TORRE DI ROCCA DI CAMBIO


TORRI E CASTELLI DELLA MARSICA


STRUTTURE E MONUMENTI DI ROCCA DI CAMBIO


 

POSIZIONE DELLA TORRE DI ROCCA DI CAMBIO

 

 

 


STORIA DELLA TORRE DI ROCCA DI CAMBIO

 

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IX SECOLO

 

– La nascita di Rocca di Cagno e della sua torre

Nel corso del IX secolo i Longobardi costruiscono il primo nucleo fortificato di Rocca di Cagno. Il paese all’inizio della sua storia prende il nome dal vicino monte Cagno ed essendo strutturato come  borgo-fortezza con lo scopo di difesa e controllo dell’Altopiano delle Rocche, assume il nome completo di Rocca di Cagno.

Inoltre i Longobardi sulla cima del paese costruiscono una prima torre di vedetta con lo scopo di controllare il passaggio nella zona dell’altipiano

Il paese inizialmente viene abitato di pastori, che trovano in questa zona molta acqua e soprattutto ottimi pascoli per le proprie greggi di pecore. Questo fa si che con il tempo il piccolo borgo diventi un vero e proprio paese stanziale.

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X SECOLO

 

– L’imperatore Ottone II e di Rocca di Cambio nel X secolo

Rocca di Cagno alla fine del X secolo, nel 970-71, si trova ad ospitare l’imperatore Ottone II, giunto nella Marsica per una visita di alcuni giorni. Ottone II giunge qui per una visita in Abruzzo che rappresenta la parte sud dell’Impero germanico. Ottone II viene ricevuto con tutti gli onori dai conti dei Marsi Berardo III e Rainaldo I, presso i quali si ferma per diversi giorni.

Durante la sua visita Ottone II s’innamora da subito di queste terre e decide di ritornare più volte, negli anni successivi. In onore di questa venuta il borgo viene ribattezzato Rocca Ottonesca, ma in realtà continua a chiamarsi al lungo Rocca di Cagno.

Ottone II viene talmente colpito da questi luoghi che si fa edificare un castello ai piedi di Monte Rotondo. Qui egli viene nei mesi estivi dove compie diverse battute di caccia per gli altipiani vicini a cominciare dall’Altopiano di Campo Felice.

Rocca di Cagno da primitivo avamposto militare si evolve sempre più in paese stanziale. Il borgo vede aumentare la popolazione residente e ciò spinge alla costruzione di una prima chiesa in onore di San Pietro Apostolo. La chiesa viene eretta nel punto più alto del borgo e nel corso del tempo subirà molti rimaneggiamenti a causa dei numerosi sismi che sconvolgeranno il paese nei secoli futuri.

 

 

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XI SECOLO

 

– Rocca di Cambio nell XI secolo

Dalle scarse fonti trovate sembrerebbe che a Rocca di Cambio non accada nulla di particolare e che il borgo perduri felicemente nella vita quotidiana.

Riguardo alla primitiva torre nulla sappiamo di questo periodo. Per alcuni studiosi tale torre non è esiste ancora, mentre per altri esiste in una forma poco sviluppata. Secondo noi la torre a Rocca di Cagno esiste e ciò in quanto la posizione del paese risulta adatta nel controllo del passaggio di merci e persone. Per cui esistendo un borgo fortificato non può non esistere anche una torre che controlli il tutto.

Si ha notizia che in questo secolo venga eretta la chiesa-abbazia di Santa Lucia. Ebbene con il tempo sembra che intorno alla chiesa si formi anche un piccolo villaggio.

 

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XII SECOLO

 

– I Normanni si prendono la Marsica

Nel 1143 i Normanni prendono possesso della Marsica, attraverso un accordo con i conti dei Marsi. L’accordo prevede l’assorbimento del territorio marsicano da parte normanna, in cambio i conti dei Marsi avranno un ruolo politico nella nuova Marsica normanna.

La conquista normanna della Marsica, porta anche Rocca di Cambio in territorio normanno con tutti i vantaggi e svantaggi che ne derivano.

 

 

– Rocca di Cambio nel XII secolo

Con la conquista della Marsica da parte normanna tutto il territorio abruzzese diventa il confine nord del regno normanno, per cui questi hanno tutto l’interesse a rinforzare le torri e castelli preesistenti. 

Nel corso del secolo Rocca di Cambio viene potenziata dai Normanni nelle mura e nelle torri di cinta. Anche la primitiva torre di Rocca di Cambio inizia a strutturarsi meglio divenendo un primitivo castello. In pratica la torre viene fortificata con mura perimetrali, ma ancora non si può considerare un vero maniero.

 

 

– Arrivano gli Svevi

Alla fine del secolo XII termina il dominio normanno con la fine della dinastia Altavilla. Gli Svevi imperatori tedeschi ereditano il regno di Sicilia in quanto imparentati con gli Altavilla.

In questo contesto Rocca di Cambio continua ad essere un importante avamposto militare a controllo del territorio di alta montagna.

 

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XIII SECOLO

 

 

– Rocca di Cambio sotto gli Svevi

Il castello di Rocca di Cambio e il suo borgo fortificato rappresentano uno dei castelli dell’Altopiano delle Rocche in gran parte posto sotto la direzione dei Berardi. Nel 1220-21 l’Altopiano delle Rocche con il castello di Ovindoli viene coinvolto nella lotta fra Federico II e il conte di Celano Tommaso Berardi. La lotta dura tre anni, alla fine dei quali Federico batte Tommaso che rinuncia alla lotta in cambio di un salvacondotto per lui e la sua famiglia.

La contea di Celano per questa grande ostinazione a mettersi contro l’imperatore viene duramente colpita da Federico II. Egli devasta il territorio distruggendo Celano e la stessa Ovindoli e deportando la popolazione, che viene dislocata tra Malta e la Sicilia.

In questa guerra fra Federico di Svevia e Tommaso Berardi l’Altopiano delle Rocche è sicuramente coinvolto tutto, poichè gran parte del territorio del Sirente – Velino appartiene alla contea celanese.

Perciò anche Rocca di Cambio è coinvolta seppure indirettamente. Fatto è comunque che Federico vince e la situazione ritorna tranquilla.

 

 

– La torre fortificata diventa un vero Castello

Nel 1250 muore Federico II e sul trono siciliano e tedesco gli succede il figlio Corrado IV. Corrado IV è un sovrano che dura poco tempo, a causa della repentina morte avvenuta per malaria nel 1254.

In questa breve fase egli deve lottare duramente per affermarsi sia in Germania che in Sicilia. Conseguenza di ciò sono diversi atti da lui compiuti in questa fase. Tra questi fatti ricordiamo il potenziamento dei castelli di Rocca di Cambio e Rocca di Mezzo.

Le due rocche già esistenti da tempo assumono sotto Corrado IV le sembianze di veri e propri castelli. Il rafforzamento delle due strutture serve per avere un maggiore controllo sull’aquilano e contemporaneamente bloccare le mire espansioniste dei Frangipane, famiglia storica di Roma e nemici degli Svevi.

I Frangipane possiedono diversi feudi, tra cui il feudo di Rovere nell’Altopiano delle Rocche. Essendo loro nemici degli Svevi, Corrado IV avvia una forte ristrutturazione dei castelli della zona a lui soggetti.

 

 

– La crescita di Rocca di Cagno e la fondazione dell’Aquila

Nel corso del secolo Rocca di Cagno cresce d’importanza, seppure non in ricchezza vista la difficoltà del territorio. La forza del feudo è sempre inferiore rispetto ad altri sia dell’Altopiano delle Rocche che di altri limitrofi, tuttavia esso partecipa alla fondazione della città dell’Aquila nel 1253.

A questo proposito bisogna ricordare che Rocca di Cagno è parte della diocesi di Forcona e quindi territorio aquilano, seppure sul piano geografico appartiene alla Marsica, poichè l’intero Altopiano delle Rocche è Marsica. Quindi sul lato culturale il paese si trova coinvolto nello sviluppo del territorio aquilano.

 

 

– Gli Svevi perdono il controllo del regno di Sicilia.

Dopo la morte repentina di Corrado IV, il regno di Sicilia viene ereditato dal figlio di quest’ultimo Corradino insieme alla corona imperiale. Tuttavia Corradino è un bambino piccolo, per cui tra le grandi famiglie nobili di Germania inizia un duro confronto per l’elezione del nuovo imperatore. Questo periodo passa alla storia come il lungo interregno.

In Sicilia invece la minore età di Corradino viene risolta con l’affermazione di Manfredi figlio di Federico II e fratello di Corrado IV, che prima diventa tutore del nipote e poi si proclama re nel 1258.

Il regno di Manfredi dura 12 anni e in questi anni egli cerca di consolidare il suo potere scendendo a patti con le grandi famiglie nobili. Il Papa però che non vede di buon occhio il governo svevo chiede a Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia, di venire in Italia e prendersi la corona siciliana.

Carlo giunge in Italia nel 1265 e con il sostegno papale affronta poco tempo dopo Manfredi in un duro scontro a Benevento. Qui l’esercito svevo viene sconfitto e Manfredi trova la morte. Carlo a questo punto si proclama nuovo re di Sicilia (1266).

Successivamente Corradino divenuto ragazzo decide di farsi avanti per prendersi la corona siciliana, e viene giù in Sicilia sostenuto dalle grandi famiglie nobili. Lo scontro fra Corradino e Carlo è inevitabile e avviene nei Piani Palentini (Marsica) nei pressi di Tagliacozzo (1268).

Si creano così due fronti di battaglia, quello svevo e quello angioino. Ebbene all’interno di questi due fronti i feudi di Rocca di Cambio e Rocca di Mezzo parteggiano per l’angioino.

 

 

– Rocca di Cambio si unisce all’Aquila

Al livello politico l’Altopiano delle Rocche figura a fine XIII secolo in mano ai Berardi, antica famiglia comitale della Marsica. Essi ritornano al potere a Celano nel 1272 con Ruggero, figlio del vecchio conte Tommaso, che riottiene la contea di Celano. Ruggero ottiene con la restituzione della contea celanese, i paesi di Ovindoli e San Potito, ma soprattutto grazie a un gioco diplomatico anche il feudo di Rocca di Mezzo. Il possesso di questo feudo consente a Ruggero di mettere in piedi un florido mercato della lana di pecora, attraverso l’organizzazione di una transumanza verticale dal lago all’alta montagna e viceversa.

In questo quadro politico Rocca di Cambio si trova esclusa venendo sempre più coinvolta dalle vicende dell’Aquila, fino a quando viene incorporata ufficialmente alla fine del secolo.

Nel 1294 Papa Celestino V ordina l’incorporazione di Rocca di Cagno (Rocca di Cambio) nel territorio dell’Aquila. Rocca di Cambio diventa così una sorta di frazione dell’Aquila, ricevendone in cambio i privilegi, che la città aquilana gode in questa fase. Con i privilegi fiscali dell’Aquila, l’economia di Rocca di Cagno migliora. Con ciò anche la posizione del feudo diventa maggiormente ambita dai vari governanti dell’Aquila.

