposte. Frequentemente tra due comuni confinanti, proprio perché la commissione feudale con l’impiego dei propri periti agrimensori non era riuscita a stabilire le esatte delimitazioni dei rispettivi demani universali e feudali, gli usi civici rimanevano ancora scambievoli. Non poche volte in passato in alcuni territori le ” Università ” avverse, in seguito a sanguinosi scontri, erano scese a convenzione o transazione momentanee tra le popolazioni che, purtroppo, dopo brevi periodi di tregua, riprendevano a combattersi con manifestazioni di violenza gratuita.

 

 

– La chiesa di San Martino a inizio XIX secolo

Come tutti i borghi di Lecce nei Marsi anche Castelluccio rimane soggetto alla situazione di grave arretratezza presente in loco. Ciò limita lo sviluppo degli abitanti e dei borghi in generale. La grave ignoranza presente nel posto risulta un grave ostacolo allo sviluppo e spesso il clero che in parte dovrebbe aiutare a risollevare le sorti della gente dallo stato d’ignoranza generale, si rivela invece complice dei potenti e briganti del posto, a cui fa comodo avere gente facilmente sottomessa.

In questo quadro immaginiamo che la chiesa di San Martino sia come luogo di culto, che di potere religioso non riesca ad aiutare le persone dal grave stato di arretratezza generale in cui si trovano.

 

 

– La fine del governo dei Francesi e il ritorno dei Borbone

 

L’Italia nel 1815. (Immagine da Wikipedia)

 

Nel 1815 Napoleone è sconfitto nella battaglia di Waterloo dalla coalizione antifrancese. Ciò provoca a catena il crollo di tutti i governi filofrancesi presenti in Europa, come avviene a Napoli dove il governo di Murat decade e al suo posto fanno ritorno i Borbone con il vecchio re Ferdinando nella nuova qualifica di re delle Due Sicilie.

Con il ritorno dei Borbone le riforme francesi non vengono sconfessate, quindi non vi è un ritorno al vecchio sistema feudale, ma anzi prosegue l’ascesa di un nuovo equilibrio politico consistente inn un nuovo sistema amministrativo che al livello locale significa la costituzione di comuni più grandi che assicurano maggiore stabilità.

Lecce Vecchio (Litium) pare rimanga comune a se, consentendo così uno sviluppo solitario della zona. 

 

 

– Litium negli anni 1815-30

Nei primi anni del secondo periodo borbonico a Litium le cose proseguono inalterate come nel periodo precedente. La popolazione profondamente povera e ignorante continua nella sua attività agricola e pastorale. I religiosi dal canto loro hanno un discreta influenza nel paese, così come la borghesia agraria emergente.

Allo stesso modo la zona di Lecce vecchio è fortemente condizionata nel suo sviluppo dalle bande di criminali che qui imperversano praticamente indisturbate, imponendo la legge del terrore. Proseguono pure le antiche discussioni fra i paesi di Lecce vecchio e Gioia circa il controllo di alcuni territori montani confnanti.

 

 

– Risoluzione del problema del Lago Fucino

Il lago Fucino nel 1860 circa.

A partire dal 1820 si cerca di risolvere in modo scientifico l’annosa questione delle forti inondazioni del lago Fucino, attualmente arrivato a livelli record. Ebbene dopo circa vent’anni di discussioni tentativi andati a vuoto matura l’intenzione di prosciugare completamente il lago e sfruttarne l’enorme distesa di terra fertile che ne conseguirebbe.

La risoluzione del problema arriva nel 1845 allorquando si affaccia il banchiere Torlonia, uno degli uomini più ricchi del suo tempo, che annusandone gli enormi vantaggi, crea una società dapprima in compagnia di altri facoltosi uomini e poi completamente da solo

Ebbene l’enorme opera idraulica viene iniziata nel 1854, restaurando il vecchio canale romano di Claudio e allo stesso tempo creandone uno nuovo. I lavori durano circa vent’anni, nel corso dei quali tutti i paesi della sfonda sud del Lago Fucino ne sono coinvolti compresa Lecce Vecchio.

 

 

– Il problema del brigantaggio (1815-60)

Durante il secondo periodo borbonico il fenomeno del brigantaggio in tutto il regno delle Due Sicilie si fa assillante e preoccupante. Sono moltissimi i casi di briganti che penetrano nei centri abitati di villaggi di montagna o anche di centri più importanti, che fanno razzie o compiono stragi contro povera gente o anche famiglie facoltose. Per esempio si contano tanti casi di rapimenti o stupri ai danni di povere ragazze. I crimini sono tanti. 

La polizia borbonica cerca di provvedere come può, ma forse presente anche qualche complicità, spesse volte molti casi rimangono impuniti e questi criminali fanno come vogliono.

A Lecce nei Marsi le montagne attorno pullulano di bande sia stanziali che di passaggio, che spesso sfruttano il luogo nascosto sia come nascondiglio o che per base. A volte in paese ci sono complici stipendiati dalle stesse bande peravere informazioni del posto o della gente che vi sopraggiunge all’improvviso.

 

 

– Lecce vecchio e la questione del prosciugamento del Lago Fucino

Gli abitanti di Lecce nel 1860 continuano a vivere di sussistenza con l’agricoltura del posto che però non produce molto e anzi a causa della scomparsa del lago si ha un ulteriore peggioramento.

