MASSA D’ALBE – CHIESA SAN PIETRO DI ALBA FUCENS

 


POSIZIONE DELLA CHIESA DI SAN PIETRO DI ALBA FUCENS

 

 

 

 


PRESENTAZIONE DELLA CHIESA DI SAN PIETRO DI ALBA FUCENS

 

La chiesa di San Pietro si erge maestosa sul colle San Pietro di Alba Fucens (l’odierna frazione di Albe) ed è un gioiello alto medievale che oggi ammiriamo nella ristrutturazione di età romanica del XII secolo.

Questa chiesa è stata edificata sui ruderi di un precedente tempio pagano, ovvero il tempio di Apollo e Diana, presente nel sito in epoca romana.

Successivamente il tempio, come è accaduto ad altri luoghi o templi della romanità antica, è stato riadattato a luogo di culto cristiano.

In alcuni casi, laddove il tempio romano era ancora in piedi, si è proceduto a ristrutturarlo e adibirlo a chiesa, come è avvenuto per esempio al tempio di Portuno a Roma, presso la Bocca della Verità. Questo tempio si è mantenuto inalterato nel tempo anche quando è stato riadibito a chiesa.

Nel caso della chiesa di San Pietro di Alba Fucens, quando essa è stata edificata, il tempio non era più in buone condizioni, ma era già un rudere.

 

 


 

STORIA DELLA CHIESA DI SAN PIETRO DI ALBA FUCENS

 

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VI Secolo

 

Nascita della chiesa di San Pietro di Alba Fucens

Nel VI secolo alcuni religiosi ristrutturano il tempio romano-pagano intitolato ad Apollo e Diana, adibendolo a chiesa cristiana, dedicata a San Pietro. In questo caso parliamo più precisamente di una chiesa paleocristiana.

 

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VI – XII Secolo

 

Tempi oscuri

Tra il VI e il XII secolo la chiesa e l’adiacente monastero di San Pietro hanno visto diversi rifacimenti per far fronte a terremoti, problematiche ambientali o eventuali saccheggi stranieri.

Al momento riuscire a conoscere tutte le vicende avvenute in questo lungo periodo è assai problematico, sia per la scarsità delle fonti, sia anche per la complessità del periodo storico nel suo complesso.

Tuttavia, attraverso le poche fonti sicure di cui disponiamo e la conoscenza del periodo storico nelle sue linee generali, si possono fare delle congetture a partire dall’età longobarda, descrivendo la Marsica come una terra desolata, dove i pochi abitanti sopravvissuti alle precedenti guerre gotiche vivevano intorno al Lago del Fucino in casali sparsi, soggetti a continue razzie, in condizioni  climatiche poco favorevoli e in condizioni igieniche carenti.

 

 

– I monaci benedettini

È in questo periodo che in Italia (come nel resto d’Europa) si inserisce l’opera dei monaci benedettini, prima attraverso la nascita delle grandi abbazie nel VII secolo, come l’abbazia di Farfa o di Montecassino, e poi con i monaci mandati da queste strutture religiose a compiere opere di evangelizzazione e contemporaneamente a dare aiuto alle popolazioni smarrite.

Ciò avviene soprattutto nell’interno dell’Italia, precisamente negli Appennini e anche nella Marsica (a quel tempo chiamata regione Valeria).

E la Marsica in questi tempi oscuri aveva senz’altro bisogno se non di aiuto, quantomeno della speranza di una migliore prospettiva di vita.

Ebbene, il lavoro dei monaci in questo senso è stato provvidenziale. Essi, con grande amore e tenacia, hanno saputo conquistare la fiducia delle popolazioni e guidarle verso un nuovo ordine sociale.

Si vengono così creando piccoli monasteri, intorno ai quali si formano piccoli villaggi autonomi guidati dai monaci. Monaci che inizialmente rispondono più alle grandi abbazie, quasi tutti appartenenti all’ordine benedettino, che ai vescovi. Avviene così che nel periodo longobardo e poi carolingio – quindi più o meno tra il 650 e l’840 – la Marsica diventa un grande feudo monacale.

 

I monaci e la nascita dell’Alba Fucens medievale

In questa fase nascerebbe anche il piccolo monastero benedettino di San Pietro d’Albe.

Alba Fucens  è stata per lungo tempo abitata anche dopo il crollo della società romana. Il piano di Civita, dove vi erano le vecchie strutture romane, è stato abitato anche dopo le guerre gotiche. Poi, a causa del cambiamento climatico con l’alta piovosità che contraddistingue il VI secolo, il piano di Civita viene ricoperto di terra, a causa dei numerosi smottamenti presenti nella zona circostante.

Quindi l’Alba Fucens romana rimane sepolta fino al XX secolo.

Nel frattempo i pochissimi abitanti di Albe si spostano verso il colle San Nicola, dove nasce un piccolo villaggio di altura che viene aiutato, come è avvenuto in altri casi, dal vicino monastero benedettino.

Pertanto, seppure la nascita del nuovo borgo di Albe non dipende dai Benedettini, ma da ragioni contingenti legate al momento storico e al clima, esso viene comunque aiutato nella sua crescita dai monaci, che in vario modo e per lungo tempo sono i naturali punti di riferimento della popolazione.

Quindi, pur non avendo molte notizie sul periodo VI – XII secolo, è comunque possibile ricostruire sommariamente l’evoluzione di Albe e del vicino monastero benedettino con la chiesa di San Pietro.

Quasi certamente (il “quasi” è sempre d’obbligo parlando di strutture così antiche) sappiamo che sia il convento che la chiesa esistevano già in questo periodo e che entrambi erano state fondate dai Benedettini, che li amministravano.

Probabilmente , come detto poco fa, i Benedettini rappresentano in ambito locale una sorta di guida non solo religiosa, ma anche ammnistrativa ed economica, che ha dominato la scena per lungo tempo.

A questo proposito sembrerebbe che nel 866 l’imperatore Ludovico il Pio confermi i Benedettini alla guida del monastero e della chiesa di San Pietro.

 

 

Le invasioni straniere

Nel frattempo, più o meno tra l’850 e il 937, la Marsica è soggetta a numerose invasioni straniere, che compiono ogni sorta di razzia contro l’inerme popolazione locale. Tra queste citiamo quella dell’852, dove pare che i Saraceni siano giunti fino ad Albe a fare saccheggi.

Nell’818 è stata istituita la Contea dei Marsi, che a livello amministrativo sostituisce la Gastaldia dei Marsi, soggetta ai Longobardi del ducato di Spoleto. da cui ancora ora dipende.

I primi conti marsi che si succedono tra l’850 e il 926 riescono con grande fatica ad affermarsi presso la popolazione e a proteggerla dalle invasioni straniere. A volte gli stessi conti vengono uccisi in battaglia contro i Saraceni.

 

 

– L’arrivo dei Berardi nella Marsica

Nel 926 diventa nuovo conte dei Marsi Berardo il Francioso, discendente diretto di Carlo Magno e capitano di ventura al servizio di Ugo di Arles.

Berardo investito da Ugo di Arles del contado marsicano, vuole rendere questo più, ma soprattutto vuole costituire un suo stato.

Per realizzare ciò Berardo costituisce un suo esercito composto da gente del posto che viene avviata alla carriera militare. Contemporaneamente vengono creati piccoli e grandi centri posti su punti impervi delle alture circostanti. Questi poi vengono dotati di castelli o torri con mura di cinta, all’interno delle quali sorgono piccoli villaggi, meglio difendibili, che vengono ad ospitare le popolazioni locali.

Ad Albe avviene questo, con la costruzione di un castello nel X secolo, posto a difesa del villaggio.

In questo nuovo quadro amministrativo avviene l’ultima invasione straniera, quella degli Ungari, che nel 937 penetrano in Italia e poi nella Marsica, dove vengono compiute violenze di ogni genere sulla popolazione inerme.

Tuttavia la nuova organizzazione militare voluta dal conte Berardo funziona pienamente. Infatti il nuovo sistema di difesa della Marsica, unito alla forza del nuovo esercito locale, riesce dapprima a contenere l’impatto della forza ungara (che sarà comunque molto duro) e poi a sterminarne nel sangue l’intero esercito presso Forca Caruso.