 

 

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XIV SECOLO

 

– Il castello di Rocca di Cambio nella prima metà del XIII secolo

Rocca di Cambio divenuta parte integrante del territorio dell’Aquila rimane in questa condizione per tutto il secolo XIII e per quel che si percepisce, il paese sopravvive di modesta agricoltura, legna ricavata dai boschi e di poc’altro.

Nel corso del secolo il paese come tutti i borghi della Marsica e dell’aquila è investito dal fenomeno della Peste Nera di metà trecento. A questo riguardo non sappiamo se ci siano state vittime, e questo potrebbe essere stato evitato dalla posizione del borgo, che trovandosi in alta montagna e quindi con aria buona, forse il morbo non ha attecchito. Ma questa è solo una supposizione in mancanza di notizie dirette.

 

– Il terremoto del 1349

Il 9 settembre 1349 un fortissimo sisma si verifica nel centro Italia arrecando danni ingenti in tutto il territorio, a cominciare dalla Marsica e dall’aquilano, dove colpisce con violenza.

L’Aquila vede crollare quasi tutte le sue mura perimetrali e diverse porte.

Rocca di Cagno viene colpita duramente dal sisma e diverse strutture del paese rimangono seriamente danneggiate, tra queste figura la chiesa di San Pietro e quasi sicuramente anche il castello.

Riguardo al castello non abbiamo notizie dirette, ma essendo la chiesa di San Pietro a ridosso del castello, è intuibile che anche questo abbia subito danni ingenti.

Il sisma si è sentito fortemente in tutto l’Altopiano delle Rocche e tutti i paesi presenti in questo territorio riportano danni molto gravi.

 

– Litigi di confine

Al livello politico verso la fine del secolo l’Altopiano delle Rocche è diviso tra la contea di Celano, retta ancora i Berardi, e la contea dell’Aquila, gestita da un’oligarchia di famiglia nobili.

I feudi di Rocca di Mezzo e Rocca di Cagno litigano furiosamente per molti decenni per i confini fra essi. Nel 1374 per far terminare la disputa fra i due feudi la regina Giovanna I di Napoli manda in Abruzzo il nobile Tommaso degli Obizi con l’incarico di risolvere il problema fissando i confini fra i due paesi.

Dopo una serie di sopralluoghi Tommaso fissa i confini fra Rocca di Mezzo e Rocca di Cagno risolvendo così un contenzioso che si trascinava da molto tempo. Questi confini rappresentano da ora anche i confini fra le contee di Celano e L’Aquila. L’atto dei confini viene infine definitivamente reso esecutivo con un diploma della regina Giovanna.

 

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XV SECOLO

 

– Il castello di Rocca di Cambio a inizio XV secolo

Rocca di Cambio all’inizio del XV secolo figura come territorio aquilano e sul piano religioso fa parte della diocesi di Forcona. Il castello di Rocca di Cambio pienamente efficiente è il luogo dove viene amministrata la giustizia nel borgo.

 

 

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– La guerra dell’Aquila e i castelli aquilani come Rocca di Cambio nel 1423-24

La guerra dell’Aquila è  un  conflitto armato svoltosi nel 1423-24  che inizia come scontro tra Braccio da Montone e la città aquilana ma che diviene poi interesse di tutta la penisola italiana, coinvolgendo le forze del Ducato di Milano, della Repubblica di Firenze, dello Stato della Chiesa e del Regno di Napoli.  Grazie al papa Martino V diventa una guerra di religione, poiché la scomunica di Fortebraccio ha dato l’inizio ad una “crociata contro lo scomunicato”.

Gli antefatti

Nel 1422 Antdra Fortebraccio viene nominato da Giovanna II, connestabile degli Abruzzi per dieci anni, con il titolo di “Utriusque Aprutii Gubernator“. Il condottiero, impegnato in Umbria, deve nominare un suo  luogotenente, e la scelta ricade sul diplomatico Ruggero d’Antignola. Ruggero governa l’Abruzzo con pieni poteri iniziando a portare quelle terre sotto il dominio diretto di Fortebraccio ed allontanandole dal potere regio. Il magistrato inviato da Fortebraccio viene accolto fastosamente all’Aquila e fino al settembre del 1422 i rapporti tra il d’Antignola e la città sono buoni, anche se gli aquilani sono abituati ad avere privilegi fin dal 1254, anno di fondazione della città.

Alla fine del 1422, però, gli aquilani si rendono conto di correre il rischio di perdere la loro autonomia e, guidati dalla famiglia Camponeschi, si ribellano al d’Antignola e lo cacciano dalla città.

I Camponeschi risultano imparentati con il Grande Ammiraglio del Regno di Napoli, Giacomo Marzano, con il condottiero Muzio Attendolo Sforza, signore di Benevento e  Manfredonia, e alla lontana anche con il papa Martino V, che sostiene Luigi III d’Angiò contro la regina Giovanna II, ed sono quindi molto influenti nella politica del Regno. Fortebraccio invia allora degli ambasciatori all’Aquila che ricordano agli aquilani che Fortebraccio dispone di 6000 cavalieri pronti alla guerra, ma ogni loro proposta è respinta dal Consiglio cittadino presieduto da Antonuccio Camponeschi, creando così il casus belli che porta alla guerra.

Intanto gli aquilani inviano a loro volta degli ambasciatori a Roma per incontrare re Luigi d’Angiò (rivale di Giovanna II, che è a sua volta sostenitrice di Fortebraccio) e il 5 maggio viene formalizzato un accordo che mantiene l’autonomia della città ma che garantisce la sua sudditanza a Luigi. L’Angioino, per sostenere la città contro Fortebraccio, invia il comandante Antonio Papacoda.

 

La guerra

Dopo che nel maggio 1423 il magistrato aquilano caccia l’ambasciatore di Fortebraccio, L’Aquila si prepara all’assedio che dura 13 mesi. Il popolo aquilano, descritto come forte e testardo, è l’unico a resistere a Braccio da Montone; il popolo è l’unico nel regno di Napoli a rimanere devoto alla regina Giovanna II d’Angiò nel clima d’instabilità politica, e la città è la sola ad essere punita in modo esemplare dalla casata d’Aragona, non riconoscendo l’autorità di Braccio da Montone, che si è fatta nominare nel 1421 Gran Connestabile d’Abruzzo, e che ha già piegato con l’esercito delle città ribelli come Sulmona, e acquartierato le truppe a Lanciano e Teramo per garantire l’ordine e l’appoggio dell’Aragona.

Braccio, conoscendo i forti rapporti della città con i castelli che hanno fondato L’Aquila nel 1254, decide di estendere l’assedio al vasto contado dell’Aterno, partendo dal castello più esposto, vale a dire quello di Paganica (benché altri castelli precedenti come Navelli, San Pio delle Camere, Barisciano, erano già stati conquistati e distrutti), che risulta difeso dai cittadini e da 10 aquilani, che tuttavia, vista la portata dell’esercito, si trobvano costretti a firmare la resa.

Per il perugino Braccio fu facile di conseguenza, conquistare Poggio Picenze, e marciare indisturbato verso la città, razziando bestiame, vitigni, campi di frumenti, e il suo obiettivo era di prendere L’Aquila per fame, impedendo l’arrivo di foraggio e di materiale quale il legname.


Nell’agosto 1423 una congiura tra alcuni aquilani e bracceschi, per permettere l’accesso di Fortebraccio nella città con un attacco a sorpresa, viene scoperta, 12 cospiratori furono processati e impiccati su un grande olmo in Piazza Duomo, mentre quelli che erano riusciti a scappare, furono sorpresi a Porta Barete (anticamente detta “Lavareto”) e fatti a pezzi dal popolo.


Mentre Braccio pone il suo accampamento nella piana di Sant’Anza, poco fuori Porta Pizzoli, fortifica anche la chiesetta di Sant’Antonio Abate di Pile per resistere agli assedi, e devia il corso del fiumiciattolo verso Sant’Anza, sicché la cittadinanza viene costretta a prendere le acque dalla Rivera e da Preturo.

In precedenza Braccio, giungendo dalla strada di Popoli, giunge dalla parte est delle mura, nel giugno 1423 pensa di spaventare la città piazzandosi a Campo di Fossa, sul Collemaggio, attaccando le mura con delle bombarde. Tuttavia gli aquilani corrono alle armi, eccitati dalla grande campana della torre civica del Palazzo del Capitano, e si asserragliano a Porta Bazzano, insieme anche alle donne che danno man forte agli uomini. Infatti un anno dopo il 2 giugno 1424 le donne si esongono nuovamente a Collemaggio, insieme agli uomini che uscono nell’attacco contro Braccio, esponendo i quattro gonfaloni dei Quarti: San Giorgio, Santa Maria, San Pietro e San Giovanni.

Il freddo inverno arriva nel febbraio 1424, quando Braccio tenta l’assalto a Porta Branconio, a nord-ovest, avendo Braccio reclutato anche banditi aquilani per conoscere meglio i punti deboli delle mura. Le sentinelle delle mura simulano una distrazione collettiva per far avvicinare di più il nemico, e al momento opportuno scatenano un attacco a sorpresa degli aquilani, facendo precipitare gli assalitori dal fosso di Colle Branconio. Sul finire del maggio del 1424, la regina Giovanna II, Luigi d’Angiò e papa Martino V riunirono in una coalizione un potente esercito di 5.000 uomini, guidati dai capitani Giacomo Caldora e Francesco Sforza per rispondere all’assedio di Braccio.

 

I castelli  aquilani conquistati da Braccio di Montone

Nel frattempo Braccio per diminuire la resistenza degli aquilani assediati, decide di conquistare i vari borghi dell’aquilano, che sostengono la città. Uno ad uno l’esercito di Braccio espugna i vari castelli aquilani. Pizzoli, Borbona, La Posta cadono uno dietro l’altro.

Il 26 luglio 1423 Rocca di Cambio viene presa dagli uomini di Braccio. Il paese come gli altri cade abbastanza presto sotto i colpi di un esercito ben organizzato. L’episodio vede Braccio Fortebraccio di Montone, accampato nei pressi di Rocca di Cambio,  ordinare alle Terre del Corsaro di sequestrare e assegnare al suo cancelliere bestiame, uomini e altri beni di proprietà degli Aquilani (A.L.ANTINORI, XIV/1, p. 333).

 

In seguito alla conquista dei vari castelli aquilani e a un duro assedio che dura ormai da mesi, L’Aquila è stremata e gli aquilani iniziano ad uscire spontaneamente dalle mura, questo almeno è quanto riportato dallo storico dell’epoca Niccolò da Borbona; tuttavia Niccolò parla anche di cittadini e donne rapite e violentate dalla truppe non solo a L’Aquila, ma anche nei castelli conquistati, chiedendo riscatto ai mariti.

Il 27 febbraio 1424 Braccio, approfittando della nebbia, si accosta con 2.000 uomini alle mura dell’Aquila presso il torrione di Sant’Agnese, a nord del quarto di Santa Maria, sferrando un altro attacco, che però viene respinto nuovamente dai cittadini. I cittadini aquilani, a quanto riporta Niccolò di Borbona, notano che insieme ai bracceschi ci sono dei fuoriusciti aquilani, e che dalle mura escono delle donne, le mogli dei cittadini traditori, che rimangono nel campo di Braccio una notte, salvo poi tornare incolumi dentro le mura.