A causa di ciò si generano proteste da parte di alcuni comuni come Luco e pare anche Lecce vecchio. Fatto è comunque che i lavori proseguono e le proteste vengono soffocate.

 

 

– L’inizio del nuovo regno d’Italia

Il nuovo regno d’Italia nel 1861

 

Nel 1861 dopo un decennio di preparazione e guerre nasce ufficialmente il nuovo regno d’Italia sotto lo scettro dei Savoia. Il nuovo regno comprende anche il territorio del regno delle Due Sicilie, dove dopo la detronizzazione dei Borbone è stato annesso al nuovo stato.

 

Vittorio Emanuele II primo re d’Italia

 

In Abruzzo si rafforza l’avversione al nuovo stato dei Savoia, ciò produce una recrudescenza del fenomeno del Brigantaggio che anche se solo per poco tempo ancora vede anche il sostegno della popolazione locale e di parte del Clero.

Il nuovo governo nazionale reagisce duramente alle sommosse popolari contro il nuovo stato e spedisce nel meridione la guardia nazionale. La polizia dopo un duro periodo di lotta riesce ad avere la meglio sul Brigantaggio che nel 1870 si può dire sconfitto, così come la popolazione abruzzese ha alla fine accettato il nuovo corso politico, sperando in qualche forte cambiamento.

 

 

– La chiesa di San Martino a metà ‘800

La chiesa di San Martino a metà ‘800 è un edificio religioso frequentato quotidianamente da tante persone siano esse del borgo di Castelluccio, che dei borghi vicini.

 

 

Il brigantaggio a Lecce Vecchio nel 1860-70

A Lecce vecchio così come nelle suoi paesi satellite i briganti imperversano come se nulla fosse. Tra questi vi è la banda di Antonio Gasbarrone che si afferma come la più attiva nella Marsica per razzie e crudeltà contro la popolazione.

Il nome del brigante Antonio Gasbarrone sale alla ribalta delle cronache, generando prodono terrore nei paesi marsi, soprattutto tra  proprietari terrieri e armentari, come pure tra i mercanti che dalla Terra di Lavoro (provincia di Caserta). I briganti si spostano nei territori oggi compresi nel Parco Nazionle d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove anche la popolazione dei piccoli borghi di montagna, dedita all’economia agro-pastorale, arriva a subire crimini di ogni genere.

La crudeltà, la rozza cavalleria e gli amori spericolati del capobanda Antonio Gasbarrone di Sonnino(oggi provincia di Latina), divenano l’ossatura di una leggenda, che affascina e mette il brivido per diversi decenni nei popoli laziali e dell’Aquilano, ma anche nelle classi dotte europee. La figura di Antonio Gasbarrone, di questo irriducibile capobanda ciociaro, costituisce dopo il 1867 una fonte di guadagno per gli autori di romanzi in cui il brigante venne reso ora un fiero paladino della libertà, oppure un uomo vendicativo e sanguinario, regolatore di conti (in realtà gli atti processuali gli attribuirono ben 300 delitti).

Suoi diretti antagonisti sono monsignori, cardinali e i Papa Re Pio VII e Leone XII, impegnati a contrastare con ogni mezzo briganti, carbonari e massoni che imperversano tra Stato pontificio e regno delle Due Sicilie e poi papato e regno d’Italia. Le zone che vengono più prese di mira da Gasbarrone sono le zone di frontiera fra Lazio e Abruzzo, e quindi la Marsica, in cui tutti i paesi almeno una volta hanno subito un incursione della banda di Gasbarrone.

Anche Lecce Vecchio subisce le scorrerie di Gasbarrone che semina qui terrore e razzia. La gente è spaventata dalla sua banda e ciò nonostante che purtroppo sia abituata da molto tempo ai briganti.

Se comunque uno come Gasbarrone ha avuto tanto successo, lo si deve anche ai molti complici che gli hanno permesso tante scorribande e omicidi. Tra i complici di questo criminale si possono annoverare numerosi marsicani (pastori, sacerdoti e proprietari). Tra costoro deve essere inclusio il Commissario del Re Francesco De Franchis, presente ad Avezzano, ospite nel palazzo Mattei, che ha permesso l’avvicinamento della banda di Gasbarrone fin sotto le mura della città.

Comunque siano andate le cose nel 1870 il fenomeno del brigantaggio può dirsi risolto, grazie alla mano pesante usata dalla polizia nazionale del nuovo regno d’Italia.

 

 

– Fine dei lavori di prosciugamento del Fucino

Nel 1876 terminano i lavori mai interrotti di Torlonia circa il prosciugamento del Lago Fucino. Dopo più di 20 anni ha termine la più importante opera idraulica di tutti i tempi. Un intero lago terzo per grandezza in Italia non c’è più. Al suo posto c’è un enorme distesa di terra fertile e coltivabile.

Per la Marsica questo significa una vera rivoluzione ambientale e sociale. L’intero territorio ricade ora sotto la giurisdizione di Torlonia e della sua famiglia che per le generazioni successive saranno in un certo senso i nuovi signori della Marsica.