Da questo momento i Marsi si rendono autonomi da qualsiasi autorità politica nazionale e sovranazionale, grazie alla forza e al prestigio di Berardo, che oltre a rivelarsi un fine condottiero è anche un abile politico capace di destreggiarsi fra le situazioni del tempo. Egli grazie alla sua abilità riuscirà a porre le basi per la costituzione di questo nuovo organismo statale che sarà la contea dei Marsi, che duecentoanni più tardi terrà testa anche ai forti Normanni.

 

 

Il declino dei monasteri

Nei circa 80 anni di invasioni straniere tra l’850 e il 930, i monasteri si sono rivelati inadatti a contenere la forza degli stranieri, anzi ne hanno subito in pieno la prepotenza. Anche per questo da ora in avanti la loro influenza conoscerà un lento declino insieme al potere delle grandi abbazie (che tuttavia sarà ancora presente).

Il potere dei nuovi conti marsi, i Berardi, sarà invece molto lungo, accompagnando la storia della Marsica per molti secoli e sempre con un ruolo di primo piano.

 

 

Ristrutturazione del X secolo

Come abbiamo avuto modo di dire, è difficile stabilire le varie ristrutturazioni occorse in questa prima fase alla chiesa e al monastero, ciò per mancanza di notizie certe.

Pare tuttavia che già nel X secolo sia avvenuta una ristrutturazione della chiesa, che ha visto la costruzione della torre campanaria come la vediamo oggi.

Per tutto il resto del X e XI secolo sembra poi che la chiesa e il monastero non abbiano avuto più problemi rilevanti, e che la loro vita sia trascorsa tranquillamente.

 

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XII – XIII Secolo

 

La chiesa di San Pietro a inizio XII secolo

All’inizio del XII secolo si ha la prima conferma ufficiale dell’esistenza della chiesa di San Pietro, che viene citata nella bolla di papa Pasquale II del 1115.

Nello stesso periodo, forse complice anche il grande rilancio della Diocesi dei Marsi, operato dal vescovo Berardo Berardi, appartenente alla famiglia comitale della Marsica, abbiamo una imponente ristrutturazione della chiesa di San Pietro.

 

– Ristrutturazione del XII secolo

A quanto riportato dalle fonti, la ristrutturazione del XII secolo sembra essere stata molto ampia, tanto da poter parlare più di ricostruzione che di restauro.

Poiché parliamo di un intervento avvenuto in epoca molto antica, è chiaro che è difficile stabilire con certezza i dettagli della costruzione e della tempistica.

A questo proposito, possiamo prendere la data del 1132 per la realizzazione della porta lignea della chiesa di S an Pietro (che è in realtà la data di esecuzione dei battenti lignei di Santa Maria in Cellis a Carsoli, ritenuti opera dello stesso scultore), che diventa un termine di paragone con la datazione del portale riferito ad un decennio prima, 1120 circa.

Quindi approssimativamente, basandoci su questi dati, potremmo azzardarci a datare questi lavori al decennio 1120-1130 circa.

Come inteso dalle fonti, la ristrutturazione sarebbe avvenuta sempre ad opera dei Benedettini, che seguendo lo stile Romanico vigente all’epoca, avrebbero ricostruito la chiesa partendo dai resti del tempio di Apollo, che avrebbe costituito la fondazione, e su cui poi vi sarebbe stato l’allungamento dell’asse principale e la divisione della struttura in tre navate, con il presbiterio rialzato su una piccola cripta, con abside semicircolare.

Dopo la ristrutturazione conclusa più o meno nel 1130, il complesso conventuale di San Pietro ha avuto sembra una vita abbastanza tranquilla. Ciò sembrerebbe vero per il fatto che non ci sono notizie del convento nel periodo successivo.

 

 

La contea dei Marsi si sottomette ai Normanni

Nel 1143 il contado dei Marsi, indipendente ormai da circa due secoli sotto la guida della famiglia Berardi, termina il suo splendido isolamento concedendosi al più forte regno normanno del Sud Italia, che da decenni mira e cerca d’inglobare il piccolo stato abruzzese.

Successivamente, I Normanni procedono a una riorganizzazione amministrativa del territorio attraverso la sua suddivisione nelle tre contee albense, celanese.

Le tre contee vengono poi affidate a membri della vecchia famiglia comitale avviando così una storia diversa per ogni territorio, ma destinati a ritrovarsi insieme in un successivo momento.

 

La nuova ascesa dei Berardi

Alla fine del XII secolo i Berardi ricostituiscono gran parte del loro potere riunificando, sotto Pietro Berardi, le contee di Albe e Celano.

Grande e fine politico, Pietro Berardi riesce prima nell’impresa di ricostituire il potere della sua dinastia nella Marsica e poi in quella di accrescerlo, inserendosi con un abile gioco di alleanze all’interno delle contese italiane tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo.

Questo gioco politico porta Pietro Berardi a diventare il più forte feudatario del Sud Italia, ma soprattutto a preparare il terreno per il tentativo d’indipendenza del contado marsicano dall’impero e dal regno di Sicilia, perpetrato dal figlio poco tempo dopo.

Siamo quindi al XIII secolo e, regnando ancora Pietro Berardi sulla contea marsicana, abbiamo una nuova ristrutturazione della chiesa di San Pietro d’Albe.

 

Restauro del XIII secolo

Nel XIII secolo la chiesa, ormai strutturata nella sua architettura romanica del secolo precedente, viene arricchita di nuovi elementi, che la rendono unica nel suo genere o comunque tra le poche che possono vantare una così elegante e funzionale struttura.

Vengono infatti aggiunte alcune strutture che abbelliscono ulteriormente la chiesa: l’ambone, prodotto in stile cosmatesco, e la raffinata iconostasi, attualmente mancante di due colonnine tortili, depredate alcuni anni fa da sconosciuti.

–  Nell’ambone troviamo incastonate con raffinata perizia dagli artisti le tessere di marmo e porfido, che creano un effetto di colori di vibrante luminosità.

 

– L’iconostasi  è posta sulle colonne che separano le tre navate dal presbiterio.

Queste strutture sono state fatte tra il 1210 e il 1220 dai maestri cosmateschi romani Giovanni di Quido e Andrea. Giovanni di Quido e Andrea hanno fatto insieme l’ambone, mentre l’iconostasi è opera del solo Andrea che l’ha firmata orgogliosamente.

 

Lo scontro fra Tommaso Berardi e Federico II

Sul piano politico fra il 1221 e il 1223 Albe è interessata marginalmente dalla guerra fra Tommaso Berardi e l’imperatore Federico II. Tommaso Berardi, succeduto al padre Pietro nelle contee di Celano e Albe, dopo aver inglobato nei suoi domini l’importante contea del Molise muove guerra a Federico II, per rendere la Marsica indipendente.

Federico II è sicuramente più forte per armi ed esercito rispetto a Tommaso, ma nonostante ciò impiega due anni per fermare i suoi sogni indipendentistici e Tommaso da parte sua si trova in almeno due occasioni ad avere la meglio sul giovane imperatore.

A questo punto Albe e Celano sono tolte al Berardi, che si ritira in esilio per qualche tempo. Le due contee sono date a uomini di fiducia di Federico.

 

Tommaso Berardi cerca vendetta

Dopo alcuni anni di esilio ritorna sulla scena politica Tommaso Berardi, in qualità di comandante delle truppe papali.

Precedentemente il papa aveva scomunicato Federico, per il suo comportamento e cercando di sconfiggerlo anche nelle armi, aveva nominato Tommaso Berardi, fiero avversario dell’imperatore suo comandante.

Tommaso da parte sua mette su un esercito capace e cerca con questo di piegare Federico II.

Federico II e Tommaso si ritrovano di nuovo a combattersi nel 1229, ma prima del combattimento Tommaso riprende temporaneamente possesso delle contee di Albe e Celano.

Dopo di ciò Tommaso in cerca di vendetta per l’affronto di alcuni anni prima, muove guerra a Federico.

Federico riesce a sconfiggere dopo un po’ di tempo le truppe di Tommaso, avviando anche a pacificazione le terre marsicane, che hanno sperato in un ritorno del Berardi.

A questo punto Tommaso si ritira a vita privata e Federico completa la pacificazione dell’Abruzzo da un lato riordinandolo al livello amministrativo la regione abruzzese, compresa anche la Marsica, e dall’altro facendo restaurare i castelli e le strutture pubbliche danneggiate con la guerra.