Secondo quanto riporta la cronaca non tutti i castelli aquilani avevano ceduto alle forze di Braccio da Montone, anzi alcuni dimostrano una grande resistenza, come i castelli di Tussio e San Pio delle Camere. Addirittura nel marzo 1424 si sa che dopo l’assalto fallito all’Aquila, Braccio da Montone è costretto ad interessarsi della resistenza del castello di San Pio, che dimostra una fiera opposizione. Braccio da Montone stanco di questa resistenza aquilana decide d’infierire sul paese di San Pio per dare una spallata alla lotta abruzzese.

Il 14 marzo 1424 la cittadina aquilana viene data alle fiamme insieme alle chiese. Dopo l’incendio la cittadina cade nelle mani di Braccio che non contento infierisce sulla popolazione. Egli raduna una parte degli uomini e donne del paese rinchiudendoli in un mulino, presso il Collemaggio, che viene poi dato alle fiamme. Un’altra parte della popolazione sia maschile che femminile viene fatta denudare e sfilare sotto le mura in segno di scherno, minacciando che la stessa sorte sarebbe accaduta a L’Aquila una volta conquistata, se non si fosse arresa all’istante.

Dopo la conquista di San Pio, Braccio parte per la vicina Tussio, ma non riusce ad espugnarla, perché frenato dalla notizia che anche Barisciano si è ribellata. Dato che Barisciano è un castello più grande e importante, l’assedio viene spostato qui.

Passano diverse settimane di duro assedio e alla fine anche Barisciano cade il 23 aprile 1424. Braccio da Montone dopo la presa della città infierisce sulla città e sulla popolazione. Il castello viene raso al suolo e la città incendiata. La popolazione maschile viene imprigionata e spedita a Teramo come schiava, mentre le donne sono mandate all’accampamento dove sono violentate e poi mandate in processione sino all’Aquila completamente nude insieme ai figli.

 

La sconfitta di Braccio da Montone e la vittoria dell’Aquila

Mentre le truppe di Braccio infieriscono sui castelli aquilani, giungono, il 2 giugno nel territorio aquilano presso Bazzano, gli eserciti di Papa Martino V, Giovanna II e Luigi d’Angiò, comandati da Jacopo Caldora e Francesco Sforza.

Alla vista dell’esercito nemico le truppe braccesche di Niccolò Piccinino si scagliano all’attacco, ma la superiorità numerica della coalizione scrive la parola “fine” alla guerra dell’Aquila con la clamorosa sconfitta di Braccio. Molti sono i morti sul campo di Bazzano da entrambe le parti, ma a rimetterci di più è l’esercito di Braccio che viene duramente sconfitto. Coloro che si salvano provano a fuggire, ma vengono bloccati a Paganica e qui trucidati dagli abitanti e dai soldati che desiderano vendetta, dopo la capitolazione dell’anno precedente. Successivamente un aquilano giunge in città annunciando la vittoria con la frase “Buone novelle, buone novelle ci sono”.

Quanto alla vittoria e alla partecipazione delle donne aquilane, si tramanda, come riporta Girolamo Pico Fonticulano, che le donne stesse, alla notizia della vittoria a Bazzano del 2 giugno,tornano in città riportando delle “buone novelle”. Oggi presso Porta Roiana, sotto via XX Settembre esiste ancora una chiesetta dedicata a Santa Maria delle Buone Novelle o a Sant’Apollonia, la santa a cui le donne si sarebbero votate prima del scendere in battaglia.

Le mura della città vengono addobbate con cimeli di guerra presi dal campo di battaglia, i falò sono accesi di notte, sono suonate le campane a festa e si celebrarono messe. Braccio da Montone, ferito gravemente alla testa  durante lo scontro, è portato nel campo militare. Molte sono le fonti riguardo la sua morte, chi vuole che Jacopo Caldora che lo fa pugnalare nella sua tenda, chi sposta apposta la mano del chirurgo che sta operando la sua testa ferita, mentre c’è chi vuole che Braccio, chiusosi in un mutismo sfacciato, e rifiutando il cibo per l’astio della sconfitta cocente, si sia lasciato morire di fame, a 56 anni.

 

Le conseguenze della vittoria dell’Aquila

La vittoria riportata a L’Aquila accresce il potere della famiglia Caldora, soprattutto nella persona di Jacopo, che si procura grande fama presso la corte di Napoli e presso Giovanna II, che lo ricompensa concedendogli le contee di Tagliacozzo, Albe e altri feudi in Abruzzo; Jacopo pone le sue principali residenze a Vasto e Pacentro.

Nell’atto finale della pace stipulata dopo le guerre di successione della corona di Napoli tra gli Angioini e il pretendente Alfonso V d’Aragona, Jacopo Caldora si lega al gran siniscalco Sergianni Caracciolo, uno degli amanti di Giovanna II. Il legame fra Caldora e Caracciolo viene cementato con i matrimoni fra i figli Antonio e Maria Caldora con i consanguinei Isabella (1429) e Troiano Caracciolo (1432); inoltre Jacopo si lega con il principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini del Balzo.

Dopo la morte della regina Giovanna, avvenuta nel 1435, Alfonso V d’Aragona riusce nel 1442 a conquistare il regno di Napoli, imponendosi anche in Abruzzo, e riconoscendo dei privilegi agli aquilani, che si dimostrano ancora fedeli al partito angioino, non osando però sferrare un nuovo attacco sugli abruzzesi.

Altra conseguenza della vittoria dell’Aquila, seppure meno importante, è il matrimonio fra Jacopo Caldora e Jacovella Berardi contessa di Celano. Il matrimonio consente a Caldora di essere padrone assoluto della Marsica e a Jacovella di mantenere Celano indipendente.

 

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– La ricostruzione di Rocca di Cagno

Dopo la vittoria dell’Aquila tutti i castelli e borghi aquilani sono ricostruiti dagli abitanti del posto e dalle famiglie nobili che li possiedono. La stessa cosa accade a Rocca di Cagno dove il paese viene riparato insieme al castello.

 

 

– I terremoti del 1456 e del 1461 e le conseguenze su Rocca di Cagno

Nel 1456 un tremendo terremoto colpisce l’Irpinia distruggendola. Il sisma è così violento da portare morte e distruzione in numerose località del centro Italia, tra cui la Marsica dove sono molti i paesi che vengono danneggiati o distrutti dal sisma. Rocca di Cagno come il resto della Marsica è colpita dalla scossa e risulterebbe danneggiata. L’Aquila viene semidistrutta.

Nel 1461 un violento sisma con epicentro all’Aquila distrugge ciò che rimaneva della città, gravemente colpita dal sisma dell’Irpinia di cinque anni prima. Il sisma del 1461 fa sentire i suoi effetti anche nella Marsica. Dei settori della Marsica maggiormente colpiti risulta l’Altopiano delle Rocche dove tutti i paesi sono colpiti e danneggiati tra cui anche Rocca di Cambio.

Qui anche se fonti dirette non ve ne sono è molto probabile che il paese sia stato duramente colpito da entrambi i sismi, specie dal primo. Il castello di Rocca di Cagno probabilmente ha riportato diversi danni importanti.

 

 

– Restauro di Rocca di Cagno

Dopo la stagione dei terremoti assistiamo a una lunga fase di ricostruzione del paese, che come altri paesi della Marsica vengono riparati dai danni dei sismi del 1456 e del 1461.

 

 

– L’economia di Rocca di Cagno

Sul piano economico seppure con tutti i limiti esistenti abbiamo un discreto sviluppo dell’economia nell’Altopiano delle Rocche sia dalla parte celanese fino a Rocca di Mezzo che aquilana con Rocca di Cagno. Lo sviluppo economico del periodo si basa sul commercio della lana da pecora, che in questo secolo conosce un notevole boom economico che farà sentire i suoi effetti anche nel secolo successivo.

Nel secolo XV si ha lo sviluppo di diverse vie transumanti specie quelle che da Celano e L’Aquila arrivano al Tavoliere delle Puglie e viceversa. Rocca di Cagno con l’altopiano delle Rocche si pone bene per il pascolamento in alta quota delle pecore nel periodo estivo. Lo sviluppo dell’industria armentizia fa di Rocca di Cagno una meta molto considerata. Ma in generale lo sviluppo dell’industria armentizia fa molto ricca l’Aquila e le sue famiglie nobili, che grazie ai notevoli guadagni possono ben sostenere economicamente la ricostruzione della città dopo i gravi sismi subiti.

 

 

– La pestilenza del 1478

Si ha notizia che nel 1478 il contado aquilano è interessato da una forte pestilenza che miete molte vittime. La pestilenza arriva anche a Rocca di Cagno producendo anche qui molti morti

 

 

– L’assalto del duca di Amalfi a Rocca di Cagno

Dalle cronache emergerebbe l’assalto del duca d’Amalfi e conte di Popoli a Rocca di Cagno nel 1496 che verrebbe saccheggiata. L’assalto sarebbe da allegare alle vicende che interessano il regno di Napoli alla fine del XV secolo, che vedono questo conteso dai regni di Francia e Spagna

 

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XVI SECOLO

 

– Il regno di Napoli passa alla Spagna

Nel 1504 dopo alterne vicende il regno di Napoli diventa colonia della Spagna, che lo abbassa a vicereame. Gli Spagnoli da questo momento divengono i nuovi padroni del meridione italiano per i successivi due secoli.

 

– Rocca di Cagno nel periodo di passaggio di Napoli alla Spagna

Nel primo Cinquecento Spagna e Francia lottano per il possesso del regno di Napoli. Parallelamente a questa lotta si sviluppano tutta una serie di combattimenti locali fra i vari nobili per il controllo di questo e quel feudo.

A questo proposito ricordiamo l’episodio avvenuto nel 1503 a Rocca di Cagno fra le truppe filofrancesi e quelle filospagnole.

Nel 1503 Rocca di Cagno viene occupata dalle truppe filo-francesi di Girolamo Gaglioffi e Francesco Sanseverino, appartenente ad una famiglia nobile napoletana. I due cercano d’impedire il passaggio delle truppe di Fabrizio Colonna, duca di Tagliacozzo e capitano al servizio degli Spagnoli. Per riuscire nell’impresa Gaglioffi e Sanseverino arruolano nell’esercito i migliori uomini dell’aquilano.

Sul campo troviamo le truppe di Sanseverino  stanziate nelle campagne di Rocca di Cagno per una settimana in attesa dell’inizio della battaglia. Dall’altra parte Colonna stanzia le sue truppe nel territorio di Rocca di Mezzo. Sembrerebbe però che lo scontro non vi sia stato, poichè Colonna si è ritirato.

 

 

– Il feudo e il castello di Rocca di Cagno nella prima metà del secolo XVI

Dopo la presa del regno di Napoli da parte spagnola numerose famiglie di capitani spagnoli s’inseriscono nel contesto territoriale italiano, diventando baroni e duchi di numerosi feudi dell’Italia meridionale.

Come molti altri feudi anche Rocca di Cagno si trova ad essere soggetta a feudatari spagnoli.

Il primo spagnolo ad essere investito del feudo di Rocca di Cagno è Alfonso de Medina, un importante capitano spagnolo al servizio del re di Spagna. Questi rimarrà signore del paese fino alla morte avvenuta nel 1544.