 

 

– La chiesa di San Martino a fine secolo

 

L’ex chiesa di San Martino (Immagine personale)

 

A fine secolo la situazione generale nel borgo di Castelluccio – Lecce nei Marsi è piuttosto complesso in quanto la rivoluzione climatica e morfologica seguita alla fine del Lago Fucino non ha prodotto qui uno sviluppo economico, ma anzi una contrazione che nei settori più importanti di quest’area, vale a dire l’agricoltura e il commercio del legname.

Il cambiamento climatico seguito alla fine del lago ha prodotto la fine di una certa agricoltura d’altura e la fine della coltivazione degli olivi che sono sempre stati un ottimo legname largamente richiesto.

Con il cambiamento climatico l’economia locale già povera è sprofondata, dando l’avvio al fenomeno dell’emigrazione di diversi giovani che verso gli anni ’90 del XIX secolo iniziano a partire per cercare fortuna. Le mete finali di solito sono gli USA, il Canada o l’Argentina.

In questo quadro la chiesa locale di San Martino accompagna con l’ascolto e la preghiera questi giovani che partono in cerca di fortuna, ma è presente anche fra chi rimane cercando di dare sostegno e conforto a tutti.

 

 

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XX secolo

 

– Lecce nei Marsi all’inizio del XX secolo

All’inizio del XX secolo Lecce nei Marsi è un paese che si sta ridefinendo al livello economico, sia per il cambiamento agricolo dovuto alla fine di una certa tipologia di agricoltura sia per la diminuzione nel commercio del legname dovuto sempre alla scomparsa di alcune tipi di alberi come gli Olivi. Nello stesso tempo si assiste allo sviluppo industriale di una grande attività mineraria con la nascita delle miniere di Bauxite di Lecce nei Marsi presso il sito di Collerosso. Qui si concentra un grosso giacimento di bauxite capace di alimentare una grossa produzione di alluminio presso le Officine di Bussi.

Grazie forse a questa attività a Lecce vecchio non sembra esserci quell’emigrazione imperiosa che caratterizza molti altri borghi della Marsica. Certo il periodo è quello che è, quindi anche qui ci sono casi di giovani che vanno via, ma forse meno che in altri. Nel 1901 Lecce vecchio vede una popolazione in grossa crescita arrivando a contare i 1966 abitanti che diventano 2088 nel 1911; ciò è sicuramente segno di una certà energia economica  del paese.

 

 

– La chiesa di San Martino a inizio XX secolo

La chiesa di San Martino come anche le chiese di Santa Maria e in parte di S. Elia è ormai un edficio molto antico che necessita di volta in volta di continui restauri, ma a differenza delle altre chiese della zona è ancora pienamente attivo ed è il principale punto di riferimento religioso locale. E’ praticamente la chiesa madre di Lecce nei Marsi.

 

 

  • Le frazioni di Lecce vecchio (1900-14)

All’inizio del secolo troviamo le frazioni di Lecce Vecchio in pieno fermento che vengono consolidandosi come strutture abitative. Quindi vediamo che a 900-950 m s.l.m. troviamo dapprima l’insediamento che composto da diverse frazioni, non ha un nome unico, ma raccoglie denominazioni pittoresche: Sierri, Ca Marino, Ca Buccella, Ca Carlone, Ca Scappone e Macchia.

Il nome di Sierri non ha una precisa etimologia, ma può derivare da Serre, che in dialetto significa “Vetta, Sommità”. A tutti gli effetti, questo è il centro più popolato e più importante (una sorta di capitale). Si presume che la popolazione di Sierri si aggiri intorno alle 500 unità!

CA’MARINO e’ il nucleo abitato che fa da fulcro per tutti gli altri, poiche’ il borgo si pone esattamente in un quadrivio che consente di procedere in tutte le direzioni. Il suo nome, come quelli di CA’ SCAPPONE, CA’ CARLONE e CA’ BUCCELLA, deriva dai nomi di famiglie numerose o eminenti che identificano il luogo dove ci si trova. Infatti, in dialetto, “CA’ “ significa “a casa di”. Nella toponomastica del posto, si parla di “CA  BUCILLI, SERRE “ e, peggio ancora, “CAMERINO!” La zona è abitata per poco tempo, offrendo poche spunti di discussione storica.

MACCHIA invece si trova molto piu’ a ovest di Sierri e dista da esso circa 2 Km. L’abitato di Macchia è visibile nel tratto di antico sentiero che porta verso ovest, nel luogo denominato “fiume di Ortucchio”.

 

 

– Il terremoto di Gioia dei Marsi (1915)

Il 13 gennaio 1915 avviene un tremendo sisma con epicentro a Gioia dei Marsi, manifestndosi con una forza immane pari a 7 Mw. Il sisma sconvolge l’intera Marsica, in pochi minuti muoiono 30.000 persone e interi paesi vengono o seriamente danneggiati o cancellati, come avviene per Avezzano, capoluogo della Marsica, che vede cancellata l’intera struttura urbana e con essa i tre quarti della sua popolazione.