 

 

Il ritorno dei Berardi a Celano e Albe

Anni dopo, nel 1254, i Berardi tornano alla guida delle due contee di Albe e Celano. Ciò avviene grazie alla morte di Federico II e all’accordo fatto tra Manfredi di Svevia, figlio di Federico II e nuovo re di fatto della Sicilia e Ruggero Berardi, figlio di Tommaso e conte di Celano e Albe. Ruggero in cambio della fedeltà a Manfredi, può tornare a disporre delle due contee.

 

 

Il Papa contro gli Svevi

Il papa contrario a che gli Svevi governassero Il regno di Sicilia, chiama Carlo D’Angiò dalla Francia, affinchè detronizzi gli Svevi e si metta lui al loro posto.

 

 

Carlo d’Angiò nuovo re di Sicilia

Carlo d’Angiò si avvia a prendere il regno di Sicilia affrontando l’esercito di Manfredi, autoproclamatosi re pochi anni prima.

Lo scontro fra i due è aspro, ma dopo una serie di battaglie Carlo sconfigge definitivamente Manfredi nella battaglia di Benevento del 1266, che ne decreta anche la morte.

A questo punto Carlo diventa re di Sicilia avviando una gravosa politica fiscale sui baroni, che diventano insofferenti a lui.

Così decidono di chiedere a Corradino, legittimo erede al trono di scendere in Sicilia per prendersi il trono che gli spetta. Corradino incoraggiato dalla nobiltà siciliana scende in Italia per affrontare Carlo d’Angiò.

Carlo arriva in Italia fra ali festanti e poi giunge in Abruzzo sotto la protezione dei Berardi che lo accolgono e sostengono. Dapprima è ad Alba Fucens e poi va a Scurcola.

Pochi giorni dopo saputo dell’arrivo di Carlo nella Marsica lo affronta in battaglia nei Piani Palentini. Carlo e Corradino si affrontano quindi in campo aperto nell’agosto 1268.

La battaglia si rivela assai dura, ma dopo diverse ore di battaglia l’esercito di Carlo ha la meglio su quello di Corradino. Corradino viene poco dopo catturato dai soldati di Carlo e condotto a Napoli dove viene decapitato. A questo punto Carlo si consolida come re di Sicilia non avendo più rivali.

 

La vendetta di Carlo I

Vinto Corradino, Carlo I staziona qualche giorno presso il villaggio di Avezzano da dove coordina la sua vendetta con un territorio a lui ostile, che ha sostenuto Corradino.

Carlo si vendica prima di tutto dei Berardi, feudatari del posto, togliendogli la giurisdizione delle contee di Celano e Albe. Poi arriva a distruggere le cittadine di Alba Fucens e Pietraquaria.

Entrambe sono rase al suolo, compresi i relativi castelli, e le popolazioni disperse nelle vicinanze.

 

 

– Il complesso conventuale di San Pietro e la distruzione di Alba Fucens 

Con la distruzione di Alba Fucens, certamente anche il monastero potrebbe essere stato toccato dalla furia dei soldati di Carlo, ma la mancanza di notizie al riguardo mi fanno pensare che questo non sia stato toccato minimamente.

Anzi credo che successivamente alla distruzione della città molti cittadini di Alba, spaventati e disperati per tanta crudeltà abbiano trovato riparo presso il monastero e siano stati accolti alla bene e meglio dai monaci.

 

– Gli anni 1268-70

I successivi due anni alla sconfitta di Corradino, vedono una parte della popolazione di Alba Fucens cacciata dalla vecchia cittadina, rifugiarsi in luoghi vicini e qui erigere nuovi paesi come Massa Inferiore e Antrosano. Un’altra parte di popolazione rientra in qualche modo in Alba e costruisce dei ripari di fortuna.

Sul piano politico la contea di Alba viene data in gestione a uomini di fiducia di Carlo.

 

– Il ritorno dei Berardi

Ruggero Berardi privato delle sue contee fa di tutto per rientrare in possesso dei suoi beni. 

Alla fine dopo circa quattro anni di conciliazioni con il potere sovrano, riesce a farsi riassegnare la sola contea di Celano e dietro un forte riscatto di soldi.

Tuttavia non riesce a ritornare in possesso della contea d’Albe. Carlo I intuisce l’attaccamento del territorio alla casata dei Berardi, ma non può correre il rischio di ridare loro troppo potere, visti i precedenti, quindi pur riaffidando Celano a loro, decide diversamente per Alba Fucens.

Carlo affida la contea d’Albe alla figlia di Ruggero Berardi, Filippa, nella speranza di arrivare a controllare il territorio per via matrimoniale.

Filippa in effetti sposa un nobile legato a Carlo, ma il matrimonio termina presto per la morte di lui. Quindi ella rimane sola alla guida della grande contea e con mano ferma governa per molti anni questo territorio.

 

 

La rinascita di Alba Fucens e il governo di Filippa di Celano

La nuova contessa governa la contea di Alba Fucens per circa 40 anni e con grande forza riesce a ridare forza e dignità al territorio.

Probabilmente sotto questa contessa Alba Fucens viene in minima parte ricostruita, permettendo un ritorno di una parte degli abitanti dispersi negli anni precedenti.

Infatti dalle poche notizie riprese sappiamo che dopo la distruzione del 1268, la cittadina è in parte ricostruita. Probabilmente quello sorto dopo il 1268 è solo un piccolo villaggio che acquisirà una maggiore strutturazione negli anni futuri.

Nel frattempo Filippa tende ad alloggiare presso Avezzano che viene diventando il vero centro amministrativo della Contea.

Non dimentichiamo che Avezzano proprio dopo la distruzione dell’altro centro, Pietraquaria, s’ingrandisce notevolmente proprio con l’apporto delle nuove genti.

Filippa governa rilanciando all’interno la contea sul piano della sicurezza e dell’ordine e cerca d’incrementare il mercato della pesca, che però risulta insidiato dai monaci di Scurcola.

Presso Scurcola Carlo costruisce una grande abbazia dedicata a Santa Maria della Vittoria, per ringraziare la Vergine della grande vittoria su Corradino. Egli dota l’Abbazia di un piccolo territorio che diventa un vero feudo monacale soggetto ai monaci dell’abbazia.

Nel territorio soggetto a loro rientra anche una parte del lago Fucino. Ma la vicinanza di questo con l’area soggetta ad Alba porta ad un conflitto lungo fra Filippa e i monaci.

Filippa ingaggia una dura lotta con i religiosi per il controllo del pescato del Fucino, arrivando anche ad armare alcune navi per arrecare danno alle imbarcazioni dei monaci cariche di pesce. 

I gravi danni arrecati da Filippa ai monaci spingono lo stesso re Carlo II ad intervenire duramente sulla contessa. Con questo intervento del re la lotta fra Filippa e i monaci si risolve per così dire alla pari.

 

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XIV – XVI Secolo

 

La contea d’Alba Fucens dopo Filippa

Nel 1308 muore la contessa d’Alba Filippa Berardi, dopo circa 40 anni di dominio.

Dopo la sua morte la contea d’Alba Fucens diventa feudo reale passando ufficialmente al Regio Demanio, ma più volte data come appannaggio a membri della famiglia reale dei D’Angiò, che per circa un secolo se la tramanderanno fino all’inizio del XV secolo.

 

Cambio della guardia al convento di San Pietro d’Albe 

Nel frattempo, all’inizio del XIV secolo i Benedettini lasciano la gestione del convento e della chiesa. Al loro posto nel 1310 giungono i Francescani Conventuali Minori che gestiranno il piccolo convento e la chiesa per i successivi tre secoli.

 

Il terremoto del 1349

Nel 1349 uno spaventoso terremoto si verifica nell’Italia centrale, producendo gravi danni anche nella Marsica. A questo proposito non conosciamo con certezza gli effetti del sisma sulla chiesa e sul convento, ma sicuramente il sisma è stato avvertito distintamente anche ad Albe.

Da fonti esterne alla chiesa, sappiamo che il sisma del 1349 è stato devastante nell’area marsicana. Per esempio sappiamo della distruzione del villaggio di Avezzano a causa del sisma.