Nel primo Cinquecento il castello di Rocca di Cagno è ancora pienamente in funzione e risulta essere la residenza del signore del paese, in questo caso del barone di Medina.

Rocca di Cagno nel 1530 conta 400 abitanti che corrispondono a circa 80 famiglie. Rocca di Cagno nel tempo è rimasto un piccolo paese di montagna, che vive con il pascolo delle pecore. Con il tempo gli abitanti si sono specializzati nella lavorazione della lana e ciò ha favorito la nascita di un piccolo commercio. La produzione e lavorazione della lana pur essendo l’attività principale del paese non è l’unica fonte d’entrata. A questa si associa in tono molto minore il commercio della legna e qualche coltivazione in alta quota.

 

 

– Rocca di Cagno sotto i Medina e gli Urrea d’Aragona

Come accennato diversi capitani spagnoli divengono baroni di borghi sparsi lungo il meridione italiano. L’Aquila negli anni 1530 è sotto la diretta giurisdizione di Carlo V imperatore tedesco e re di Spagna. Con essa troviamo i borghi della provincia dell’Aquila che sono amministrati da vari capitani spagnoli fedeli all’imperatore. A Rocca di Cagno nel 1536 diventa barone di Alfonso de Medina.

Questi è anche barone del feudo di Collepietro e governa i paesi senza alcun rispetto per la gente del posto. Egli instaura tasse altissime, tanto da ridurre alla fame la popolazione più umile, trasgredendo in ciò persino agli ordini del vicerè Pietro di Toledo, che ha fissato un tetto massimo di tasse, che però viene superato da Medina. In pratica Medina si comporta da desposta arrivando a farsi odiare dalla popolazione, che viene soggetta a rappresaglie ed estorsioni.

La condotta di Medina si rivela sempre più problematica e difficile da sopportare sia per la popolazione, che per altri. Questo comportamento inviso a tutti lo conduce infine alla morte.  Medina infatti insieme alla moglie e un nipote sono uccisi nel castello di Rocca di Cagno nel 1544.

Successivamente i feudi sono ereditati dalla figlia Maria, giovane donna senza alcuna esperienza di governo. Il governo di Maria dura fino al 1553, allorquando si sposa Tristano d’Urrea d’Aragona.

Egli rimane signore del borgo fino alla morte sopraggiunta prematuramente nel 1556. A questo gli risuccede la moglie Maria. Questa mantiene la proprietà del feudo fino al 1564, allorquando è venduto alla famiglia Antonelli dell’Aquila.

 

 

– Rocca di Cambio sotto gli Antonelli dell’Aquila

Nel 1564 Maria d’Urrea vende il feudo di Rocca di Cambio al ricco possidente Camillo Antonelli dell’Aquila. Egli appartiene a una famiglia molto in vista dell’Aquila, che nel tempo è diventata assai ricca.

Ad un certo punto questa famiglia tenta un salto di qualità investendo in proprietà feudali. Al comando della famiglia troviamo Camillo Antonelli, ricco possidente dell’Aquila, che nel 1564 compie una salto di qualità familiare diventando proprietario di diversi feudi, tra cui Rocca di Cagno.

Camillo divenuto barone di Rocca di Cagno è proprietario anche delle chiese del borgo (chiesa di San Pietro e chiesa di S. Lucia). Anni dopo nel 1577 Camillo si prende anche Rocca di Mezzo, diventando così il principale possidente dell’Altopiano delle Rocche.

Alla morte di Camillo avvenuta più o meno negli anni 1590, gli succede il fratello Marino. Questi mantiene la proprietà di Rocca di Cagnp fino al 1620 allorquando il feudo è venduto ai Colonna del ramo di Gallicano.

In questo lungo periodo gli Antonelli proseguono nella produzione della lana e nello sviluppo dell’industria armentizia. D’altra parte uno dei motivi della presa di Rocca di Cagno e Rocca di Mezzo è proprio il commercio della lana, dove attraverso un’intensa attività pastorale presente nell’Altopiano delle Rocche è facile da controllare e produrre.

Nell’altopiano delle Rocche si ha infatti per tutto il XVI secolo una fiorente produzione della lana, che avviene proprio tra Rocca di Cagno e Rocca di Mezzo. In questi paesi si produce un panno semilavorato, che viene poi esportato all’Aquila, dove viene raffinato per ottenere il sigillo dell’Arte della lana.

Tutto questo fa dell’Altopiano delle Rocche una delle zone più fiorenti di tutto l’Abruzzo e qui si costituiscono alcune importanti famiglie, che grazie alla produzione della lana emergono socialmente, come i Masciarelli e i Pietrantoni.

Questo sviluppo economico si traduce per Rocca di Cagno in un aumento della popolazione, con la presenza di 138 famiglie pari a 680 abitanti.

Abbiamo poi notizia che sul finire del XVI secolo i paesi di Rocca di Cagno e Lucoli ottengono la facoltà dal re di Spagna di unire boschi e acque. In pratica gli abitanti dei due borghi ottengono la possibilità di condividere i boschi, i pascoli e le acque presenti nei due territori.

 

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XVII SECOLO

 

– Rocca di Cagno all’inizio del XVII secolo

Rocca di Cagno come tutti i paesi della Marsica e dell’aquilano soffre in modo forte il ristagno economico presente sotto gli Asburgo di Spagna. La forte tassazione spagnola, alcuni fenomeni climatici avversi spingono alla povertà molti borghi di montagna, tra cui anche Rocca di Cambio.

Diverse grandi famiglie aquilane pur avendo una certa disponibilità economica soffrono dell’ottusa politica spagnola. L’Aquila inoltre nel Seicento a differenza del ‘400 e del ‘500 non gode quasi più per niente della sua autonomia fiscale e ciò porta gravi conseguenze economiche per tutto il territorio abruzzese.

La crisi purtroppo è drammatica la Marsica trovandosi al confine fra il meridione spagnolo e lo Stato della Chiesa prima riusciva ad avere dei commerci migliori nel ‘500, ora a inizio ‘600 la situazione è generalmente critica. A causa di questa crisi i paesi della Marsica, compresi i paesi dell’Altopiano delle Rocche hanno serie difficoltà nel riuscire a far quadrare i conti. A ciò si aggiunge che diversi borghi di montagna sono spesso preda di briganti che depredano le povere genti marse.

Al livello demografico Rocca di Cagno si mantiene stabile con 680 unità (=138 famiglie). Su questo numero il paese si mantiene stabile fino al 1648.

Nel 1620 gli Antonelli, probabilmente sull’onda delle crisi economica generale, vendono i feudi di Rocca di Cambio e Rocca di Mezzo ai Colonna di Gallicano.

 

 

– Rocca di Cambio sotto Prospero Colonna 1620-58

La crisi sociale ed economica presente in Abruzzo, specialmente nell’aquilano non ha minimamente spezzato il classico orgoglio  abruzzese di una propria autonomia, e la perdita di questa sul piano fiscale, porta buona parte della nobiltà aquilana a tessere varie trame per riprendersi gli antichi privilegi.

In questo quadro s’inserisce la figura di Pompeo Colonna, che ama definirsi principe di Gallicano, seppure il padre aveva venduto il feudo pochi anni prima. Pompeo è una figura molto particolare, in quanto proviene seppure appartenente a un ramo secondario, alla famiglia più potente del centro Italia, che qui ricordiamo possiede il ducato di Tagliacozzo da ormai un secolo.

Pompeo non ha nulla a che fare con gli interessi abruzzesi dell’altro ramo dei Colonna, però anche lui possiede molti feudi in Abruzzo per essere precisi nell’aquilano, tra cui Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, Petrella Salto, Gagliano ecc.

Ebbene Prospero Colonna inizia la sua avventura abruzzese negli anni 1630, più precisamente nel 1633 allorquando visita L’Aquila con la moglie e un largo seguito di personale e guardie.

Gli aquilani percependo la forza di quest’uomo sia per capacità personali che famigliari, offrono lui il massimo degli onori. Prospero si trova subito a suo agio all’Aquila e da uomo di gran cultura qual’è e anche per ringraziare gli aquilani di tanta ospitalità fa restaurare a proprie spese il teatro di San Salvatore dove si tengono spesso rappresentazioni del Melodramma italiano.

Da questa prima esperienza all’Aquila Prospero rimane molto coinvolto e ritornando a Roma ricorda spesso questo periodo fino a decidere di trasferirsi in Abruzzo. Negli anni successivi Prospero si organizza al livello affaristico per trasferirsi all’Aquila.

Il trasferimento all’Aquila avviene nel 1639 ed egli porta con se un gran numero di personale e soprattutto molte guardie private, suscitando in ciò la preoccupazione delle autorità vicereali.

Arrivato all’Aquila il Colonna si comporta da principe della città, infischiandosene delle autorità spagnole e anzi pur salvaguardando un minimo di apparenza procede a governare l’aquilano. Egli per prima cosa apre le porte del suo palazzo a L’Aquila alle più importanti famiglie della città, organizzando rappresentazioni e vari intrattenimenti.

Quindi procede immischiandosi nell’attività politica della città. Nel 1641 si apre la Regia Udienza, che viene presieduta da Ferdinando Munoz, plenipotenziario del vicere in Abruzzo. Ebbene il Colonna più volte interferisce con l’autorità di Munoz, non in modo formale, ma indiretto riuscendo a pacificare numerose discordie fra le grandi famiglie dell’Aquila. Questo scatena la gelosia e l’invidia di Munoz e che diffida sempre più del Colonna. Inoltre Pompeo Colonna manifesta sempre più la sua indole filofrancese.

Nel 1642 Munoz tenta di arrestare dieci soldati di Colonna, ma non vi riesce. Munoz chiede conto a Colonna dell’enorme numero di soldati al suo servizio presenti in città, ed egli si giustifica mostrando una serie di carte che giustificano questo numero. Munoz è chiaramente contrariato, ma per ora non può far nulla contro Colonna.

Nel frattempo Colonna va via dall’Aquila per alcuni affari, mentre Munoz è sostituito nel governo aquilano. Al suo ritorno Colonna continua a comportarsi da principe dell’Aquila, quasi in aperta ostilità con le autorità spagnole cittadine.

Tra il 1643 e il 1646 la situazione è ancora sotto controllo e gli Spagnoli riescono a sopportare Colonna. Allo stesso tempo troviamo Colonna preoccuparsi sempre più dei suoi possedimenti abruzzesi, migliorando qua e la i vari feudi che egli possedeva. Per esempio sappiamo che la rocca di Petrella Salto è restaurata e fortificata in questo periodo.

Al momento non abbiamo notizie dirette sugli effetti del governo del Colonna su Rocca di Cambio, ma dal contesto generale siamo portati a credere che vi siano stati interventi del principe di Gallicano anche qui a Rocca di Cambio. D’altronde il castello di Rocca di Cambio in questo periodo difficile è ancora pienamente in attività, quindi è possibile che sia stato restaurato dal principe.

Rocca di Cambio nel 1640 continua a non godere di una buona economia e lo stesso avviene anche a Rocca di Mezzo, ciò è comune in tutto l’Abruzzo aquilano e marsicano. Queste sono le premesse per una grande rivolta sociale che sarebbe scoppiata di qui a poco contro gli Spagnoli.