Il terremoto arriva la mattina presto e distrugge tutta la Marsica, producendo devastazione e morte ovunque, specialmente nei comuni che circondano il Fucino. I morti sono molti anche perchè al momento del sisma molte persone sono intente a partecipare alla messa del mattino e il sisma li coglie alla fine della celebrazione delle messe. Infatti in molti centri vengono ritrovati molti cadaveri proprio nelle chiese. Le strutture religiose poi sono le prime a crollare anche perchè esse sono figlie del restauro del ‘700 allorquando andava di moda il Rococò, che era uno stile che tendeva ad appesantire le pareti e le volte e quindi al momento del sisma del 1915 questi crollano portandosi dietro le persone presenti

Il terremoto fa a pezzi tutti i paesi della Marsica da quelli fucensi, a cominciare dal grande capoluogo, Avezzano che viene rasa al suolo con 10.000 morti, a quelli della Valle Roveto, dell’Altopiano delle Rocche come Rocca di Mezzo e Ovindoli, a Celano, Aielli. Infine ci sono i paesi della Vallelonga, Ortucchio e chiaramente Lecce nei Marsi vecchio.

 

 

– Effetti del terremoto di Gioia dei Marsi su Lecce vecchio.

Lecce vecchio con i suoi casali-frazioni vengono completamente distrutti producendo qui 500 morti. Quindi abbiamo crollati  l’abitato di Lecce Vecchio che si concentra nella zona di Castelluccio e del colle La Guardia e poi dei vari casali-frazioni posti quasi tutti a 950 m circa di altezza. Ora con il sisma del 1915 tutto questo scompare in pochi secondi, anche i castelli dei Trasmondi e il piccolo castello di Castelluccio sono completamente rovinati, la torre medievale dei Berardi viene distrutta e poi le chiese di Santa Maria, S. Elia e San Martino crollano su se stesse. Allo stesso modo i casali- frazioni di Ca Buccella – Ca Marino – Ca Scappone – Ca Carlone – Macchia – Sierri sono ormai solo rovina, poche pietre accumulate con i cadaveri di povera gente rimasta sotto le macerie.

 

 

– Effetti del terremoto sulla chiesa di San Martino

L’antica chiesa di San Martino crolla su se stessa alla prima scossa, invece il campanile della chiesa rimane saldo al suo posto riuscendo a rimanere integro.

 

 

– Prima guerra mondiale

Subito dopo il terremoto il povero paese di Lecce e i suoi casali sono solo un ricordo. La popolazione ricostruisce un nuovo borgo più in pianura che riprende il nome di Lecce nei Marsi. All’inizio il povero paese è solo un agglomerato di capanne costruite alla bene e meglio per ripararsi dal freddo intenso di quell’inverno del 1915. Le capanne poi sono sostituite da baracche un po’ più dignitose. Ma il tempo scorre e in quel 1915 sta per fare irruzione un’altra tragedia, la guerra. O meglio la prima guerra mondiale con tutto il suo carico di lutti che si trascinerà dietro.

L’Italia entra in guerra nel maggio del 1915 contro le forze degli Imperi centrali a fianco ai paesi dell’Intesa. Per far fronte all’impegno di guerra l’Italia chiama a raccolta tutti i suoi uomini giovani. Ebbene questi partono anche dalla Marsica, dapprima se ne vanno i giovani  soldati che avevano prestato soccorso ai Marsi nei primi mesi seguiti al terremoto di gennaio e poi i giovani del posto scampati allo sterminio del sisma. Questi ultimi se ne vanno senza fare più ritorno. Ne moriranno in guerra a decine di Lecce nei Marsi precisamente 36.

 

 

– Fine della prima guerra mondiale e la tragedia della Spagnola

La prima guerra mondiale finalmente finisce nel 1918 dopo tre anni di tragedie enormi. L’Italia dalla guerra esce vincitrice avendo battuto l’Austria che si è poi dissolta, ma ne esce con le ossa rotte, ovvero con 600.000 morti e un’economia completamente azzerata. Però in qualche modo si ricomincia. I giovani sopravvissuti tornano nelle proprie case o comunque alle proprie famiglie, seppure malconci, molti anche menomati. Si rigenerano molti nuclei familiari e per gli altri che non è così per qualche morto al fronte, si prova comunque a farsi forza e andare avanti.

Nella Marsica la situazione è molto più dura e pesante a causa dei morti nella prima guerra mondiale, che sono tutti giovani, che si sommano ai moltissimi morti dovuti al sisma. Questa situazione inaccettabile ha anche il problema edilizio, ovvero non esistono più i paesi di prima. E’ tutto distrutto e tutto da rifare!!!

Purtroppo però nemmeno il tempo di riavviare i lavori per i nuovi borghi che subito un’altra grave tragedia si abbatte sull’Italia e la Marsica: La Spagnola. La Spagnola è una pandemia che partita dalla Spagna nel 1917 dilaga in tutto il mondo appena uscito dalla tragedia  della grande guerra. Questa dura più o meno un anno fino al 1919 ma miete qualcosa come 50 milioni di morti.

La tragedia della Spagnola colpisce duramente anche la Marsica, tutti i paesi hanno morti per Spagnola da Avezzano, alla Valle Roveto, all’Altopiano delle Rocche, alla Piana del Cavaliere, alle valli del Giovenco e Vallelonga ecc.

Anche tra gli abitanti di Lecce nei Marsi si registrano morti per Spagnola. Ma per fortuna anche questa tragedia passa.

 

 

– La ricostruzione di Lecce nei Marsi

Finalmente a partire dal 1919 s’inizia a pensare alla ricostruzione post sismica. Il paese di Lecce nei Marsi viene ricostruito in pianura dove erano state poste le prime baracche subito dopo il sisma. Tutti i casali-frazioni spariscono e l’intera popolazione si viene a concentrare in un unico agglomerato.