Pertanto la possibilità che il complesso conventuale di San Pietro abbia subito danni è quanto mai concreta.

Molto probabilmente bisogna parlare di danni strutturali. Certo la mancanza di notizie dirette al riguardo è quanto mai particolare. Ma esaminando i danni del sisma nell’area abruzzese dalle poche fonti al riguardo, ci siamo convinti, che la chiesa di San Pietro sia stata quantomeno danneggiata dal sisma.

In generale la chiesa di San Pietro che vediamo oggi è frutto di numerosi interventi di restauro frutto di danneggiamenti proprio in seguito a terremoti.

A volte poi questi restauri pur importanti non sono sempre ben condotti, rendendo la struttura fragile a successivi eventi naturali.

Al di là comunque dell’eventuale danno materiale da correggere, ogni restauro è comunque frutto dei tempi nei quali avviene ed è quindi influenzato dalla cultura artistica prevalente in quel momento che, specialmente in passato, tendeva spesso ad “aggiornare” l’aspetto delle strutture allo stile e al gusto moderni.

Ad oggi di tutti i restauri quello che ha lasciato maggiormente il segno è quello della seconda metà del XX secolo, che vedremo più avanti e che ha riportato la chiesa alla sua precedente struttura romanico-medievale.

 

Probabile restauro nel secondo Trecento

Probabilmente nella seconda parte del XIV secolo i monaci di San Pietro hanno provveduto per conto loro al restauro del complesso conventuale in seguito ai danni subiti con il terremoto del 1349.

 

La contea di Alba Fucens a inizio XV secolo

Sul piano sociale a inizio XV secolo il paese di Albe ha ormai perso la propria centralità a favore di Avezzano che, da semplice villaggio, è venuta acquistando sempre maggiore importanza.

Sul piano politico dopo un lungo avvicinamento dei conti Orsini sulla contea d’Alba, questi riescono a farsi assegnare la contea nel 1404 dalla regina madre Margherita.

La regina madre Margherita ringrazia il conte Orsini di Tagliacozzo, per il grosso sostegno militare dato al figlio in occasione della riconquista del trono napoletano nel 1399, assegnandogli la contea d’Alba Fucens che entra per la prima volta nell’orbita degli Orsini.

Da questo momento inizia per la contea d’Albe un duro scontro di potere fra le famiglie Orsini e Colonna per il controllo del territorio marsicano.

Dopo un certo irrigidimento del conte Orsini con la nuova regina Giovanna II nel 1414-16, questa dopo un iniziale pacificazione con lui, assegna la contea d’Albe a Lorenzo Colonna, fratello del Papa e ciò per ingranziarsi il nuovo pontefice.

A questo punto la contea rimane in mano ai Colonna fino al 1436, per poi passare ai Caldora per qualche anno e tornare infine agli Orsini nel 1441. A questo punto fino al 1497, seppure con alcune parentesi, sarà la famiglia Orsini a governare sia Albe che Tagliacozzo.

 

Terremoto del 1456

Il terremoto che avviene in Irpinia nel 1456 è un sisma di grandi proporzioni che rilascia un’energia molto consistente, incidendo in tutto il Centro Italia, su strutture che erano già state scosse cento anni prima dall’altro sisma del 1349 e che, ora sottoposte a nuove scosse, crollano in molti centri.

Nella Marsica il sisma produce molti danni e ciò avviene anche ad Albe, dove il monastero e la chiesa di San Pietro rimangono danneggiati in modo consistente.

Pur non avendo elementi per stabilire la misura esatta dei danni, dalle fonti disponibili sembra che le strutture abbiano risentano molto del sisma.

 

Restauro del XV secolo

In questo caso nelle fonti consultate non si parla di un restauro vero e proprio eseguito nella seconda metà del XV secolo, ma solo del terremoto “rovinoso” che ha colpito Albe.

Sicuramente però un restauro c’è stato, e lo dimostra il fatto che nelle stesse fonti si parla di lavori alla chiesa fatti tra il XIV e il XVI secolo. Questi lavori riguardano la realizzazione di un nuovo ciclo di affreschi, di una cappella interna tardo gotica, di due monofore sulla parete sud della chiesa, di un portale della torre campanaria e la riutilizzazione di materiali architettonici decorativi provenienti dalla vicina chiesa di Sant’Angelo in Albe.

Prima di andare avanti nella discussione, è opportuno chiarire che spesso nelle fonti relative ad un monumento storico non sono riportate chiaramente notizie relative ai singoli restauri, avvenuti ad esempio per rimediare a danni di origine sismica o di altra natura.

In questi casi occorre allora interpretare le scarne notizie disponibili, per ricostruire l’evoluzione del bene storico.

Tornando alla chiesa di Albe, il nuovo ciclo di affreschi, che viene realizzato tra il XIV e il XV secolo, raffigura entro riquadri una Madonna con Bambino, l’Incoronazione della Vergine, la Maddalena e la Crocifissione, S. Antonio Abate e S. Giacomo.

 

I Colonna nuovi signori di Albe 1497

Nel 1497, dopo circa un secolo di lotte i Colonna hanno la meglio sugli Orsini, che perdono il controllo delle contee di Albe e Tagliacozzo. Alcuni anni più tardi, nel 1504, i Colonna si vedono riconosciuti i suddetti territori venendo elevati a duchi di Tagliacozzo.

Da questo momento la denominazione di contea di Albe scompare e la città un tempo così importante, che anche in età medievale era stata il motore della Marsica, si riduce a un semplice villaggio di altura che ospita ancora un importante maniero, ma che viene da ora via via abbandonato in favore delle più importanti Avezzano e Tagliacozzo.

 

Il convento di San Pietro nel XVI secolo

Dalle fonti consultate non emergono eventi particolari durante questo secolo, per cui si può affermare, che il convento abbia continuato a condurre la sua tranquilla vita monastica.

 

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XVII Secolo

 

La Marsica nella prima metà del XVII secolo

Sul piano politico il secolo XVII viene ricordato per la grave crisi economica che imperversa nel primo cinquantennio in tutto il Sud Italia e quindi anche nella Marsica.

In questo periodo il Meridione è colonia spagnola, e la Spagna impone tasse molto gravose al territorio, riducendolo una buona fetta di popolazione alla povertà assoluta e a condizioni sanitarie preoccupanti.

A nulla serve la grande rivolta del 1647, che vede coinvolte molte persone contro il malgoverno spagnolo e vede in questa protagonista anche la Marsica, tramite una massiccia sollevazione popolare.

Successivamente la cruda reazione spagnola riporta la situazione sotto controllo, mantenendo in ciò tutti i problemi che l’hanno scatenata.

 

La Peste

Nel 1656 la situazione nel meridione e e nella Marsica peggiora con l’arrivo della Peste, che nella sola Marsica stermina 4.000 persone. Ci sono paesi che spariscono quasi del tutto. Nella sola Marsica ci vogliono decenni prima che il livello demografico ritorni a livelli normali.

 

La riforma dei conventi di Innocenzo X del 1649

Subito dopo la rivolta del 1647 contro il governo spagnolo abbiamo un’importante riforma religiosa voluta nel 1649 da papa Innocenzo X. Egli, pur volendo ridare slancio alla vita religiosa, ottiene l’effetto contrario, chiudendo tanti piccoli conventi, riducendo le case conventuali e l’accettazione delle nuove vocazioni.

L’errore di Innocenzo si compie il 17 dicembre 1649 con la costituzione apostolica Inter caetera. Questa riforma chiede ai superiori maggiori un censimento completo e dettagliato dei beni ecclesiastici, dei vari conventi nel territorio e del numero di religiosi residenti in essi.

Tra il 1650 e il 1651 viene quindi fatto un ampio censimento da presentare al Papa. Questi però, dopo averlo esaminato, ordina il 15 dicembre 1652 la chiusura dei piccoli conventi che non rispondono a determinate caratteristiche:

1) scarsità di frati: la comunità regolare è di 12 persone

2) entrate insufficienti per una tranquilla sussistenza dei religiosi

3) idoneità del luogo: piccoli conventi sperduti in montagna o in luoghi malsani o tormentati dai briganti.

Nel 1653 la reazione dei religiosi è rabbiosa contro la riforma papale, si crea un vivace dibattito che dura circa un anno e che alla fine porta ad una nuova riforma meno drastica.