Tornando a Prospero Colonna dal 1646, egli si pone sempre più in contrasto con gli Spagnoli, arrivando dapprima a costituire un suo esercito locale riunendo diversi uomini abruzzesi, e in ciò è aiutato dai soldi del padre del cardinale Mazarino. Nello stesso periodo i rapporti tra Prospero e i francesi aumentano, fino a spingere Prospero a manifestare aperto sostegno all’azione di Tommaso di Savoia nello Stato dei Presidi spagnolo per conto del regno francese.

Ufficialmente i rapporti fra Colonna e le autorità spagnole sono buoni, ma è chiara la diffidenza di questi verso un personaggio così particolare e pericoloso. Allo stesso tempo non bisogna dimenticare le grandi famiglie aquilane che nutrono verso Prospero rapporti di grande affetto e amicizia. Gli Aquilani sono sempre più insofferenti agli Spagnoli e vogliono sganciarsi da un governo ritenuto loro nemico a causa dell’alta tassazione imposta.

Il meridione italiano è considerato dal governo di Madrid una pura colonia da sfruttare per motivi economici, per cui si ha tutto l’interesse a mantenere sotto controllo una zona sempre più insofferente. In ciò gli Spagnoli vedono in Colonna un sobillatore di rivolte e cercano di arrestarlo con qualche pretesto.

Perdipiù il 5 aprile 1646 avviene un episodio emblematico delle difficoltà degli Spagnoli con Colonna. Il 5 aprile si portano all’Aquila duemilacinquecento cavalli al comando di Luigi Poderici, che il viceré vuole avviare in Toscana; accadde un inizio di rivolta, perché i soldati sostengono di essere stati arruolati per combattere entro e non fuori del Regno e gli Spagnoli sospettano, in questo episodio l’interferenza di Prospero Colonna, ritenendo che avesse sobillato i soldati.

Colonna intuita la gravità della situazione a suo sfavore, si mostra riguardoso verso il vicerè napoletano andando  a fargli visita il 27 ottobre 1646. Egli arriva a Napoli andando subito a visitare il viceré; ma all’uscita dell’udienza viene arrestato dal capitano della guardia del viceré e dal reggente della Vicaria. A questo punto Colonna viene condottoa Castelnuovo e quindi al carcere di Sant’Elmo. Quattro giorni dopo sono imprigionati all’Aquila Filippo Alfieri e G. A. Pica, accusati di essere suoi complici. Il viceré, duca d’Arcos, arriva inoltre occupare con Giulio Pezzola la rocca di Petrella Salto, principale roccaforte di Colonna.

Siamo quindi al 1647 e a Napoli che come in altre realtà non si sopportano gli Spagnoli ci si rivolta. E’ l’inizio della grande rivolta di Masaniello. La rivolta esplosa a Napoli dilaga in tutto il merdione arrivano fino all’Abruzzo. Qui i nobili aquilani appoggiano la rivolta e iniziano ad occupare tutti i principali edifici pubblici e a cacciare gli Spagnoli. Il barone Quinzi dell’Aquila organizza la resistenza nella Marsica, dove occupa il castello di Celano e da qui si muove contro gli Spagnoli in tutta l’area marsicana.

La rivolta antispagnola coinvolge nel bene e nel male tutti i borghi marsicani compresi quelli dell’Altopiano delle Rocche.

Intanto Prospero Colonna rimasto in carcere vede peggiorare la sua situazione attraverso la deposizione di Andrea Paolucci, che conferma la partecipazione del Colonna con le trame filofrancesi. Paolucci viene poco dopo decapitato dagli Spagnoli.

Nel frattempo nella Marsica e in tutto il meridione si lotta strenuamente contro gli Spagnoli; i Marsi lottano insieme agli aquilani per liberarsi dello straniero. Purtroppo la forza degli Spagnoli è ancora superiore e riescono nel giro di anno a sconfiggere i rivoltosi sia in Abruzzo che in tutto il meridione.

Dopo la fine della grande rivolta avvenuta nel 1648 la popolazione sprofonda nella depressione per il ritorno ad una situazione senza speranza. Nel frattempo il barone di Rocca di Cambio Prospero Colonna viene trasferito dagli Spagnoli nella prigione di Castelnuovo con la possibilità di muoversi liberamente nel parco.

Nello stesso periodo abbiamo notizia di un tentato omicidio al vicerè spagnolo, che però si salva. L’attentato è stato organizzato dal principe di Montesarchio, che viene arrestato, tuttavia alcune fonti non confermate direbbero, che l’attentato è fallito per la defezione del barone di Rocca di Cambio Prospero Colonna.

Nel 1649 intanto Prospero Colonna è liberato definitivamente. Egli fa ritorno poco dopo a Roma e qui rimane fino alla fine dei suoi giorni. Nel 1651 il governo di Napoli ingiunge al barone Colonna di recarsi nella città partenopea per rispondere delle accuse di complicità nella rivolta dell’Abruzzo contro il governo vicereale. In caso di mancata venuta il governo confischerà tutti i suoi beni. Colonna rimane a Roma.

L’economia del feudo di Rocca di Cambio nonostante la grave crisi generale continua ad essere dedito soprattutto alla produzione della lana e alla pastorizia delle pecore.

 

 

– Il Banditismo nell’Altopiano delle Rocche dopo la fine della rivolta antispagnola

Con la fine della rivolta antispagnola e la conseguente sconfitta dei rivoltosi, abbiamo un fenomeno di riflusso. In pratica coloro, che avevano maggiormente partecipato alle lotte antispagnole, una volta perduta la lotta si ritrovano sbandati, senza fissa dimora e in fuga dalla polizia spagnola. Questo porta queste persone a riunirsi in piccole bande e a nascondersi nei boschi di montagna, da dove per sostentarsi attaccano come banditi le povere popolazioni dei piccoli paesi, come avviene anche presso l’Altipiano delle Rocche.

Qui infatti abbiamo notizia della presenza di molti seguaci di Masaniello che sbandati e senza dimora si rifugiano presso le montagne e boschi dell’Altipiano per poi piombare all’improvviso e compiere razzie di ogni sorta. In ambito locale abbiamo, come conseguenza, l’abbandono del borgo di Santa Lucia da parte degli ultimi pastori, che ora si trasferiscono in massa nel borgo fortificato di Rocca di Cagno in cerca di maggiore protezione.

 

 

– La Peste del 1656

Nel frattempo in Abruzzo e in tutto il meridione scoppia la Peste, facendo cadere nella disperazione  e nel terrore la popolazione.

La Peste scoppia improvvisamente nel 1656 e con una virulenza incredibile si propaga velocemente in tutte le regioni italiane causando morti ovunque. Nella sola Marsica sono 4.000 i morti di peste tra il 1656 e il 1657.

Interi paesi scompaiono o si riducono al lumicino. Tra i territori colpiti dalla Peste vi è purtroppo anche l’Altopiano delle Rocche. Paesi come Rocca di Mezzo e Rovere vedono scendere in modo impressionante la propria popolazione.  A Rovere per esempio che conta 524 persone nel 1595 si passa nel 1669 a 418. In pratica in un solo anno tra il 1656 e il 1657 muoiono circa 100 persone.

Ci vorranno anni prima che le popolazioni dei vari borghi si riprendano dalla strage della Peste. La Peste infine finisce nel 1657.

 

 

– Il declino del castello mentre il paese di Rocca di Cambio diventa feudo statale.

Sul piano politico negli anni 1650 la situazione di Pompeo Colonna nel vicereame di Napoli porta alla confisca dei suoi feudi abruzzesi e alla conseguente devoluzione allo stato.

Alla luce di ciò anche Rocca di Cambio viene ad appartenere come altri feudi aquilani per qualche anno allo Stato spagnolo.

Con la decadenza del feudo anche il castello decade, rimanendo abbandonato a se stesso in preda all’incuria e ai banditi.

 

 

– Il declino del castello di Rocca di Cambio

Nel 1663 il governo spagnolo vende il feudo di Rocca di Cambio a Maffeo Barberini. Da questo momento fino all’eversione del 1806 Rocca di Cambio appartiene ai Barberini di Palestrina. Con l’inizio della signoria dei Barberini si apre per il castello in quanto tale l’ultimo periodo di vita, contraddistinto dall’abbandono e dall’incuria che rendono fragile la struttura, appesantita dai tanti secoli alle spalle.

 

 

– Il feudo di Rocca di Cagno alla fine del XVII secolo

Rocca di Cagno alla fine del secolo è un paese che fatica ad uscire dalla grave crisi in cui versa ormai da quasi un secolo e che è infine culminata con la Peste del 1656. Questa peste ha ucciso diversi abitanti del piccolo borgo riducendo ulteriormente un numero mai troppo elevato. Ed è solo grazie alla forza e la tenacia dei sopravvissuti, che questo riesce a tenersi in vita e perdurare nel tempo e ciò nonostante l’endemico problema del banditismo locale.

Nel 1683 viene compiuto dal governo spagnolo un grosso tentativo di distruggere il brigantaggio presente nell’Altipiano delle Rocche. Abbiamo infatti la presenza  del Marchese del Carpio Gaspar de Haro, Vicerè di Napoli, che al comando di numerose truppe fa dare alle fiamme la maggior parte dei boschi dell’Altopiano delle Rocche con lo scopo e la speranza di snidare o arrostire i briganti locali.

Il tentativo pare non abbia funzionato molto, dato che queste zone hanno continuato a essere vittime del brigantaggio locale

 

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XVIII SECOLO

 

– Il sisma dell’Aquila del 1703

Il territorio aquilano a parte qualche scossetta di lieve entità, si trova in una fase di tranquillità sismica ormai da quasi trecento anni. All’inizio del XVIII secolo tuttavia questa fase ha termine.

Il territorio abruzzese viene dapprima scosso dal sisma di Bolsena del 1695, che produce diversi danni nella Marsica, ma pochi nell’aquilano. Successivamente è il territorio aquilano ha essere direttamente interessato da un nuovo sisma.

Il sisma del 1703 ha come epicentro proprio il settore aquilano più vicino all’Aquila. Il sisma dell’Aquila è stato per intensità uno dei maggiori mai registrati nella storia sismica italiana. Questo sisma ha di particolare che deve essere suddiviso in tre eventi sismici molto importanti a distanza ravvicinata nel tempo.

Il primo sisma avviene il 14 gennaio 1703 con una potenza di 6,8 Mw. Senza entrare nel dettaglio diciamo che il sisma preceduto da diversi mesi di scosse, squote geologicamente tutta la conca aquilana risvegliando altre faglie vicine, che si riattivano in poco tempo.

ll secondo sisma avviene a due giorni di distanza dal primo, il 16 gennaio 1703 con una scossa di 6,2 Mw.

Poche settimane dopo il 2 febbraio abbiamo il terzo e ultimo sisma che si manifesta in modo potente con grado 6,7 Mw. Tutti e tre questi sismi corrisponderebbero a tre faglie vicine, le cui ultime due riattivatesi in seguito al primo evento del 14 gennaio.