Vengono pian piano ricostruiti il municipio e la chiesa di Santa Maria Assunta che sono posti a fianco nella piazza centrale del paese. Da qui poi le varie baracche divengono casette asismiche che sono poste intorno alla piazza centrale e così via. Diciamo che tra il 1920 e il 1935 il paese è più o meno ricostruito.

Ma siamo negli anni del Fascismo per cui nolente o volente bisogna misurarsi con il regime fascista. Sul piano edilizio il regime riesce ad imprimere una certa velocità nella ricostruzione materiale. E’ sull’altro che la situazione è inaccettabile.

 

 

– La chiesa di San Martino dopo il terremoto del 1915

Mentre il borgo di Lecce nei Marsi viene ricostruito più a valle ad una quota inferiore il resto dei borghi satelliti che prima costituivano l’ossatura di Lecce Vecchio, rimangono ora disabitati e diruti. La stessa cosa riguarda la chiesa di San Martino che non viene riedificata, ma anzi lasciata nel più completo abbandono. Le stesse macerie della chiesa rimangono li per molto tempo.

 

 

– Il regime fascista

L’impero coloniale italiano nel 1936

 

Dal 1922 l’Italia è governata dalla dittatura fascista che prova a rendere il paese autonomo sul piano alimentare ed energetico. Il regime fascista sotto le spoglie di un regime benevolo trasforma l’Italia in una dittatura, tuttavia fino ad un certo punto gli Italiani sostengono in pieno il regime che raggiunge l’apice della sua popolarità con la conquista dell’Etiopia nel 1936. Poi piano piano il regime perde la fiducia della gente fino ad arrivare alla decisione ultima dell’entrata in guerra a fianco della Germania nel 1936.

 

 

– La seconda guerra mondiale

Nel 1940 l’Italia entra in guerra a fianco della Germania pensando di vincere velocemente e mettersi dietro al tavolo dei vincitori per spartirsi i territori ricavati da una guerra veloce.

NON E’ COSI’!!!

A Lecce nei Marsi come tutti i borghi e città d’Italia l’inizio della guerra significa doversi armare e partire. Da Lecce nei Marsi partono ben 200 giovani per destinazioni diverse. A ricordo di loro vi è una foto che li raffigura tutti insieme sorridenti prima della partenza, magari pensando che fosse meno complicato di quanto si avesse paura. La foto ne mostra 153, ma va bene lo stesso, coloro che sono partiti sono 200.

Dopo tre anni di guerra l’Italia perde su tutti i fronti e i leccesi partiti per la guerra in gran parte non fanno ritorno alcuni muoiono sul fronte greco-albanese, altri cadono per il freddo intenso mentre affrontano con altre migliaia di giovani la campagna di Russia (operazione Barbarossa, che dovrebbe essere ridefinita “operazione suicidio”). Altri ancora sono fatti prigionieri in Africa. Però qualcuno di loro poi riesce a tornare

Siamo al luglio del 1943 e gli Alleati arrivano anche ad invadere l’Italia partendo dalla Sicilia. Ciò porta al crollo diretto del fascismo e più avanti del regime monarchico con la fuga del re. Contemporaneamente, la Germania invade l’Italia da nord fino al basso Lazio (settembre 1943) dove viene instaurata la Linea Gustav fra l’Italia antifascista e l’Italia tedesca.

Nei successivi mesi, tra l’ottobre del ’43 e il giugno del ’44, Tedeschi e Alleati combattono intorno a questa linea. Precisamente intorno all’abbazia di Montecassino.

La Marsica sta li vicino. Qui è vicino Balsorano da cui inizia il confine con la Marsica e via su. I Tedeschi che non sono fessi instaurano il loro quartier generale vicino Alba Fucens, perchè si accorgono che questo luogo è il centro d’Italia e da qui si può arrivare ovunque, ma anche fuggire ovunque. Precisamente è Massa d’Albe il quartier generale, mentre l’antico castello di Alba torna fortezza. Qui vi sono inserite mitragliatrici per rispondere alla contraerea alleata. Altra sede importante occupata dai Tedeschi è Avezzano dove anche da qui operano il controllo del centro Italia.

E i Marsi? La popolazione marsa viene tenuta sotto stretto controllo dalla polizia tedesca che in alcuni borghi arriva a terrorizzare la popolazione con alcune azioni crudeli. Ad un certo punto insieme al duro stato di polizia si sommano i bombardamenti alleati che dal dicembre 1943 investono la Marsica con lo scopo di danneggiare i Tedeschi.

Ma facendo così danneggiano anche i Marsi che per un po’ cercano di resistere, ma poi passati alcuni mesi con la polizia tedesca divenuta insopportabile, così come i bombardamenti alleati, si preferisce fuggire via o in montagna o riscoprendo i vecchi borghi distrutti dal terremoto del 1915.

 

Bombardamenti Alleati su Avezzano (1944). (Immagine da Wikipedia)

 

Il periodo è durissimo per tutti. Ma i Marsi pur terrorizzati da tutti non dimenticano la loro gentilezza e decidono pur tra tante privazioni di nascondere coloro che chiedono aiuto, sia che si tratti di stranieri in fuga dal campo di concentramento di Avezzano dove vengono posti in stato di arresto i vari soldati alleati catturati, o fette di popolazione sgradita ai regimi di turno. I mesi di marzo-primi di giugno 1944 sono i peggiori.