In pratica, solo i conventi che hanno un numero di frati inferiori a 6 devono chiudere. Gli altri con un numero compreso fra 6 e 12 rimangono aperti, ma sottoposti ai vescovi locali.

Questo salva diversi conventi, ma produce comunque la chiusura completa in Italia di ben 242 monasteri, con effetti di grande ampiezza sui territori, non solo sul piano religioso, poiché molti paesi e paesini gravitano proprio intorno ai piccoli conventi.

 

La chiusura del convento di San Pietro in
Albe

A causa della riforma di Innocenzo X, in Abruzzo chiudono nel 1653 ben 11 conventi, tra i quali abbiamo il convento di San Pietro in Albe. Il piccolo convento albense, non rispondendo più alle condizioni normative, è costretto per ora a chiudere.

A questo proposito non sappiamo quali siano state le eventuali conseguenze sulla chiesa di San Pietro, se essa sia rimasta aperta o se invece sia stata chiusa.

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XVIII Secolo

 

I terremoti dell’Aquila e della Majella

Il nuovo secolo si apre con ben due importanti terremoti, ovvero quello dell’Aquila del 1703 e della Majella del 1706.

Il sisma dell’Aquila, ancora più di quello successivo della Majella produce danni importanti anche nella Marsica. Ad Albe sappiamo che il sisma si rivela rovinoso sia per la chiesa che per il convento di San Pietro.

 

La riapertura del convento di San Pietro all’inizio del Settecento

All’inizio del Settecento, dopo poco più di 50 anni di chiusura, i monaci francescani tornano nel piccolo e antico convento di San Pietro d’Albe.

La riapertura del convento avviene successivamente al terremoto dell’Aquila e, visti i danni arrecati dal sisma alle strutture della chiesa e del convento, entrambi necessitano di un restauro urgente.

 

Restauro del XVIII secolo

La riapertura del convento e della chiesa danneggiati dal sisma impone quindi un restauro delle strutture. I lavori partono abbastanza celermente e durano diverso tempo.

La chiesa viene restaurata soprattutto nelle parti danneggiate, ma poi viene viene ridecorata nelle pareti e nelle volte secondo il gusto Rococò tipico del Settecento.

Sul piano politico la Marsica continua ad essere gestita dai Colonna, che ormai dominano la zona già da diversi secoli.

Sul piano sociale si verifica a livello locale una vicenda spiacevole, che danneggia l’immagine del borgo di Albe, ma soprattutto del convento di San Pietro.

 

Il legame fra Albe e Antrosano

Antrosano è un ridente paese posto a  sud del Colle d’Albe, nato particamente dopo il 1268, grazie all’afflusso di genti provenienti dalla vicina Alba Fucens, rasa al suolo da Carlo I d’Angiò dopo la battaglia contro Corradino di Svevia.

 

– Un grave episodio intercorso fra Albe e Antrosano nel Settecento

L’episodio di cui trattiamo avviene nel 1733 e riguarda la denuncia di Barbara Antonini di Antrosano, per il ferimento suo figlio Francesco, avanzata contro il chierico Francesco Tiburzio.

Francesco Tiburzio è un giovane chierico in forza presso il convento di San Pietro d’Albe. È un giovane a cui piace divertirsi: di giorno si accompagna a un padre guardiano, ma di notte va spesso in giro ad importunare le persone.

Un giorno Tiburzio, stando alla denuncia, ferisce gravemente con il coltello e senza motivo un giovane di Antrosano, un certo Francesco, figlio di Barbara Antonini.

Il ferimento del giovane appare subito grave e la madre, appresa dal figlio l’identità di chi lo aveva accoltellato, lo denuncia alle autorità.

Tiburzio, saputo del peggioramento delle condizioni del giovane, fugge per timore dal convento dove risiede e vaga per le campagne circostanti. Nel frattempo le autorità vescovili non emettono un provvedimento di cattura verso il chierico feritore.

Così Tiburzio, sentendosi al sicuro, dopo aver girovagato per un po’, torna al convento e ricomincia la sua vita dissoluta. Addirittura va ad Antrosano per minacciare gli altri fratelli del giovane Francesco ferito precedentemente.

Nel frattempo questi migliora e si salva, ma le ferite riportate non gli consentono di riprendere il suo vecchio lavoro.

La storia si conclude con la madre Barbara che minaccia di denunciare il fatto presso la Sacra Congregazione se Tiburzio non verrà catturato o per lo meno allontanato da Antrosano, ma non riuscirà mai a ottenere giustizia, a causa delle protezioni altolocate di cui gode il giovane chierico.

Come è facile immaginare, l’episodio genera tensione fra Albe e Antrosano, gettando discredito sul piccolo convento di San Pietro.

Nel frattempo il secolo volge al termine e la comunità di Albe si è ridotta ormai solo a un piccolo villaggio di montagna. Nulla in questo momento farebbe pensare alle glorie passate dell’antica Alba Fucens.

 

– 1 occupazione francese

Nel 1798 i Francesi invadono il Regno di Napoli, ma lo dominano con grande fatica a causa della dura resistenza delle popolazioni locali, specie gli Abruzzesi.

Alla fine però non riescono a gestire a lungo il potere e nel 1800 sono costretti ad andare via.

 

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XIX Secolo

 

– Il ritorno di Ferdinando IV

I Francesi ritiratisi da Napoli, spalancano la strada al ritorno del vecchio sovrano Ferdinando IV. Infatti di li a poco il vecchio re borbonico ritorna a Napoli con tutta la sua corte.

Gli Abruzzesi e gli altri popoli che hanno lottato per il loro re sperano qualcosa in cambio, ma non ottengono nulla. Questo genera una certa sfiducia nel governo borbonico.

 

– 2 occupazione francese

Nel 1806 i Francesi tornano nuovamente nel Sud Italia, dove nel giro di poco tempo riconquistano il regno napoletano, scacciando nuovamente i Borbone, che fuggono in Sicilia protetti dagli Inglesi. Questa volta i Francesi nella fase di conquista non incontrano più le accanite resistenze della volta precedente.

I Francesi rimangono a capo del Regno di Napoli fino al 1815, e in questo arco di tempo realizzano importanti riforme.

Tra le riforme principali citiamo l’abolizione del feudalesimo nel 1806 e quella degli ordini religiosi nel 1809. Queste due sole riforme producono un’autentica rivoluzione sociale a livello locale, come avviene nella Marsica.

Nella Marsica abbiamo nel primo caso la fine del ducato di Tagliacozzo retto dai Colonna negli ultimi tre secoli, e nel secondo la scomparsa di moltissimi piccoli e grandi monasteri che hanno accompagnato la storia di molti paesi della regione in un lungo arco temporale.

 

Seconda e definitiva chiusura del convento d’Albe 1809

Con la riforma del 1809 chiude definitivamente anche il convento di Albe e i suoi beni vengono incamerati dal comune di Albe, e più tardi dal nuovo comune di Massa Inferiore.

La chiesa di San Pietro non viene chiusa, ma affidata al clero secolare.

 

– Albe nel nuovo comune di Massa Inferiore 1811

Con la fine del ducato di Tagliacozzo a livello amministrativo si scatena una vera rivoluzione. Infatti, nel 1811 molti piccoli paesi precedentemente autonomi vedono scomparire la propria indipendenza amministrativa, in favore di comuni più grandi.

Nello specifico si ha la nascita del comune di Massa Inferiore sotto il quale vengono posti come frazioni i paesi di Albe, Forme, Castelnuovo, Antrosano e qualcun altro.

Sul piano economico la situazione di grave povertà della Marsica non cambia.

Anzi, essa peggiora quando il Lago Fucino entra in una nuova fase di innalzamento del livello delle acque. Il lago infatti straripa in diverse occasioni, arrecando gravi danni alla colture dei paesi limitrofi.

 

Il ritorno dei Borbone

Nel 1815 tornano i Borbone con il vecchio re Ferdinando, che assume ora il nuovo titolo di Ferdinando I re delle Due Sicilie.

Sotto i Borbone, rimasti al potere fino al 1860, la situazione economica continua ad essere stagnante e ad Albe regna la povertà assoluta.