Questa lunga sequenza sismica distrugge L’Aquila radendola al suolo e massacrando 5000 persone. Nella Marsica il sisma si sente bene, ma produce molti meno danni, la maggior parte dei quali interessano le chiese e diversi edifici storici in pessime condizioni.

 

 

– Gli effetti del sisma del 1703 su Rocca di Cagno

Tra i comuni della Marsica maggiormente colpiti abbiamo Rocca di Cambio. Il paese appartenente politicamente all’Aquila, ma geograficamente alla Marsica, viene sconvolto dalle scosse, risultando semidistrutto.

Nella sequenza sismica si registra il crollo del castello di Rocca di Cambio, già in avanzato stato d’incuria e abbandono. Tra le strutture che crollano abbiamo anche la chiesa di San Pietro, posta a ridosso del castello.

Riguardo alle vittime a Rocca di Cagno si ha notizia di numerosi morti rimasti intrappolati nelle macerie delle case.

 

 

– Il sisma della Majella del 1706

IL 3 novembre 1706 si verifica un altro grosso terremoto che interessa in modo diretto l’Abruzzo. Il terremoto in questione è quello della Majella che avviene il 3 novembre alle ore 13:00, che si manifesta con una potenza di 6,6 Mw.

Il terremoto provoca i maggiori danni a Sulmona che viene distrutta, e in tutta la Valle Peligna. La scossa si avverte distintamente in tutta la regione e quindi anche nella Marsica, dove però si contano pochi danni. Rocca di Cambio è interessata dalla scossa, ma questa non produce particolari effetti sull’abitato o sui monumenti. D’altra parte però il paese era già stato danneggiato in modo forte dalla scossa dell’Aquila di tre anni prima, quindi questa non fa altro che sovrapporsi alla precedente.

 

 

– La ricostruzione di Rocca di Cambio

Dopo i gravi sismi d’inizio secolo nel paese viene avviata seppure con lentezza la ricostruzione e ciò riguarda sia le chiese che le case del borgo. Le chiese dell’Annuziata e di S. Lucia vengono restaurate nel corso degli anni successivi. Discorso a parte merita la chiesa di San Pietro, in quanto il suo recupero riguarda anche il vecchio castello ormai distrutto.

 

 

– Il castello Rocca di Cambio e la chiesa di San Pietro dopo il terremoto del 1703

Nel corso del ‘700 il paese di Rocca di Cambio viene in parte ricostruito e restaurato in seguito alle scosse sismiche d’inizio secolo. La ricostruzione riguarda sia il borgo che i suoi monumenti.

Putroppo però a questi non può essere aggiunto il castello, che già in stato di rovina prima del sisma è ora solo un cumolo di macerie.

Tuttavia dell’antico maniero dopo il terremoto del 1703 rimane in piedi una delle torri, che risulta  composta da un grande bastione di base a pianta circolare. Il resto del castello risulta perduto per sempre e a nessuno viene in mente di ricostruirlo. A questo punto lo spazio lasciato libero dal castello viene inglobato dalla vicina chiesa di San Pietro, che viene poi ristrutturata profondamente.

La torre rimasta in piedi invece pur non facendo più parte di un castello rimane tuttavia attiva come struttura militare. La torre infatti risulta integra terminando nella parte alta con un tetto piramidale in legno.

 

 

– Rocca di Cambio nel ‘700

Nel ‘700 il borgo si riprende sul piano economico, continuando la sua attività pastorale e di lavorazione della lana. Diversi pastori di Rocca di Cambio li ritroviamo in Puglia a Foggia. A Foggia, essi arrivano al tempo della transumanza seguendo i percorsi dei tratturi, e  qui vendono i propri prodotti di lana presso il mercato generale.

Foggia nel ‘700 è una grossa città commerciale, essendo questa il terminale del tratturo Celano-Foggia e il luogo dove avvengono quasi tutti gli scambi commerciali  intorno alla produzione della lana di pecora, molto apprezzata da numerosi nobili e persone comuni.

In generale sappiamo che le greggi del territorio di Rocca di Cagno corrispondono a circa 10.000 capi. Queste percorrono il tratturo Celano-Foggia, che nasce presso Alba Fucnes.

Molto spesso viene usato anche il tratturo regio che collega L’Aquila alla Piana di Navelli. Da qui il percorso si divide in due strade una che conduce a Bussi e l’altra a Popoli.

Verso la fine del ‘700 cambia il nome del paese che non viene più chiamato Rocca di Cagno, ma Rocca di Cambio.

Sul piano politico il borgo continua far parte dei territori dei Barberini, che rimangono detentori del paese fino all’eversione feudale del 1806.

 

 

– Invasione francese del 1798-1800

I Francesi invadono il regno di Napoli nel 1798 e lo occupano fino al 1800. L’occupazione francese si rivela irta di problemi a causa della forte opposizione popolare, favorevole ai Borbone.

In questo clima di rivolta troviamo Rocca di Cambio essere uno dei teatri di lotta. Qui infatti nel 1798 si verifica una forte rivolta antifrancese, comandata da Antonio d’Antonio di Rocca di Cambio.

La rivolta termina con la dura repressione dei Francesi, meglio organizzati e muniti. Nonostante la vittoria francese aumenta fra  la popolazione il disagio verso I Francesi, che si esprime con sempre maggiori rivolte popolari che spingono infine al crollo del regime francese nel 1800.

Probabilmente anche altri fattori favoriscono la caduta dei Francesi. Fatto è comunque che questi vanno via e il re Ferdinando, ormai abbastanza anziano, ritorna a Napoli con tutta la corte.

 

 

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XIX SECOLO

 

– Il ritorno dei Francesi

I Francesi rioccupano il regno di Napoli nel 1806 e questa volta non incontrano l’opposizione popolare avuta precedentemente.

Questi rimangono al governo di Napoli fino al 1815, portando avanti numerose riforme che nel bene e nel male influenzano profondamente tutto il tessuto sociale. La prima grande riforma riguarda l’abolizione dei diritti feudali nel 1806.

In ambito locale abbiamo la scomparsa della contea di Celano e del ducato di Tagliacozzo, mentre a Rocca di Cambio cessa il governo dei Barberini. Dopo questa riforma ne seguono altre che vengono a ridefinire al livello amministrativo i vari territori del regno napoletano.

Nel 1814 anche il territorio dell’Altopiano delle Rocche subisce una ridefinizione amministrativa con l’elevazione di Rocca di Mezzo a comune centrale di tutto il comprensorio. Sotto questo finiscono i paesi di Rovere, Terranera e Rocca di Cambio.  A sua volta il comune di Rocca di Mezzo diventa parte del circondario di San Demetrio.

L’anno successivo infine i Francesi tracollano e si ha il ritorno dei Borbone a Napoli.

 

 

– Il ritorno dei Borbone

Nel 1815 il vecchio re Ferdinando viene restaurato nuovamente sul trono napoletano con la nuova dicitura di re delle Due Sicilie. Sul piano amministrativo Rocca di Cambio rimane lungamente , per quasi tutto il periodo borbonico, frazione di Rocca di Mezzo.

 

– Rocca di Cambio torna autonomo

Rocca di Cambio nel 1849 torna comune autonomo, distaccandosi da Rocca di Mezzo.

 

 

– La torre di Rocca di Cambio

La torre di Rocca di Cambio, unico elemento rimasto in piedi del vecchio castello, continua a servire il paese come torretta di guardia del territorio dell’Altopiano delle Rocche.

 

– Rocca di Cambio sotto i Borbone

Sul lato economico Rocca di Cambio continua per tutto il periodo a vivere di pastorizia e piccola agricoltura.

 

 

– Il brigantaggio nell’altopiano delle Rocche

Il XIX secolo è sicuramente ricordato in Abruzzo come il grande secolo del brigantaggio. Questo fenomeno ormai antico di secoli, per una serie di motivi tende ulteriormente a svilupparsi raggiungendo l’acme sotto i Borbone, per poi declinare sotto il regno d’Italia.

Nell’Altopiano delle Rocche abbiamo notizia della presenza di diverse bande di briganti e di diversi briganti resisi famosi come Bucci, Scialboni, Vampa e Gasparone.

 

 

– Il nuovo regno d’Italia e il Brigantaggio nella Marsica

Nel 1860 il movimento d’unificazione nazionale sotto il comando di Cavour a nord e Garibaldi a sud si muove velocemente. A sud Garibaldi con un piccolo gruppo di gente riesce a giungere in Sicilia e di qui attraverso una serie straordinaria di vittorie contro le truppe borboniche riesce a conquistare il governo dell’Isola. Successivamente con altrettanta fortuna e bravura nel coinvolgere le masse, Garibaldi abbatte il governo borbonico, conquistando per qualche tempo il governo del sud.

Nell’Altopiano delle Rocche la presenza dei garibaldini è vista come un’autentica sventura. Si ha notizia che nell’ottobre 1860 in prossimità dell’arrivo dei Piemontesi, nel paese di Rocca di Cambio si accoglie la notizia con forte preoccupazione e nervosismo. Ciò è tanto forte che buona parte della popolazione si da alla fuga. Si racconta addirittura che un benestante del luogo, un certo Ottaviani, per il terrore dell’arrivo dei Garibaldini scappa scalzo per i campi.

 

Nel 1861 dopo due anni arditi si costituisce il nuovo regno d’Italia sotto la dinastia Savoia. Questi hanno scalzato nel sud Italia i Borbone, tramite l’impresa rivoluzionaria di Garibaldi. Ora l’Italia divenuta regno cerca di consolidarsi come stato, specie al sud dove la contrarietà al nuovo regime è molto forte. Una delle zone dove maggiormente si concentra l’opposizione al nuovo regime è l’Abruzzo.

Qui la popolazione per la maggior parte ignorante e dedita ad agricoltura e pastorizia risponde forte al richiamo della chiesa. La chiesa in generale tramite le diocesi si afferma come potere condizionante, capace di mobilitare coscienze ecc. Ciò avviene proprio in occasione della nascita del nuovo stato.

Pio IX preoccupatissimo della formazione del nuovo stato nazionale, ospita nel Lazio Francesco II e lo sostiene attivamente nella sua lotta di ripresa del vecchio regno. Questi si accorda con diverse bande di briganti, promettendo loro d’inquadrarli in un futuro esercito del sud Italia.

Nel 1861 appena nato il nuovo regno lo Stato nazionale manda in Abruzzo numerosi corpi di polizia con il preciso compito di portare ordine nel territorio, imponendo con la forza il nuovo stato.

Si genera da questo confronto una guerra strisciante, che coinvolge numerosi borghi dislocati lungo l’Appennino. I Briganti da una parte e la polizia dall’altra si affrontano in numerosi combattimenti.

Nella Marsica i briganti hanno molto potere e la popolazione sobillata dai preti sostiene all’inizio questi. Per qualche tempo la polizia savoiarda è in difficoltà soprattutto perchè la Marsica è territorio di montagna e quindi adatto per nascondersi.

Successivamente i briganti stanchi di questa guerra per terzi, tornano alla loro comune vita, tornando a seminare il panico fra la popolazione civile. A questo punto la popolazione stanca dei continui sorprusi accetta la polizia, negando quindi sostegno ai briganti.

Nella Marsica i briganti, perso il sostegno popolare, vengono così sconfitti nel giro di alcuni anni, più o meno nel 1869-70 il fenomeno del brigantaggio può dirsi esaurito.