 

 

– Lecce nei Marsi durante l’occupazione tedesca

Come sappiamo i Tedeschi invadono l’Italia fino a Frosinone nell’arco di poche settimane e a settembre del 1943, si hanno soldati ovunque anche a Lecce nei Marsi.

Qui in paese sono presenti centinaia di soldati tedeschi già in settembre e usano il pugno di ferro con i cittadini.

I Leccesi come tutti i Marsi mal sopportano i Tedeschi, ma anche gli Alleati con i loro  bombardamenti. Che fare? Nulla solo resistere e persistere.

Per fortuna qui a Lecce non accade nessun episodio cruento dovuto al controllo tedesco. Però è dura lo stesso e per quanto si voglia essre forti, forti non si è per nulla e molti decidono di tornare nei casali distrutti dal terremoto del 1915, in quanto giudicati più sicuri che stare in paese con i barbari.

Molte famiglie arrivano persino a rioccuparli fin dal 1942, rimanendovi per ben due anni fino al giugno 1944. Persino l’antica torre mastio dei Berardi (1278 m s.l.m.) che scruta la Conca del Fucino viene usata per qualche tempo come rifugio da alcune famiglie di Vallemora in ansia per la presenza in paese di una guarnigione della Wehrmacht.

L’unico episodio triste che caratterizza Lecce nei Marsi riguarda un militare russo che rinchiuso nel campo di concentramento di Avezzano, fugge da qui con altri uomini  rifugiandosi nelle campagne di Lecce nei Marsi, dove si unisce poi agli Antifascisti locali. Il suo nome di battaglia è Ivan. Ebbene purtroppo questo giovane rimane ucciso dai Tedeschi che scoperto viene subito passato per le armi.

Poi nei primi giorni di giugno Alleati e Antifascisti sfondano la linea Gustav e penetrano nel centro Italia dove liberano Roma il 4 giugno. Invece Avezzano e la Marsica sono liberati tra il 7 e 12 giugno 1944.

Nell’aprile del ’45 l’intera penisola italiana si libera dai tedeschi e in agosto finisce la Seconda guerra mondiale.

 

 

– La repubblica in Italia

L’Italia diventa una repubblica. (Immagine da Wikipedia)

 

Nel 1945 dunque l’Italia è liberata e poco mesi dopo finisce la seconda guerra mondiale in favore degli Alleati. A questo punto per il mondo si apre la fase della ricostruzione di un nuovo ordine mondiale. L’Italia si viene a collocare come alleato degli USA. A reggere questa fase di transizione è Alcide De Gasperi, segret della DC e ora 1 ministro. Egli guida con sicurezza il governo dalla fine del 1945 e si occupa della fase referendaria per decidere chi vincerà tra Repubblica e Monarchia.

Il 2 giugno 1946 si tiene il tanto sospirato referendum e termina con la vittoria repubblicana. La monarchia sconfitta si ritira con la partenza di re Umberto II. La repubblica si afferma come nuova struttura statale e inizia con nuovi attori a ricostruire il paese.

 

 

  • La chiesa di San Martino dopo la guerra

Dalle poche informazioni avute pare che la chiesa di San Martino rimanga nel più totale sfacelo, nonostante che alcune persone tornino a frequentare il borgo di Castelluccio durante i lunghi mesi di guerra.

 

 

– La Marsica negli anni 1945-60

La Marsica fa parte di quelle regioni dove la ricostruzione procede più lentamente a causa di mali antichi, come il persistere di nuove forme feudali dure a morire. I Torlonia padroni della Piana del Fucino impongono tramite loro uomini una forma semifeudale del potere nella Marsica.

Ma negli anni tra il 1945 e il 1950 riprende forte la lotta per le terre del Fucino e fra molte proteste, scontri e incontri, alla fine si ha la definitiva uscita di scena dei Torlonia che vengono estromessi dalla Piana del Fucino. Quindi la successiva legge Segni porta ad una riforma agraria attesa da secoli che conclude in modo pacifico la lunga stagione di lotte per il Fucino.

La Conca del Fucino passa così dai Torlonia ai contadini marsi che ne divengono proprietari. Certo questo non basta per assicurare un futuro economico soddisfacente, anzi per riuscire a far decollare le coltivazioni fucensi per ottenere indietro un ricavo adeguato ci vorranno diversi anni. Nel frattempo si procede con la ricostruzione fisica dei borghi per i danni non ancora riparati per il sisma del 1915 e per quelli nuovi per le distruzioni derivanti dalla guerra.

Tra il 1950 e il 1955 comunque si conclude in linea generale anche la fase di ricostruzione edilizia dei borghi della Marsica. Purtroppo però questo non è ancora sufficiente alle famiglie per tirare avanti, quindi in attesa che anche qui maturi qualcosa di nuovo si ritorna ad andare via. Prende insomma piede la seconda emigrazione. Molti giovani vanno via dai borghi della Marsica in cerca di fortuna all’estero o nelle città del nord Italia.