Durante questo secondo periodo borbonico tuttavia si provvede al gravoso problema del Lago Fucino, prima in via provvisoria e poi definitiva con l’avvio dei lavori di prosciugamento negli anni 1850 sotto la direzione del banchiere Torlonia.

 

Caduta dei Borbone e nascita del regno d’Italia

Nel 1860 i Borbone sono spodestati dal trono da Garibaldi, che cede poi il regno del sud al sovrano piemontese Vittorio Emanuele II. Questi qualche mese dopo assume il titolo di primo re d’Italia, e l’Abruzzo entra così a far parte del nuovo regno.

 

– La Marsica nel nuovo regno d’Italia

Contemporaneamente a livello locale si vengono svolgendo i lavori di prosciugamento del Lago Fucino condotti dal principe Alessandro Torlonia, che durano diversi anni. Allo stesso tempo il nuovo esercito nazionale conduce una grande campagna militare nel Sud Italia per combattere l’epidemico fenomeno del brigantaggio.

Molte azioni militari e scontri fra esercito e briganti avvengono proprio nella Marsica, che si trova ancora per qualche tempo a rappresentare il confine fra Stato della Chiesa e Stato italiano.

 

Il fenomeno del brigantaggio 1860-70

Tra il 1860 e il 1861 i briganti stringono un legame con Francesco II, ultimo re delle Due Sicilie, che nel tentativo disperato di riprendersi il trono si allea con loro. L’alleanza dura poco, perché il nuovo esercito italiano la stronca sul nascere arrestando e fucilando i diversi capi militari borbonici che provano a stringere gli accordi. Allorquando i briganti tornano a dar fastidio alla popolazione civile, perdono anche il loro appoggio.

Ciò porta nel giro di alcuni anni (1870) alla loro sconfitta per mano dell’esercito nazionale.

 

Albe nel 1860-80

In questo periodo Albe sembra non essere interessata da alcuna vicenda del resto dell’Abruzzo. Il villaggio è abitato da povera gente che campa con l’agricoltura locale e la pastorizia, continuando a seguire la religione tradizionale, che scandisce i tempi della vita quotidiana con le sue celebrazioni e i suoi riti. Così, pur in presenza di una una grande povertà, la vita nel paese va avanti in modo tranquillo.

 

Vendita dei beni del convento 1866

Il 7 luglio 1866 il comune di Massa Inferiore vende a privati l’ex edificio conventuale.

 

Il prosciugamento del lago 1878

Negli stessi anni i lavori di prosciugamento del Lago Fucino sono completati (1878) e al posto del vecchio lago si ha ora una grande piana agricola con terreni estremamente fertili.

Nel giro di poco tempo avviene un grande cambiamento sociale, con i vecchi pescatori che divengono ora contadini al servizio del principe Torlonia, che avendo acquisito l’intera proprietà delle terre emerse, diventa una sorta di nuovo feudatario della Marsica.

Molta gente va così a lavorare nelle nuove terre fucensi per Torlonia (1880).

 

La chiesa di San Pietro alla fine dell’Ottocento

La chiesa di San Pietro, seppure in posizione isolata dal resto del paese di Albe, ha continuato a funzionare nonostante la chiusura del vecchio convento nel 1809. Successivamente la chiesa, vista la sua grande storia e la ricchezza dei monumenti in essa custoditi, viene dichiarata monumento nazionale nel 1892.

 

L’emigrazione

Ad Albe la nuova economia agricola del Fuucino non produce miglioramenti economici, anzi per certi aspetti la interessa solo marginalmente. Perciò la costante crisi economica, ma soprattutto sociale, spinge moltissime persone del comune di Massa Inferiore a partire all’estero in cerca di fortuna.

 

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XX Secolo

 

La chiesa di San Pietro ai primi del Novecento

Ai primi del Novecento la chiesa di San Pietro conserva esternamente la sua struttura alto medievale.

 

Esterno della chiesa di San Pietro ai primi del Novecento

(fonte: video di Youtube “Terre Marsicane: Marsica il Fucino”).

Internamente la struttura si presenta nel suo rifacimento settecentesco, con gli addobbi in stile Rococò presenti in diversi punti della chiesa.

 

Interno della chiesa di San Pietro ai primi del Novecento

(fonte: video di Youtube “Terre Marsicane: Marsica il Fucino”).

L’altare della chiesa ai primi del Novecento

(fonte: video di Youtube “Terre Marsicane: Marsica il Fucino”).

 

Nonostante ciò però la struttura medievale, seppure appannata dagli elementi tardo barocchi, è ben visibile a partire dall’ambone cosmatesco e dalla balaustra, anch’essa in stile cosmatesco.

Sicuramente all’inizio del Novecento la chiesa appare un miscuglio di tanti stili, che rappresentano bene i tanti restauri subiti nel corso del tempo.

 

Il terremoto del 1915

Il 13 gennaio 1915 si scatena nel Fucino il più grave terremoto che la Marsica ricordi dai tempi antichi. Il sisma si manifesta con una potenza pari al 7º grado della scala Richter e distrugge in pochi istanti tutta la Marsica.

Piccoli e grandi paesi vengono rasi al suolo in pochi istanti, causando la morte di 30.000 persone. Nel sisma vanno distrutti anche importanti monumenti come i castelli e le chiese, che scomparendo consegnano alla polvere tutta la storia di una terra lunga migliaia di anni.

Tra i paesi maggiormente colpiti dal sisma troviamo proprio il villaggio di Albe, che viene completamente distrutto con la morte di quasi tutti gli abitanti.

 

Effetti del sisma sulla chiesa di San Pietro

Tra i monumenti più colpiti vi è la chiesa di San Pietro, che vede crollare il proprio tetto su tutta la superficie della struttura. Addirittura nella zona absidale vengono giù anche le mura.

 

La chiesa di San Pietro crollata dopo il terremoto del 13-1-1915

(fonte: video di Youtube “Terre Marsicane: Marsica il Fucino”).

 

All’interno è un cumulo di macerie, ma poco tempo dopo il sisma si cerca almeno di mettere in salvo alcune opere più importanti, in modo da poterle restaurare in seguito.

 

 

La chiesa di San Pietrocrollata dopo il terremoto del 13 gennaio 1915

(fonte: video di Youtube “Terre Marsicane: Marsica il Fucino”).

 

Vedendo la chiesa ridotta in questo modo, infatti, nessuno pensa che possa essere un domani recuperata e resa nuovamente accessibile.

 

Albe negli anni 1915-40

Quelli che seguono il terremoto sono anni durissimi, scanditi dalla Prima guerra mondiale e poi dalla tremenda pestilenza della spagnola, che in queste terre miete molte vittime.

Sul piano prettamente locale i pochi sopravvissuti di Albe si trasferiscono a vivere nel piano di Civita, occupando la zona con piccole casette antisismiche. La stessa zona che, per ironia della sorte, custodisce l’antica e (in quel momento) leggendaria città romana di Alba Fucens.

Nel frattempo sopraggiungono gli anni del fascismo e il nuovo comune di Massa d’Albe si ritrova inquadrato nella politica del regime, che consente un’iniziale ricostruzione della zona albense.

Il nuovo paese di Albe viene pian piano prendendo forma nella zona del Piano di Civita e nel giro di pochi anni viene costruita la nuova piccola chiesa, sempre dedicata a San Nicola.

 

– La guerra 1940-45

Nel 1940 l’Italia entra nella Seconda guerra mondiale a fianco della Germania, ma nel giro di tre anni le gravi perdite avute nei vari fronti di guerra e l’arrivo degli Alleati nel Sud Italia portano alla caduta del regime fascista il 25 luglio 1943. Successivamente anche lo stato monarchico viene meno a causa della fuga dei Savoia da Roma il 9 settembre.

L’Italia viene invasa dai Nazisti fino al basso Lazio, dove viene creata la famosa Linea Gustav che segna il confine fra l’Italia nazifascista e l’Italia alleata. L’Abruzzo e la Marsica sono al centro di questo sistema, a ridosso della Linea Gustav.

Poco dopo, a partire dall’ottobre del 1943 inizia la guerra fra gli Alleati che tentano di sfondare la linea e i Tedeschi che mantengono la posizione.

Ciò perdura per diversi mesi, nei quali la popolazione marsicana soffre per la dura occupazione nazista e i tremendi bombardamenti alleati che riducono nuovamente la zona nella distruzione completa.