 

 

– ROCCA DI CAMBIO NEGLI ANNI 1860-70

Rocca di Cambio entrata nel nuovo regno d’Italia rimane comune autonomo, ma ancora dipendente dal circondario di San Demetrio. Sul piano demografico il paese conta 954 unità, con la quasi totalità della popolazione ignorante e dedita alla pastorizia.

Riguardo al fenomeno del brigantaggio sicuramente l’Alto piano delle Rocche è stato sicuramente interessato dal fenomeno, essendo un territorio impervio e con molti nascondigli, dati dalla sua struttura carbonatica, che permette la formazione di numerose grotte anche molto grandi.

Tuttavia al momento notizie dirette non ne abbiamo, quindi ci asteniamo per ora, riservandoci più avanti di tornare sull’argomento una volta avute informazioni.

 

 

– Rocca di Cambio a fine XIX secolo

Sul piano della vita del borgo il paese rimane legato alle sue attività tradizionali di piccola agricoltura e pastorizia. Il paese nel corso dell’ultimo periodo del secolo XIX cresce demograficamente arrivando a 1015 abitanti nel 1881.

Sul piano amministrativo nel 1895 il paese cessa di far parte al livello giudiziario ed amministrativo del Mandamento di San Demetrio e passa a quello dell’Aquila.

 

 

– La Torre di Rocca di Cambio a fine XIX secolo

La torre di Rocca di Cambio, unica struttura rimasta integra del vecchio castello, è ancora usata come avamposto di controllo dell’Altopiano delle Rocche. Ciò è testimoniato da alcune foto d’archivio

 

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XX SECOLO

 

– Rocca di Cambio a inizio ‘900

Il nuovo comune di Rocca di Cambio, pur continuando a vivere più o meno allo stesso modo di un secolo prima, cresce demograficamente raggiungendo le 1041 unità nel 1901 e le 1107 unità nel 1911. In questo primo scorcio di XX secolo il paese si dedica maggiormente all’agricoltura, coltivando lino, canapa, patate, grano, orzo, mais, lenticchie, ceci, piselli, segale e girasole.

La gente è povera e ignorante, ma è ben consapevole delle sue capacità e vuole continuare a migliorare e per questo tende a spostarsi per lavorare.

Sono infattri diverse le persone di Rocca di Cambio che si trasferiscono per alcuni periodi dell’anno per andare a lavorare come agricoltori presso la campagna romana, toscana e capuana. Allo stesso tempo ci sono in Rocca di Cambio ancora molte persone dedite anche alla pastorizia e diversi artigiani di falegnami e ferraioli.

 

 

– La torre di Rocca di Cambio a inizio ‘900

La torre di Rocca di Cambio continua anche in questo primo scorcio di secolo a servire il paese come avamposto di controllo dell’Altopiano delle Rocche.

 

 

– Terremoto del 1915

Il 13 gennaio 1915 si verifica un tremendo terremoto con epicentro nel Fucino nella zona dell’attuale paese di Gioia dei Marsi. La scossa è fortissima pari al 7 Mw, le povere case di numerosi paesi della Marsica vengono giù immediatamente seppellendo con esse migliaia di persone. I morti nella sola Marsica sono più di 30.000. Tutti i paesi del Fucino, Valle Roveto, Valle del Giovenco, della catena del Velino Sirente crollano rovinosamente.

Anche Rocca di Cambio è stata colpita dal terremoto, seppure in modo molto meno grave rispetto ad altri borghi. Qui vi sono state lesioni ad edifici, ma soprattutto danni all’abbazia di Santa Lucia, presente appena fuori il paese.

 

 

– La 1 guerra mondiale

Dopo la prova del terremoto del 1915 arriva quella della guerra. Nella prima guerra mondiale troviamo diversi uomini e ragazzi che partono per il fronte alpino. Addirittura all’ultimo anche la classe dei giovani ragazzi del 1899 sono chiamati in guerra. Di essi molti non torneranno alle loro case.

 

– Rocca di Cambio 1918-40

Successivamente alla guerra il paese prosegue nella sua storia di borgo di montagna.

Rocca di Cambio differentemente da paesi come Ovindoli non subisce alcun tipo di sviluppo nel primo novecento, addirittura il borgo nel 1920 risulta ancora privo di corrente elettrica.

Ciò che invece si nota è la costante crescita della popolazione che raggiunge nel 1921 il numero storico di 1220 unità. A partire da questo momento però il borgo inizia una lenta ma costante decrescita demografica e ciò nonostante le leggi fasciste che in qualche modo hanno attenuato, questo deflusso.

Nel 1931 il paese cala a 1059 unità arrivando a 843 nel 1936. Poi la seconda guerra mondiale blocca questo esodo dalla campagna per qualche decennio, consentendo un ripopolamento del borgo.

Durante il periodo fascista Rocca di Cambio continua a non andare bene economicamente e la popolazione continua ad essere poco o per nulla istruita.

 

 

– La torre di Rocca di Cambio

Riguardo la Torre di Rocca di Cambio troviamo questa ancora integra dopo il sisma del 1915. Probabilmente però la struttura ha comunque risentito della scossa e ciò nonostante che in apparenza fosse tutto tranquillo. Comunque stiano le cose la torre continua per tutto il Fascismo ad essere impiegata come luogo di vedetta dell’Altopiano delle Rocche.

 

 

– La seconda guerra mondiale

Nel 1939 scoppia la seconda guerra mondiale con l’attacco tedesco sulla Polonia. L’Italia si accoda a questa nel 1940. Con l’entrata in guerra l’Italia fa il più grande errore della sua storia a causa dell’ incapacità militare di competere con eserciti meglio strutturati per il conflitto che sono di gran lunga meglio equipaggiati. Tuttavia all’inizio anche grazie alle vittorie tedesche, questa incapacità dell’Italia non emerge subito.

All’interno di questa guerra inutile e dannosa troviamo molti uomini e ragazzi di Rocca di Cambio che partono per i vari fronti di guerra di Albania, Grecia, Spagna e Russia. Molti di questi sono internati nei campi di prigionia in Germania, Kenia, Inghilterra e Russia. Alcuni di questi purtroppo non tornano più a casa.

Poi il proseguire della guerra porta il paese a impoverirsi per sostenere il conflitto. Anche per questo l’Italia ridotta quasi alla fame come i soldati mandati al fronte con un equipaggiamento fatiscente, decade rapidamente perdendo su tutti i fronti e ciò nonostante l’alto valore umano degli italiani che combattono sui vari fronti di lotta.

L’Italia arriva al 1943 perdente su tutti i fronti e alla fine subisce l’affronto dell’invasione alleata nel luglio 1943, diventando in tal modo essa stessa fronte di guerra. Da questo momento i fatti vanno molto veloci. Il Fascismo cade nel luglio 1943 e poi in settembre anche il resto dello Stato monarchico spaventato per la piega degli eventi abdica a se stesso fuggendo via l’8 settembre.

L’Italia arriva al 1943 perdente su tutti i fronti e alla fine subisce l’affronto dell’invasione alleata nel luglio 1943, diventando in tal modo essa stessa fronte di guerra. Da questo momento i fatti vanno molto veloci. Il Fascismo cade nel luglio 1943 e poi in settembre anche il resto dello Stato monarchico spaventato per la piega degli eventi abdica a se stesso fuggendo via l’8 settembre.

L’Italia diventa così terra di conquista con la Germania che la invade da nord arrivando fino a Frosinone e gli Alleati da sud che arrivano allo stesso luogo. Presso Frosinone i tedeschi si attestano sulla linea Gustav confine fra le due Italie. Il comando tedesco è posto a Massa d’Albe e da qui controlla la guerra sulla linea Gustav.

Alleati e Tedeschi si affrontano così lungo questa linea divisoria per mesi dall’ottobre 43 al giugno 1944. Nel corso di questa guerra di trincea l’intera Marsica è coinvolta e sconvolta. Da una parte abbiamo la polizia tedesca che impone un duro regime di polizia in tutto il territorio, controllando tutto e tutti. A ciò si aggiunge a partire dal gennaio 1944 gli sconvolgimenti delle bombe alleate su tutto il territorio della Marsica.

Gli Alleati bombardano a tappeto l’intero territorio da Balsorano a Carsoli, da Massa d’Albe ad Avezzano arrecando morte, terrore e distruzione. Sono molte le persone che vista la grave situazione viene a ripopolare gli antichi borghi distrutti dal sisma, nella speranza di sopravvivere.

 

– Rocca di Cambio nel 1943 – 44

Nella veloce azione di occupazione nazista dell’Italia del settembre 1943, troviamo 200 tedeschi presenti a Rocca di Cambio in settembre. Questi occupano le case della famiglia Mancini, del giudice Fiore e del signor Bernardino.

Nel periodo che va da settembre 1943 a giugno 1944 il paese per fortuna non subisce alcun bombardamento e anche la vita sembra scorrere tutto sommato tranquilla.

Gli unici momenti di tensione riguardano due episodi. Il primo riguarda una pistola rubata a un soldato tedesco. In questa circostanza i tedeschi arrestano un abitante del posto trovato armato di pistola e pensando che fosse il responsabile del furto decidono di fucilarlo. La vita di questa persona viene salvata dal pronto intervento dell’intero paese che interviene rifocillando i tedeschi con tutto quello che avevano. Alla fine questi liberano il malcapitato.

Il secondo episodio più grave riguarda l’arrivo in paese di alcuni prigionieri in fuga dal campo di concentramento dell’Aquila, perlopiù di nazionalità sudafricana. Questi vengono immediatamente presi dalla popolazione e nascosti al meglio nei fienili e nelle stalle. Allo stesso tempo la popolazione si occupa di rifocillarli e mantenerli fino alla fine del conflitto.

Purtroppo capita che alcuni sono scoperti dai barbari tedeschi, che per ritorsione contro la popolazione che li aveva ospitati, vengono incendiate due case e due stalle.

Ciò che comunque è capitato a Rocca di Cambio è nulla per quello che ha vissuto il resto del territorio marsicano e dell’Altopiano delle Rocche.

Numerosi sono stati i bombardamenti perpetrati dagli Alleati in tutto il territorio marsicano. A Rocca di Mezzo si registrano alcuni bombardamenti che si abbattono sia sul centro abitato che sulla campagna circostante.

L’Altopiano delle Rocche si rivela per i tedeschi un ottimo punto di osservazione  e controllo. Qui oltre a Rocca di Cambio sono diversi i luoghi, che essi scelgono come base tecnica.

Per esempio ad Ovindoli vi è il Casale delle Rocche, edificato dal Principe Torlonia presso il comune di Ovindoli,  che ora viene usato per tutto il periodo di occupazione come base tedesca per il controllo del territorio. Essendo questo in posizione elevata viene ribattezzato nido d’Aquila.

In generale l’interessamento nazista per il territorio di Rocca di Cambio riguarda la sua posizione geografica dato il controllo che da qui si può fare su gran parte dell’altopiano e sul suo collegamento naturale con tutto l’aquilano, essendo l’Altopiano delle Rocche via di passaggio secondaria, ma importante verso il Fucino e la Marsica.