 

 

  • La chiesa di San Martino negli anni ’60

La chiesa di San Martino non viene più ricostruita, ma solo ripulita dalle macerie. Mentre la torre della chiesa diventa uno dei simboli del paese.

 

 

– Lecce nei Marsi negli anni della ricostruzione e dell’emigrazione

Lecce nei Marsi negli anni ’50.

 

La ricostruzione fisica dei borghi della Marsica successiva alla guerra riguarda anche Lecce nei Marsi che vede completare la costruzione delle case e delle strutture pubbliche danneggiati nel corso della guerra.

Lecce nei Marsi ancora nel 1950 basa la sua economia sulla pastorizia e il commercio del legname. Non è certo fra i borghi più ricchi della Marsica e questo porta molti giovani del paese ad emigrare. Ciò produce un lento ma costante flusso migratorio che fa diminuire il numero di abitanti nel paese. Inizialmente per tutti gli anni 1950 l’emigrazione ancora è piuttosto marginale.

Ma a partire dagli anni ’60 questa parte in modo deciso. Si passa dai 2252 abitanti del 1951 ai 2231 del 1961 per poi precipitare ai 1861 del 1971.

 

 

  • Lecce nei Marsi anticipa il boom economico della Marsica

Nonostante il constante flusso migratorio presente in tutti i borghi della Marsica, qui comunque si è proceduto a mettere le basi per il futuro sviluppo del circondario di Avezzano, attraverso la ricostruzione della rete stradale e ferroviaria. La rete ferroviaria è  ricostruita subito dopo la guerra e già nel 1949 è di nuovo funzionante come prima del conflitto, per la rete stradale il discorso è più complesso. Inizialmente si riparano le strade provinciali e locali e poi si mette mano al progetto di rete autostradale. Ebbene quest’ultima diventa realtà nel 1969-70.

Nascono infatti la A24 e la A25 che mettono in comunicazione l’Abruzzo con il Lazio e quindi con Roma. Per la Marsica questo significa la vita, pensare che prima delle autostrade è la Tiburtina l’arteria stradale più importante che per giungere da Avezzano a Roma ci si impiegano diverse ore, mentre ora solo un’ora e mezza.

La costruzione della rete stradale migliorata anche al livello interno della Marsica è anche questa una realtà. Insomma si creano le premesse per un maggiore sviluppo della zona. In poco tempo nascono nuove piccole aziende prima di carattere artigianale e poi viavia più grande. Allo stesso tempo la possibilità di poter raggiungere la Marsica in poco tempo consente di vivere la bellezza del  territorio in modo più veloce. Si creano anche così le premesse per lo sviluppo turistico.

Dapprima sono i grandi centri più a carattereculturale che hanno maggiore presa sul pubblico a beneficiare del turism come Tagliacozzo e Celano, oppure Ovindoli con la sue importanti piste da SCI, ma poi con il tempo la cosa comincia a riguardare anche tanti piccoli centri come appunto Lecce nei Marsi.

Ebbene si Lecce nei Marsi come per magia alla fine degli anni ’70 diventa senza neanche saperlo una meta turistica molto richiesta. Il fenomeno turistico a Lecce nei Marsi diventa anno dopo anno un fenomeno economico sempre più importante. Certo questo fenomeno seppure importante e inaspettato non riesce ad arrestare il fenomeno migratorio ancora in atto ed importante, ma è comunque qualcosa. Lecce nei Marsi nel 1981 arriva a contare 1739 unità.

 

 

 – Lecce nei Marsi negli anni ’80 e ’90

Quindi vediamo che all’inizio degli anni ’80 un paese, Lecce nei Marsi,  viene spopolandosi dei suoi abitanti, ma popolandosi di turisti. La veloce ascesa del paese marsicano nell’ambito turisto porta questo a fare molti investimenti nel settore. Nascono praticamente dal nulla grandi complessi residenziali e nche l’edilizia popolare fa un salto di qualità riuscendo in poco tempo a migliore la struttura urbanistica del paese sostituendo in modo definitivo le vecchie casette asismiche.

Gli anni ’80 di colpo diventano un concentrato di esplosioni positive in ambito economico in tutti i settori compreso quello turistico. Nell’estate del 1982 a Lecce nei Marsi si raggiunge il picco di presenze con 6500 turisti in un mese. Questo dato serve per dire che a metà degli anni ’80 la Marsica entra nel suo boom economico, che porta benessere e sviluppo un po’ in tutti i borghi anche quelli più remoti. La visita del Papa nel 1985 in qualche modo sancisce questo salto di qualità. Avezzano e la Marsica raggiungono uno sviluppo tale da far persino concorrenza al Nord Italia. Ciò ci dice che volere è potere.

 

 

  • La chiesa di San Martino a fine secolo

La chiesa di San Martino rimane allo stato di rudere quasi a simbolo del tremendo terremoto che ha sconvolto il paese e la Marsica intera.

 

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XXI secolo

 

 

Lecce nei Marsi all’inizio del XXI secolo

Lecce nei Marsi vista dall’alto. (Immagine personale)

 

All’inizio del XXI secolo Lecce nei Marsi è un paese che ha raggiunto una certa stabilità economica, che tuttavia è andata scemando negli ultimi anni, a causa della riduzione dell’afflusso turistico rispetto agli anni ’80 e ’90. A Lecce si progettano nuovi interventi di carattere turistico per rilanciare il settore in affanno. Lecce nei Marsi è ormai un bellissimo paese con una ricca storia alle spalle, ma soprattutto con un’enorme ricchezza naturalistica da scoprire e da vivere.