Tra il 1943 e il 1944 Massa d’Albe diventa sede della X Armata tedesca e il rudere del castello di Alba Fucens torna per qualche tempo fortezza militare, poiché lì i Tedeschi hanno sistemato l’artiglieria contraerea.

Gli Alleati e gli antifascisti riescono alla fine ad avere la meglio e nel giugno del 1944 la Marsica è liberata. Nel 1945 tutta l’Italia è libera e riprende il suo percorso democratico.

 

Albe e la ricostruzione 1945-60

Il piccolo villaggio di Albe, tornato libero dai Tedeschi, viene ricostruito nelle strutture danneggiate dalla guerra e diventa pochi anni dopo oggetto di interventi di scavo nell’area del piano di Civita, per portare alla luce la vecchia città romana di Alba Fucens.

 

Il restauro della chiesa di San Pietro 1955-57

Tra lo stupore generale cominciano anche i lavori di restauro della vecchia chiesa di San Pietro, diroccata e lasciata in abbandono per anni.

I lavori hanno inizio nel 1955 e si concludono nel 1957 sotto la direzione della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie di L’Aquila. Colui che segue i lavori è Raffaello Delogu, un grande studioso di arte e capo soprrintendente in questo cantiere.

I lavori vedono una prima fase di catalogazione e rilievo delle parti rimaste in sito. Quindi si procede con lo scavo dei materiali, la demolizione delle murature fatiscenti e lo smontaggio del pavimento in pietra dopo averne opportunamente numerate le parti.

Poi si procede all’anastilosi di tutto il materiale ritrovato nella posizione precedente il terremoto del 1915.

A questo punto si entra nella fase di ricostruzione vera e propria, con il rafforzamento della parete della cripta; quindi viene completata la volta in muratura e ultimata con l’immissione del cemento armato nella navata centrale. 

Vengono poi rimontati i conci in pietra squadrata delle pareti appartenenti all’antico tempio, in modo particolare la parete nord, dove sono usati vari accorgimenti per sopperire alla mancata numerazione prima del loro crollo con il terremoto. Da rilievi fatti sulla porzione di muro rimasto in piedi, dai blocchi a terra e da documentazione fotografica, è stato possibile effettuare le ricostruzioni prospettiche e geometriche della muratura iniziale.

Per il rimontaggio della parete ovest, dell’abside e del suo coronamento viene usata una sola fotografia, che però essendo troppo angolata tendeva a nascondere alcuni importanti particolari.

In corso di restauro vengono tamponate la finestra e le porte laterali.

Il muro rimasto in piedi presenta diverse lesioni, specialmente nello spigolo destro. Questa parte viene letteralemente smontata e rimontata completamente insieme alla parte superiore del solaio del convento attiguo.

Allo stesso tempo, nel corso dei lavori viene liberata un’antica finestra, mentre gli ingressi inferiori vengono nuovamente tamponati con pietra squadrata. Contemporaneamente viene constato che mancano alcuni conci, che vengono sostituiti con lastre di pietra squadrata lavorata alla punta, datandole quando le sostituzioni sono state numerose, per distinguerle dalla pietra originaria.

Per questo scopo viene ripresa la pietra già presente in cantiere ed un’altra presente in una cava vicina.

Quindi vengono rafforzate le pareti presenti sul prolungamento delle ante laterali della chiesa e quella di facciata. Invece la struttura muraria presente sul prolungamento della parte nord della chiesa è rifatta totalmente.

Allo stesso modo la muratura di facciata viene ricostruita per intero, rinforzata con cordoli in cemento armato e foderata con pietra squadrata; inoltre su quest’ultima vengono aperte sulle navate laterali due nuove finestre, che riprendono la forma di quella absidale.

Sul lato sud viene sostituita tutta la struttura muraria del piano superiore al pavimento del convento, tamponando allo stesso tempo anche una porta di comunicazione e rinvenendo pure le tracce di altre due aperture nella parte superiore, che erano state murate in precedenza.

Mentre avviene la ricostruzione dei muri perimetrali, all’interno si procede alla costruzione del telaio in cemento armato. All’inizio sono realizzati i plinti a bicchiere, al di sopra dei quali sono sistemati i rocchi delle colonne, che vengono forate e all’interno delle quali sono introdotte le armature e il getto di calcestruzzo per realizzare i piedritti.

Un esemplare di carotaggio in marmo viene lasciato sulla destra dell’ambone, a documento dell’operazione svolta.

Nella parte superiore, i montanti vengono prolungati con pilastri, costruiti cordoli longitudinali sulle arcate e collegamenti trasversali con i cordoli perimetrali. Questi tiranti vengono fatti entro casseforme di legno lasciate in opera.

Quindi sulla navata centrale vengono costruite travi, cordoli longitudinali e viene eseguita la copertura a due spioventi.

La ristrutturazione dell’arredo cosmatesco viene affidata all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che cura sul posto il restauro dell’ambone e nella sua sede quello della iconostasi della balaustra.

Successivamente, a restauro completato la balaustra con l’iconostasi viene rimontata nella stessa identica posizione precedente al terremoto del 1915. Invece la ricostruzione dell’altare barocco è stata scartata, seppure il suddetto è stato custodito in loco fino al 1960.

Al suo posto è invece ricollocato il paliotto rinvenuto nel 1915 ed adattato alla funzione di altare. Inoltre nella cripta sottostante è stata collocata la cassa in pietra.

Gli affreschi, che erano stati distaccati sul finire del 1915 e poi restaurati, vengono riposizionati nel muro sud, in posizioni differenti rispetto alle originarie. Invece gli affreschi rimasti al loro posto sono deperiti e rimangono solo poche tracce sulla parete sud del tempio.

Gli ultimi lavori eseguiti riguardano le addizioni della chiesa. In pratica sono distrutti i corpi di fabbrica cinquecenteschi, divenuti ormai ruderi.

Sulla facciata della torre si decide di numerare e smontare le pietre esterne fino all’altezza del portale cinquecentesco rimasto a piombo, mentre la muratura interna viene demolita e poi ricostruita e rinforzata con i cordoli in cemento armato.

Lateralmente viene rifatta la muratura, collocati nuovi conci e messo in evidenza un portico con due archi romani. Infatti per la ricostruzione del pronao non viene considerato l’unico disegno esistente, che mostra l’apertura dell’arco a destra dell’ingresso in forma ogivale. Questo elemento viene rimpiazzato con un arco a tutto sesto che oggi appare zoppo.

Viene quindi fatta la posa in opera del nuovo portone d’ingresso, che sostituisce le ante lignee duecentesche, attualmente custodite nel castello di Celano. Su queste è incisa una epigrafe posta sulla facciata sinistra della chiesa.

Abbondante e molto vario è invece il materiale erratico che è depositato nei locali della Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici dell’Aquila.

Nelle sue caratteristiche formali, l’organismo costruttivo attuale della chiesa, quale risultante dalle operazioni di restauro e rafforzamento fatte in questi anni 1955-57, ripete fedelmente la struttura romanica originaria della chiesa di San Pietro.

 

Restauro del 1969-70

La chiesa di San Pietro dopo il restauro degli anni 1955-57

(fonte: video di Youtube“Terre Marsicane: Marsica il Fucino”).

Il perfetto restauro eseguito nel 1955-57, che ha permesso la rinascita della chiesa di San Pietro nella sua forma romanica del XII secolo, viene poi completato con i nuovi lavori del 1969-70 .

Con questo nuovo restauro vengono ricostruite le iconostasi nelle navate laterali, mentre gli affreschi presenti vengono trasportati via dalla chiesa e collocati nei locali della Soprintendenza dell’Aquila.

Invece alcuni carotaggi delle colonne sono risistemati nel piazzale antistante la chiesa ed allo stesso tempo sono eseguiti interventi di ordinaria manutenzione.

La chiesa di San Pietro a fine XX secolo

Dopo questo ulteriore restauro, la chiesa torna quindi pienamente funzionante e viene riutilizzata nel corso dei successivi anni ’80 e ’90 dagli Albensi per cerimonie pubbliche o private come matrimoni.