 

 

– La Torre di Rocca di Cambio negli anni di guerra 1940-45

La torre di Rocca di Cambio sappiamo con certezza che subisce un crollo strutturale negli anni 1940, ma non sappiamo il momento esatto di tale caduta. Per cui al momento immaginiamo che se la torre nel 1943 era ancora in piedi, questa sia stata usata dai Tedeschi come punto di guardia della zona. D’altronde fino a questo momento era questo il suo compito.

Fatto è comunque che la torre probabilmente proprio durante il periodo 1943-44 viene a crollare. Il crollo riguarda solo la parte alta ovvero il tetto piramidale e una parte della torre, che però si trova mozzata e non più in grado di servire a scopi difensivi. Da questo momento rimane solo la parte bassa a ricordo del passato illustre.

 

 

– La liberazione

Nel giugno 1944 gli Alleati sfondano la linea Gustav liberando tutta la Marsica tra il 7 e 12 giugno 1944. I tedeschi in ritirata distruggono tutte le vie di comunicazione per rallentare gli Alleati. Ma vanno via e questa è la cosa più importante.

Ora la Marsica e l’Alto piano delle Rocche possono guardare al futuro. Intanto la guerra finisce per l’Italia nel 1945 con la completa liberazione della nazione. Nel 1946 avviene poi il referendum che sancisce la fine della monarchia e l’inizio della Repubblica.

 

 

– Il secondo dopoguerra a Rocca di Cambio e il film del Ritorno di Don Camillo

Rocca di Cambio come tutti i paesi della Marsica e dell’aquilano esce duramente provata da anni di guerra e sopraffazione, ma la buona e laboriosa gente d’Abruzzo si rimette al lavoro.

I campi sono riseminati, le case ricostruite, la pastorizia prosegue. Ma a tutto questo purtroppo non basta a risollevare economicamente il paese che rimane in un endemica povertà.

Da ciò scaturisce il fenomeno della seconda emigrazione, che qui in Abruzzo trova terreno fertile. Migliaia di giovani vanno via dai paesi d’origine, specie dai borghi di montagna. A differenza della prima emigrazione i giovani vanno in Germania, Belgio, Francia e Svizzera, ma soprattutto le grandi città italiane, specialmente da quando nel 1958 esplode il boom economico.

Il risultato maggiore è il completo spopolamento dei borghi. A Rocca di Cambio a causa di ciò si passa da 950 unità del 1951 a 796 del 1961 a 618 nel 1971. Diversi giovani di Rocca di Cambio se ne vanno a Roma dove la città è in piena espansione economica, e dove è più facile il ritorno.

Emblematiche sono le immagini del 1953 dell’Altopiano delle Rocche e di Rocca di Cambio presenti nel film “Il ritorno di Don Camillo”.

Fotogramma del film “Il ritorno di Don Camillo” del 1953. (Immagine da Internet)

 

Fotogramma del film “Il ritorno di Don Camillo” del 1953. Sullo sfondo abbiamo il paese Rocca di Cambio (1953) dove è ambientato una parte del film

 

Qui sia l’Altopiano che il paese di Rocca di Cambio compaiono nelle scene in cui Don Camillo arriva nel paese di Montanara. Ebbene in queste si vede una zona e un paese immerso fra i monti pieno di neve, quasi abbandonato e impaurito.

 

Fotogramma del film “Il ritorno di Don Camillo” del 1953. (Fonte Internet)

 

Fotogramma del film “Il ritorno di Don Camillo” del 1953. Sfondo con l’Altopiano delle Rocche.  (Fonte Internet)

 

Sicuramente di questo film le scene di Rocca di Cambio si apprezzano in modo quasi assoluto, in quanto bastano poche immagini per definire tutto quello che vi è da dire  su questo angolo d’Abruzzo. Al riguardo bellissima è la scena di Don Camillo mentre sale nel paese per raggiungere la nuova chiesa in cui servirà. In questa scena si vede bene sullo sfondo gran parte del suggestivo Altopiano delle Rocche.

 

Fotogramma del film “Il ritorno di Don Camillo” del 1953. Sfondo con l’Altopiano delle Rocche.  (Fonte Internet)

 

La scena top comunque è secondo me la conversazione di Don Camillo con la sua perpetua, che descrive al prete venuto dall’Emilia la triste situazione del borgo composto solo da vecchi. Ciò fa percepire che i giovani non ci sono e da qui il collegamento con la seconda emigrazione.

 

Fotogramma  del film ” il Ritorno di Don Camillo”. Scena della messa nella nuova chiesa. (Immagine da Internet)

 

Altra scena da considerare è la messa officiata da Don Camillo nella nuova chiesa, nella quale non vi è nessuno dei nuovi parrocchiani, tranne la sua perpetua.

 

 

– La rinascita di Rocca di Cambio 1960-80

Rocca di Cambio sotto la spinta del suo grande sindaco Aldo Jacovitti subisce nel giro di poco tempo un completo cambiamento, dato dapprima dall’arrivo della luce elettrica e dalla costruzione delle prime vere strade che collegano il paese al resto dell’altopiano delle Rocche e all’aquilano.

Successivamente grazie alla partecipazione del paese a una serie di giri d’Italia negli anni 1965-68, questo arriva a farsi conoscere all’Italia intera. Contemporaneamente Rocca di Cambio negli anni ‘ ’60. in contemporanea, allo sviluppo turistico di Ovindoli con i suoi primi impianti sciistici, viene strutturando un nuovo comprensorio sciistico presso l’Altopiano di Campo Felice.

All’inizio degli anni ’70 il comprensorio sciistico di Rocca di Cambio prende corpo e il paese inizia la sua avventura nel turismo di montagna. La contemporanea costruzione delle autostrade A24 e A25 fanno il resto. Il paese nonostante lo svuotamento dato da una grossa emigrazione si ristruttura e si da un futuro.

Infine negli 1980 Rocca di Cambio vede un certo ritorno di profitti tramite le strutture sciistiche e ciò anche al livello d’immagine. Tutto ciò reso più facile dal contemporaneo boom economico presente nella Marsica in questi anni.

 

 

– La torre di Rocca di Cambio inserita nella chiesa di San Pietro

La torre dopo il crollo degli anni 1940 è rimasta in piedi nella parte bassa con la sua struttura massiccia e nella parte intermedia. Il crollo ha portato inesorabilmente alla fine della funzione di guardia della torre che a questo punto è stata completamente integrata nella struttura della vicina chiesa di San Pietro più volte rimaneggiata. Negli anni del secondo dopo guerra in cima alla torre è stata infine collocata una statua della Vergine invocante.

 

 

– Rocca di Cambio a fine secolo

A fine XX secolo il paese di Rocca di Cambio ha visto continuare a diminuire i suoi cittadini, segno comunque della difficoltà di vivere in un territorio di montagna. Tuttavia si è avuto un certo flusso di ritorno durante i periodi estivi. Come molti paesi della Marsica anche Rocca di Cambio ha vissuto il ritorno di una parte della popolazione che se ne era andata negli anni ’60 e ’70 e ciò attraverso il fenomeno delle seconde case. Ovvero molti di coloro che se ne erano andati pur continuando a vivere nelle grandi città, hanno costruito per se stessi e le loro famiglie seconde abitazioni da occupare nei periodi festivi. In questo modo anche se il paese ha visto una diminuzione costante della sua popolazione residente, una certa parte dei legami precedenti si è ricostituita, favorendo con ciò un certo turismo e contemporaneamente anche la sopravvivenza del borgo.

Inoltre il turismo di montagna è andato via via incrementandosi negli anni permettendo con ciò un certo flusso di cassa che ha permesso al paese di migliorare la propria ricettività turistica.

 

 

– La Torre di Rocca di Cambio a fine XX secolo

A fine XX secolo il residuo della torre medievale, ormai parte della chiesa di San Pietro è divenuta negli anni un monumento a se. Ovvero la presenza di questa torre ha permesso di dare maggiore corpo al concetto di Rocca di questo paese di montagna.

In altre parole la presenza della torre favorisce la storia della presenza di un antico maniero, rendendo maggiormente suggestivo il borgo e spiegando con ciò anche il concetto di Rocca presente nel nome del paese.

 

 

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XXI SECOLO

 

– La Torre di Rocca di Cambio all’inizio del XXI secolo

 

Immagine da GoogleMap del 2008 della Torre del castello di Rocca di Cambio

 

All’inizio del nuovo secolo la torre di Rocca di Cambio prosegue a essere un importante monumento del piccolo paese appenninico.

 

Immagine della Torre del Castello di Rocca di Cambio nel 2010 dopo il sisma del 2009 dell’Aquila

 

Nel 2009 un grave terremoto si verifica a L’Aquila che viene gravemente danneggiata, provocando la morte di 309 persone e di un numero considerevole di persone sia nella città che nella provincia, soprattutto nel settore aquilano.

Il sisma fa sentire i suoi effetti anche a Rocca di Cambio che gravemente danneggiato, sia nei suoi monumenti che nelle case private. Il paese risulta per diverso tempo in agibile. Ma una forte volontà popolare rimette presto in piedi il piccolo paese, permettendo a questo di riprendersi piuttosto velocemente. Altrettanto non avviene per i suoi monumenti che hanno bisogno di maggiore tempo.

La chiesa di San Pietro risulta tra i monumenti maggiormente colpiti dal sisma e anche la torre dell’antico castello è toccata dal sisma. Sia la torre che la chiesa sono presto messe in sicurezza permettendo alle strutture di non subire altri danni.

 

La torre di Rocca di Cambio nel 2019. (Immagine personale)

 

Purtroppo a causa del gran numero di danni nel paese, la chiesa di San Pietro e la relativa torre impiegano molto tempo per essere riparati e ancora oggi a distanza di 10 anni dal sisma le strutture non sono state ancora del tutto recuperate risultando ancora inagibili.

Tuttavia nell’ammirare la torre da fuori si percepisce ancora la forza non solo del monumento, ma anche dell’antico castello presente in un passato antico.

 

 


STRUTTURA DELLA TORRE DI ROCCA DI CAMBIO

 

La torre di Rocca di Cambio. (Immagine personale)

 

Come si evince dalla foto la struttura della torre comprende un grande bastione alla base da cui si erge una struttura circolare. In cima alla struttura circolare troviamo la statua della Madonna invocante posizionata li nel secondo dopo guerra.

 

La Torre di Rocca di cambio vista davanti e in collegamento con la chiesa di San Pietro. In cima alla torre vi è la statua della Madonna invocante. (Immagine personale)

 

 


BIBLIOGRAFIA

 

1) http://www.comunitamontanasirentina.it/?comuni.roccadicambio

2) http://www.parcosirentevelino.it/comuni_dettaglio.php?id=66081

3) http://www.campofelice.it/ita/stazione.html

4) https://www.inabruzzo.it/rocca-di-cambio-chiesa-di-santa-lucia.html

5) Wikipedia

6) http://www.festivaldelmedioevo.it/portal/author/redazione/page/23/

7) http://www.comune.roccadicambio.aq.it/e107_plugins/content/content.php?content.24

 

 


TORRI E CASTELLI DELLA MARSICA


ROCCA DI CAMBIO


STRUTTURE E MONUMENTI DI ROCCA DI CAMBIO

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