 

 

Il terremoto dell’Aquila del 2009

Nell’aprile del 2009 si verifica un forte terremoto nell’area aquilana che distrugge la città dell’Aquila provocando 309 morti. Il forte sisma di 6,3 Mw fa sentire i suoi effetti soprattutto nell’aquilano dove tutti i paesi del circondario sono completamente distrutti.

La zona della Marsica per vicinanza geografica risente anch’essa del terremoto, che però qui non produce che pochi danni, quasi tutti concentrati sulle chiese.

Alcune di queste sono anche gravemente lesionate, come per es la chiesa di San Michele di Celano che si ritrova un grave crollo dietro l’altare.

In generale però la zona è sostanzialmente esente da danni, fatta eccezione per la zona dell’Altopiano delle Rocche, dove i tre comuni marsicani di Ovindoli, Rocca di Mezzo e Rocca di Cambio riportano gravi danni agli abitati, che verranno completamente riparati nel volgere di alcuni anni.

 

 

Effetti del sisma su Lecce nei Marsi

Nella zona di Lecce nei Marsi la scossa del 2009 si è sentita distintamente, ma non ha per fortuna provocato che danni estremamente superficiali e tutti facilmente gestibili.

 

 

– La chiesa di San Martino a inizio secolo

I resti della chiesa di San Martino oggi. (Immagine personale)

La chiesa di San Martino contrariamente ad alcuni bene storici del paese recuperati da alcuni avveduti imprenditori come il piccolo castello di Castelluccio, rimane ancora allo stato di rudere a simbolo del terremoto di 100 anni prima. Invece la torre dell’ex chiesa risulta pienamente funzionante e diventata nel tempo un simbolo del paese.

Sarebbe bello poter riavere questo edificio religioso funzionante come tanto tempo fa. E’ un vero peccato che purtroppo questo non sia possibile. Tuttavia porre esso come simbolo del sisma del 1915 è comunque un modo per continuare a perpetuare la memoria di quanti morirono con il terremoto.

 

 

 

 


 

 

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STRUTTURA DELL’EX CHIESA DI SAN MARTINO IN AGNE

 

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– esterno dell’ex chiesa

La chiesa di San Martino oggi. (Immagine personale)

 

Dare oggi una descrizione della chiesa come era una volta è praticamente impossibile, non essendoci alcun tipo di dati al riguardo. Oggi possiamo limitarci ad osservare ciò che rimane, in ogni caso credo sia sempre bello poter avere un punto di partenza da osservare seppure allo stato di rudere.

Il corpo della chiesa di San Martino così come lo vediamo oggi è chiaramente diverso da come era prima del sisma del 1915, quindi una sua descrizione è impossibile. Le uniche cose che possiamo dire sulla struttura religiosa è che non era grande e probabilmente è stata rimaneggiata molte più volte di quanto noi stessi crediamo. Le informazioni al riguardo sono inesistenti, quindi il tutto è frutto di pure ipotesi, basate sui contesti storici.

Spesso infatti se le ipotesi per quanto fantasiose sono basate su contesti storici precisi, è possibile comunque non allontanarsi troppo dalla realtà precedente il 1915. Quello che sappiamo o abbiamo ipotizzato per il filone storico sulla chiesa è stato ampiamente discusso precedentemente riguardo al resto osserviamo comunque il corpo di un edificio religioso che è rimasto tangibile dai resti presenti.

 

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– Interno dell’ex chiesa

 

L’ ex chiesa di San Martino oggi. (Immagine personale)

 

Osservando da più vicino il corpo dell’ex chiesa si osserva la zona dove era posto l’altare e le zone laterali dove dovevano essere gli altari laterali. Probabilmente l’edificio era un corpo compatto ad una sola navata. Però queste sono solo ipotesi. L’edificio nel corso del XX secolo è stato per lungo tempo occupato dai resti distrutti dalla chiesa. C’è voluto diverso tempo prima che questi fossero rimossi e altro tempo c’è voluto prima che il rudere fosse sistemato a simbolo del sisma.

 

Interno dell’ ex chiesa di San Martino oggi. (Immagine personale)

 

Targa a ricordo del terremoto del 1915 e di coloro che sono morti per esso. (Immagine personale)

 

Il 13 gennaio 2015, a cento anni esatti dal sisma di Gioia dei Marsi, è stata posta una targa alla memoria del gravissimo evento naturale che ha distrutto la chiesa e tutte le persone del paese morte per il terremoto del 1915.

 

Interno dell’ ex chiesa di San Martino oggi. (Immagine personale)

 

 

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– Torre campanaria

Immagini della torre campanaria dell’ex chiesa di San Martino. (Immagine personale)

 

Nel quadro della chiesa distrutta e oggi simbolo dell’evento del 1915, colpisce invece la perfezione della torre campanaria, perfettamente conservata e funzionante. Di essa notiamo sia la solida base quadrata, che la struttura massiccia che la compone.

 

 

 


Bibliografia

 


CHIESE DELLA MARSICA

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STRUTTURE E MONUMENTI MEDIEVALI – CONTEMPORANEI