Alla fine degli anni ’90, in un rinnovato slancio per il recupero degli antichi spazi della Alba Fucens medievale, con l’avvio del restauro di alcuni caseggiati distrutti dal terremoto portato avanti dal comune di Massa d’Albe, si viene facendo largo anche l’idea del recupero dell’antico convento, per farne la sede di un moderno e avveneristico museo delle opere d’arte trovate nella Alba Fucens romana e medievale.

 

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XXI Secolo

 

Parziale recupero del vecchio convento

Il progetto di recupero del vecchio convento, abbozzato negli anni ’90 del secolo precedente, prosegue anche all’inizio del nuovo decennio e nel giro di poco tempo diventa esecutivo.

Vengono quindi avviati i lavori di costruzione del museo archeologico nei locali dell’attiguo ex convento.

I lavori consistono prima nella rimozione degli affreschi presenti nel muro sud del convento, quindi nel rilievo stratigrafico dello stesso muro. I rilievi vengono condotti dalla parte interna e ciò sia nel piano inferiore che in quello superiore.

Quindi il muro viene risistemato e si procede poi al recupero del tetto e al rafforzamento generale della struttura.

I lavori iniziati nel corso degli anni 2000 subiscono una battuta d’arresto nel 2009, dopo il terremoto dell’Aquila.

Successivamente riprendono e vengono in parte ultimati. Tuttavia, a causa di problemi burocratici il nuovo museo al 2019 non risulta ancora aperto.

Ci auguriamo a questo punto che questa importantissima struttura venga presto completata e resa funzionale per la sua destinazione.

 

– La chiesa di San Pietro all’inizio del XXI secolo

La chiesa di San Pietro, ristrutturata magnificamente nel secolo scorso, continua a servire in modo efficiente la popolazione di Albe e a rappresentare in modo degno la storia del popolo marsicano, anche grazie al pregevole recupero dei suoi beni artistici, danneggiati dal terremoto del 1915.

 


 

STRUTTURA DELLA CHIESA DI SAN PIETRO DI ALBA FUCENS

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Pianta

La pianta della chiesa è a impianto basilicale con tre navate ed un’abside semicircolare.

 

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Interno

Interno della chiesa di San Pietro. (Immagine personale)

 

L’interno della chiesa vede le tre navate divise da 16 colonne romane che formano archi a tutto sesto, mentre l’abside semicircolare è posta sul fondo.

 

Le colonne:

Colonnee capitelli corinzi della chiesa di San Pietro (immmagini personali).

 

Le colonne che dividono le navate sono dell’ordine corinzio; provengono dall’Alba Fucens romana e sono databili al II secolo d.C.

Inoltre, in corrispondenza della prima campata, incastonate lungo il perimetro delle navatelle, sono presenti due colonne tuscaniche, appartenenti al prototipo dell’antico tempio romano di Apollo.

In fondo alla navata centrale, superata la grande iconostasi, troviamo la zona presbiteriale.

 

Il presbiterio:

L’altare della chiesa di San Pietro (immagine personale).

 

Il presbiterio, chiuso dall’abside duecentesca, si ritrova rialzato rispetto al piano di calpestio e posto al di sopra di una cripta. Ad introdurre al presbiterio c’è una piccola scalinata di sette gradini.

L’altare è composto da un paliotto romanico decorato da un reticolo, al centro del quale sono poste due nicchie con fioroni.

 

La cripta:

Nella cripta sottostante all’altare sono riconoscibili i resti del tempio pagano di Apollo. Inoltre nella cripta risulta collocato un sarcofago decorato con motivi alto medievali.

 

L’ambone:

L’ambone in stile cosmatescodel 1210-20. (Immagine personale)

 

L’ambone rappresenta l’elemento più bello e significativo di tutta la chiesa. Questo bellissimo monumento è stato creato in stile cosmatesco nel 1210-20 dall’artista romano Giovanni di Quido e dal suo aiuto Andrea.

L’ambone dispone di un accesso a doppia rampa con doppio lettorino pentagonale. Un altro lettorino è posto posteriormente agli altri due. Quest’ultimo è impreziosito di colonne tortili negli angoli. In questo sono incastonate con grande perizia tessere di marmo e porfido, che creano un effetto coloristico di vibrante luminosità. Un rilievo rappresentante un’aquila è posto al centro. Altri simboli fanno da contrapposto all’aquila:

– un mascherone,

– un uccello,

– un uomo con dei serpenti che gli escono dalla bocca. (L’aquila è anche il simbolo dell’apostolo Andrea.)

Le pietre pregiate utilizzate nell’ambone dimostrano la sua ricchezza; tra di esse spicca il porfido, simbolo imperiale.

 

Pannelli dell’ambone (immagine personale).

 

Un particolare da notare è l’estrema eleganza e precisione formale di cui si compongono i pannelli dell’ambone.

 

 

I lettorini:

Lettorino dell’ambone visto di lato (immagine personale).

Lettorino dell’ambone vistofrontalmente (immagine personale).

 

I lettorini sono a sezione poligonale. Rispetto a quello posteriore, quello verso la navata è arricchito da colonne tortili in corrispondenza degli spigoli.

 

L’iconostasi:

L’iconostasi della chiesa di San Pietro (immagine personale).

 

L’imponente e bellissima iconostasi è sicuramente l’altro elemento decorativo che spicca all’interno della chiesa, ponendosi come divisorio fra il presbiterio e il resto dell’edificio.

Questa inconostasi, di chiaro stile cosmatesco, è stata creata dal solo maestro romano Andrea tra il 1210 e il 1220, contemporaneamente alla realizzazione dell’ambone.

 

Il candelabro pasquale:

Il candelabro pasquale,che completa l’arredo liturgico, è composto da rocchi di colonne riutilizzate di spoglio e da un capitello duecentesco.

 

Gli affreschi:

Lungo le pareti della chiesa sono presenti gli affreschi, databili tra il XIV e il XV secolo. Questi rappresentano entro riquadri una Madonna con Bambino, l’Incoronazione della Vergine, la Maddalena e la Crocifissione, S. Antonio Abate e S. Giacomo.

 

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Facciata e campanile

Facciata della chiesa di San Pietro (immagine personale).

 

La chiesa si presenta con una facciata composta da una torre campanaria in assetto centrale, aperta ai lati.

L’apertura ai lati si compone di due archi a tutto sesto ricadenti su rocchi di colonne romane e sul prospetto di un portale.

 

Portale:

 

1) Portale esterno:

 

Portale esterno della chiesa di San Pietro (immagine personale).

 

Il portale è databile al 1526 ed è composto da stipiti ed archinvolto decorati da un motivo a cassettoncini e fiancheggiati da semicolonne. Nell’architrave ci sono due putti che sorreggono lo stemma con le chiavi.

 

2) Portale interno:

Percorso l’atrio si accede poi al secondo portale dalle forme romaniche, un tempo chiuso da preziosi battenti lignei, oggi conservati nel Museo di Celano (AQ). Questo portale interno della chiesa è del 1130 ed è costituito da piedritti, architrave ed archivolto impreziositi da spirali.

L’archivolto interno è decorato da un motivo a girali che nasce negli stipiti dalle fauci di due leoni e prosegue nell’architrave. Il motivo del tralcio vegetale è usato spesso nella decorazione dei portali, basandosi per lo più sulla ripetizione modulare di un ristretto formulario decorativo.

 

Abside:

Il prospetto posteriore della chiesa di San Pietro presenta un’abside poggiante sul forte basamento che nascon de la cripta, ovvero il basamento che in età antica formava il tempio di Apollo.

Interessante poi il sostanzioso coronamento ornato da archetti pensili su mensole di differenti forme di figure fantastiche.

 

Coronamento dell’abside (immagine personale).

 

Le mensole, che si evidenziano in modo plastico sul cilindro liscio dell’abside, esprimono un significato apotropaico ancestrale.

 

Abside semicircolare della chiesa di San Pietro (immagine personale).

 

L’abside risulta aperta con un’unica monofora strombata e decorata in modo discreto con palmette.

 

 


BIBLIOGRAFIA

 

1) www.abruzzo24ore.tv

2) http://www.medioevo.org/artemedievale/pages/abruzzo/Alba.html

3) http://www.massadalbe.terremarsicane.it/index.php?module=CMpro&func=viewpage&pageid=83

 


MASSA D’ALBE


STRUTTURE E MONUMENTI DI MASSA D’ALBE


CHIESE DELLA MARSICA